Saranno le carriole ad aprire il corteo, per protestare contro i milioni di tonnellate di macerie che sono ancora al loro posto dopo un anno e mezzo. Poi la ricostruzione che non c'è, le difficoltà economiche di un Abruzzo che stenta a ripartire.
La gestione autoritaria di un'emergenza che sembra non finire mai e il sentimento, che diventerà certezza il primo gennaio del 2011, quando gli abitanti del "cratere" cominceranno a pagare le tasse arretrate, di essere dei terremotati di serie B.
"Sos, L'Aquila chiama Italia" è lo slogan della manifestazione del 20 novembre nel capoluogo abruzzese, il simbolo è un caschetto giallo "per proteggersi dalle macerie della democrazia". E l'Italia, quella delle associazioni no profit, dell'arte e della cultura, ma anche delle realtà imprenditoriali sta rispondendo alla richiesta di attivismo, allungando ogni giorno la lista di adesioni. Sono già 30 i pulmann prenotati da tutta la penisola e 15-20 mila persone attese a piazza d'Armi, da dove prenderà il via il corteo. Corteo che poi salirà verso il centro storico, attraverso via XX settembre, passando davanti alla voragine che ricorda il disastro della Casa dello studente per finire in piazza Duomo, dove sui due palchi allestiti si avvicenderanno gli artisti, tra cui Ottavia Piccolo, Fiorella Mannoia e Andrea Rivera, per citarne alcuni.
Sarà trasmesso il video 'Crepati dentro. Voci per uscire dal silenzio', realizzato da Francesco Paolucci e ideato da Festival L'Aquila Fenice e Minimondi, in cui personalità del mondo della cultura e del giornalismo (dai registi Mario Monicelli e Mimmo Calopresti, al direttore de 'L'Unità' Conchita de Gregorio, dal giornalista Lirio Abbate allo scrittore Beppe Sebaste) esprimono la loro solidarietà agli aquilani.
Alle loro voci si aggiungeranno quelle delle associazioni nazionali e locali, degli amministratori e dei sindaci del territorio. Poi prenderà la parola la gente comune, cassintegrati, residenti in case distrutte, pensionati e studenti: le voci de L'Aquila che vogliono farsi ascoltare.
È la rabbia che esplode, di nuovo. A febbraio e marzo il "popolo delle carriole" aveva varcato per la prima volta gli sbarramenti del centro storico della città per protestare contro lo stallo nelle operazioni di rimozione delle macerie. Poi a giugno il corteo pacifico degli aquilani, in testa i sindaci di destra e sinistra delle zone terremotate, aveva bloccato la A24, l'autostrada che porta a Roma. E a luglio ancora gli aquilani erano scesi in piazza nella capitale, accolti dai cordoni e dalle manganellate della polizia in piazza Venezia e via del Corso.
Questa volta però L'Aquila chiama tutta l'Italia e, come nelle altre occasioni, nessuno metterà il cappello sulla mobilitazione: "Niente bandiere o simboli di partito", spiega Ettore di Cesare, del presidio di piazza Duomo: "Alcuni partiti hanno aderito (Pd, Radicali, Idv Sel e Prc tra gli altri ndr) ma nessun politico, tranne i sindaci dei comuni colpiti dal terremoto, salirà sul palco e le uniche bandiere saranno quelle verde-nero, i colori simbolo de L'Aquila".
I motivi della manifestazione stanno tutti in un documento, una legge di iniziativa popolare per la quale, proprio il 20 novembre, comincerà la raccolta delle 50 mila firme necessarie per essere portata all'esame del Parlamento. Una legge scritta dagli aquilani stessi, attraverso un percorso partito da i numerosi gruppi nati su Facebook, su spinta dei comitati e del Presidio, poi confluita su una piattaforma wiki e assemblata attraverso proposte, suggerimenti e consulenze da ogni parte d'Italia.
In primo luogo le tasse: "Chiediamo un trattamento uguale a quello utilizzato per gli altri terremoti", spiega ancora Di Cesare, "cioè la sospensione delle tasse per due anni e la restituzione di quelle non pagate dal 2020 in misura del 40 per cento". Lo stesso modello era stato usato per il sisma del Molise del 2002 e dell'Umbria del 1997. Gli abruzzesi invece, che già hanno ricominciato a pagare Irpef, contributi e i mutui sulle case, da gennaio 2011 dovranno corrispondere anche le rate dei tributi sospesi dal 6 aprile 2009.
Poi c'è la gestione di un territorio che è ancora formalmente in stato di emergenza, il cui timone è ancora nelle mani di un commissario, Gianni Chiodi, e una "struttura di missione", senza una partecipazione popolare. È di qualche giorno fa il primo piano per la ricostruzione del centro storico de L'Aquila, presentato da Chiodi e dalla struttura di missione in concerto con la Curia aquilana. Un piano redatto senza consultare Comune e cittadini. La legge scritta dagli aquilani prevede che siano invece delegazioni delle amministrazioni locali e dei cittadini a gestire la prossima fase di ricostruzione, con fondi certi, delle abitazioni e del tessuto economico.