«Na' tazzulella e' cafè e mai niente cè fanno sapè: nui cè puzzammo e famme, o sanno tutte quante, e invece e c'aiutà c'abboffano e' cafè». Era il 1977 quando Pino Daniele cantava il suo successo dedicato alla bevanda più amata dai napoletani ('Na tazzulella e' cafè') che nella strofa iniziale richiamava l'antico gesto partenopeo di lasciare un caffè sospeso, ovvero offrire un espresso a uno sconosciuto indigente che presto o tardi sarebbe passato dal bar. Una tradizione ormai persa a Napoli e oggi chi non ha nulla non si aspetta neanche di trovare la canonica 'tazzulella' offerta da un generoso sconosciuto.
Così, per recuperare un simbolo di semplice generosità, nasce la 'Rete del caffè sospeso - festival, rassegne e associazioni culturali in mutuo soccorso' per rilanciare l'usanza di «un caffè offerto al resto del mondo: cerchiamo di ravvivare un gesto di cultura sociale», racconta Maurizio Del Bufalo, ideatore dell'iniziativa in questione e del Festival del cinema dei diritti umani a Napoli. «In realtà si tratta anche di un'idea per promuovere la rete che abbiamo costruito tra sette festival italiani che hanno deciso di unire le proprie forze per reggere all'impatto dei tagli alla cultura decisi dal governo Berlusconi».
La Rete ha così deciso di istituire una 'Giornata del Caffè sospeso', che sarà celebrata il prossimo 10 dicembre, in concomitanza con la 'Giornata internazionale dei diritti umani'. «L'iniziativa è nata dalla conoscenza reciproca di situazioni differenti» spiega Chiara Sasso, coordinatrice della Rete dei comuni solidali. «Noi siamo della Val di Susa, ma grazie ad Internet siamo venuti a sapere di festival diversi in Italia, che soffrivano di problematiche comuni. Così, la nostra Rete dei comuni solidali è stata il collante che ha contribuito a fondare il Lampedusa festival e proprio nell'isola abbiamo inaugurato l'iniziativa del caffè sospeso».
Durante l'inverno passato, nel periodo di maggior affluenza degli sbarchi di clandestini, i coordinatori dei festival hanno lanciato l'iniziativa al Royal Cafè di Lampedusa: in quell'occasione, numerosi giornalisti e lampedusani hanno lasciato un caffè pagato per i migranti che vagavano in cerca di un aiuto.
Oggi i bar in Italia che aderiscono all'iniziativa sono una ventina e per partecipare basta affiggere nel proprio esercizio una locandina esplicativa che si ottiene scrivendo a caffesospeso@hotmail.it. Un'iniziativa che ha trovato anche l'appoggio istituzionale del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, e che oggi vede coinvolti l'ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) e sette festival differenti: Valsusa Filmfest della Valle di Susa, Lampedusainfestival di Lampedusa, FestivalS/paesati di Trieste, il Filmfestival sul Paesaggio di Polizzi Generosa (Palermo), il Marina Cafè Noir - festival di letterature applicate di Cagliari, Riaceinfestival di Riace (Reggio Calabria), oltre al già citato Festival del cinema dei diritti umani a Napoli e alla Rete dei comuni solidali.
«Il caffè sospeso è un esperimento iniziale» prosegue Del Bufalo «poi passeremo ad altro: l'obiettivo è sostenere le nostre attività culturali e rilanciare una cultura di sobrietà che sia comunque generosa, tant'è che ad esempio l'ingresso al nostro Festival dei diritti umani è totalmente gratuito. Un'azione simbolica che si sposa con una rinnovata positività del sentire comune, almeno a Napoli: c'è la sensazione che i vertici amministrativi siano più vicini o comunque più avvicinabili, e che il Comune parli di più ai cittadini».
Un tentativo di emarginare l'esclusione sociale di cui soffrono anche le stesse attività culturali e di cui i festival impegnati nella Rete del Caffè sospeso si fanno portavoce, come conclude Del Bufalo: «Come associazioni stiamo vivendo un momento drammatico, restiamo in piedi sperando in un rinnovato interesse nel supporto delle attività culturali. Ma intanto non possiamo rimanere fermi ad aspettare».