Sparare sulla croce non costa molto e garantisce sempre titoli e slogan a effetto. I preti, si sa, non querelano. E persino quando vengono raggirati o addirittura infamati si preoccupano prima di tutto di far ravvedere i peccatori. Qualcuno sorriderà, io invece lo dico con ammirazione, perché ammetto di non essere altrettanto fiducioso e generoso. Soprattutto quando mi rendo conto che la si spara grossa o quando capisco che la realtà viene deformata o capovolta.
Sono un giornalista, conosco abbastanza bene la mia categoria. So che siamo capaci di rispettare i fatti e di mettere in campo il coraggio della verità - e, allora, il nostro è civile servizio ai lettori? - ma vedo anche sempre più pagine infestate da tic informativi, da facilonerie, da partiti presi. Per questo mi chiedo come mai testate e cronisti e opinionisti seri continuino a prendere per buone certe "verità rivelate" di inchieste giornalistiche e libri e non si facciano almeno incuriosire dall'altra inchiesta fattasi libro "La vera Questua" di Umberto Folena (oggi scaricabile dal sito www.avvenire.it) che ne dimostra a suon di fatti e realtà verificati e verificabili le forzature e gli errori. Leggere per credere.
Sono un cattolico, e penso di conoscere un po' la mia Chiesa. So che non è fatta tutta di santi, ma in nessun altro posto incontro tanta generosa santità di vita e tanta carità. So che non è fatta tutta di personaggi casti, ma so che è la casa di un popolo che pensa e vive pulito, con vera passione per le cause giuste, per i deboli e per i più poveri. Vedo ovviamente anche i difetti della mia Chiesa cattolica, ma le nomenclature, cioè le "caste" secondo il corrente modo di pensare e di dire, sono ben altro... Basta scorrere le biografie familiari dei suoi attuali "capi" per capire che nella Chiesa quelli che, secondo le logiche di potere del mondo, sono ultimi per davvero diventano i primi.
Ma qui, si dice, non si tratta di fede. Si tratta di soldi. E la Chiesa ha proprietà. Tante. Luoghi di culto, strutture parrocchiali, conventi, case di accoglienza, mense, scuole e attività formative per italiani e stranieri, musei, oratori... Sono esentasse? "Sì sì" e "no no". Come sta scritto, stavolta, non nel Vangelo ma nella legge dello Stato.
Vediamo il "sì sì". I "luoghi di culto" di tutte le religioni che hanno intese con la Repubblica italiana non pagano tasse. Il "patrimonio" destinato a chiare finalità sociali non paga l'Ici e gode di altre (modulate) agevolazioni fiscali. E anche questo è un trattamento uguale per tutti: Chiesa cattolica, altre religioni, non profit laico. Giusto, sbagliato? Io credo che sia giusto. Anzi, vorrei che fossero non solo agevolate ma totalmente esentasse le attività di solidarietà e di istruzione da chiunque promosse e messe a disposizione della comunità secondo la legge e gli obblighi che essa fissa (anche se persino donare cibo può diventare oggi un'impresa: fatevi un giro in parrocchia, come ha consigliato nei giorni scorsi il segretario del Pd, per rendervene conto...).
E ora il "no no". Le attività propriamente "commerciali" anche riconducibili alla Chiesa o alle altre religioni non sono esentasse. Giusto, sbagliato? Giusto. E giusto che, nonostante ciò che si dice e si scrive, questo accada già oggi. Sono quattro anni, da quando una ciclica campagna che si nutre sempre degli stessi luoghi comuni ha preso a rombare, che lo scriviamo. Dati alla mano. Gli alberghi (con tanto di cappellina...) di proprietà di enti religiosi pagano Ici e tasse. Le case di proprietà di enti religiosi date in affitto pagano Ici e tasse. Se qualcuno non lo facesse, violerebbe la legge. E andrebbe sanzionato. Punto.
Ecco perché dico che i promotori della nuova campagna anti-Chiesa, che ha risposto acremente agli appelli del mondo cattolico per misure fiscali pro-famiglia e anti-evasione, vogliono in realtà "tassare la solidarietà". Solo quella, oggi, è esentasse. Chiunque altro, risponderebbe con una serrata dimostrativa di almeno sette giorni delle proprie attività. Ma una settimana senza carità cristiana l'Italia non se la merita e non se la potrebbe permettere, soprattutto oggi. E i cattolici, poi, non sanno neanche come si fa una serrata.
Marco Tarquinio è direttore di "Avvenire"