Non c'è stato sequestro di persona perché la contenzione è un atto medico e quindi chi ha lasciato un uomo legato mani e piedi a un letto, per oltre 82 ore, ha semplicemente agito nell'esercizio di un diritto medico. Al massimo ha ecceduto nella sua condotta, ma questo non basta a considerare sussistente il reato di sequestro. E' questa la considerazione centrale della requisitoria formulata da Renato Martuscelli al processo che vede imputati medici e infermieri del reparto di psichiatria dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania, per la morte di Francesco Mastrogiovanni.
Per il pubblico ministero decade dunque il capo d'imputazione principale contestato ai sanitari, e di conseguenza anche quello ad esso collegato, la morte come conseguenza di altro delitto. Martuscelli ha così derubricato quest'ultima imputazione, chiedendo invece la condanna per omicidio colposo dei soli medici e infermieri in servizio il 3 agosto del 2009, l'ultimo giorno di agonia del maestro cilentano (che muore alle 2 di notte del 4 agosto). Nel dettaglio: tre anni di reclusione per Michele Di Genio, il primario del reparto; due anni e sei mesi per Americo Mazza e Rocco Barone e due anni e sette mesi per Anna Ruberto (i tre medici in servizio quel giorno).
Il pm ha contestato l'omicidio colposo anche ai sei infermieri in servizio il 3 agosto (Antonio De Vita, Antonio Tardio, Alfredo Gaudio, Antonio Luongo, Nicola Oricchio e Raffaele Russo), per i quali ha chiesto la condanna a due anni. In sostanza Martuscelli sostiene che chi era di turno l'ultimo giorno di vita di Mastrogiovanni avrebbe dovuto accorgersi del peggioramento delle sue condizioni. E che l'unica colpa penalmente rilevante dei sanitari di quel reparto sia questa.
Viene invece confermata per tutti i medici l'accusa di falso in atto pubblico, per non aver registrato la contenzione sulla cartella clinica: Martuscelli ha chiesto condanne per un anno e due mesi di carcere (oltre che per i tre medici sopra citati, anche per Michele Della Pepa e Raffaele Basso), eccezion fatta per il primario Di Genio (la richiesta è di un anno e quattro mesi).
Il pm ha dunque in gran parte sconfessato l'impianto accusatorio imbastito nella fase delle indagini e di richiesta di rinvio a giudizio da Francesco Rotondo, il magistrato che sin dall'inizio ha lavorato sul caso, disponendo l'immediato sequestro del video registrato dalle telecamere di sorveglianza del reparto psichiatrico, e che poi è stato trasferito.
Nella prima parte della requisitoria - durata un paio d'ore, davanti al presidente del tribunale Elisabetta Garzo – Martuscelli si è soffermato a lungo sui verbali di carabinieri e vigili urbani relativi alle ore precedenti al ricovero (quelli dove si descrivono le reazioni di Mastrogiovanni alla 'cattura' avvenuta sulla spiaggia di San Mauro Cilento e le presunte infrazioni al codice della strada commesse dal maestro), oltre a ripercorrere la 'storia sanitaria' di Mastrogiovanni, già sottoposto in passato a due Tso, nel 2002 e nel 2005.
“Una buona metà dell'intervento del pm è stata dedicata a spiegare al tribunale quanto fosse cattivo e strano Franco Mastrogiovanni” commenta Michele Capano, rappresentante legale del Movimento per la Giustizia Robin Hood, associazione che si è costituita parte civile al processo “sembrava quasi che l'obiettivo di questa requisitoria fosse lo stesso maestro cilentano, e non i medici di quel reparto”.
Il processo continuerà il 16 ottobre, con l'arringa di Caterina Mastrogiovanni, l'avvocato dei familiari della vittima, e dei legali delle altre parti civili. A seguire ci saranno le arringhe dei difensori degli imputati, fino alla pronuncia della sentenza, prevista per il 30 ottobre.