Si chiama 'Nuova cucina organizzata' la trattoria aperta da una cooperativa in un edificio confiscato ai Casalesi. Una tra le tante iniziative contro la criminalità organizzata promosse da Libera, di cui si parlerà sabato a Genova

Un viaggio di giovanissimi ex detenuti siciliani sui luoghi dell'orrore di Cosa nostra. Un campo di volontariato in un villaggio turistico di Latina confiscato ai boss. Una cena in pizzeria a San Cipriano D'Aversa in una locale espropriato alla Nuova Camorra Organizzata. E una campagna contro il pizzo a Reggio Calabria. Quattro storie simbolo di un'antimafia quotidiana, una piccola parte di un universo che si riunisce sabato a Genova per la diciassettesima edizione della 'Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie'. L'iniziativa, promossa dall'associazione Libera e da Avviso Pubblico, ha lo scopo di ricordare «tutte le vittime innocenti delle mafie».

Ragazzi, andiamo

Il progetto si intitola 'Amunì', che in dialetto siciliano è l'esortazione 'andiamo'. «Ragazzi 'amunì' a vedere i luoghi che testimoniano le efferatezze, i disvalori, la pochezza umana degli affiliati a Cosa nostra…»: è la parola d'ordine dell'iniziativa pensata da Salvatore Inguì, coordinatore della provincia di Trapani di Libera, assistente sociale presso l'ufficio di servizio sociale per i minorenni di Palermo del ministero della Giustizia. Inguì e il suo staff hanno condotto venti ragazzi ex detenuti del carcere minorile di Malaspina di Palermo (l'istituto reso famoso dal film di Marco Risi, 'Mery per sempre') a San Giuseppe Jato, in contrada Gambascio, per visitare la villetta dove venne tenuto ostaggio e fu ucciso il piccolo Giuseppe Di Matteo. Uno degli orrori-simbolo di cui si sono macchiati i mafiosi guidati allora da Giovanni Brusca: il ragazzino di 15 anni fu rapito per convincere il padre Santino a non collaborare più con la giustizia, venne strangolato e poi sciolto nell'acido l'11 gennaio 1996, dopo 779 giorni di prigionia. «L'idea del progetto 'Amunì' è quella di demolire la figura del mafioso nobile che si è tramandata per anni» spiega Inguì. «Abbiamo incontrato anche diversi familiari di vittime di mafia come Vincenzo e Augusta Agostino, i genitori del poliziotto Antonino ucciso assieme a sua moglie Ida, o Margherita Asta, alla quale hanno ucciso la mamma e i due fratellini di sei anni nella strage di Pizzolungo. Questi incontri aprono una nuova possibilità, per i nostri ragazzi: riflettere sulla bestialità della mafia». E adesso, al grido di 'Amunì', con Libera sabato sbarcano a Genova anche i venti ragazzi ex-detenuti che ora conoscono gli orrori commessi da Cosa nostra.

Nuova cucina organizzata

La sigla è tristemente famosa: Nco. Ovvero: Nuova camorra organizzata. Ma la declinazione, stavolta, usa il doppio senso per un fine nobile: qui Nco sta per 'Nuova cucina organizzata'. La trattoria-pizzeria gestita dalla Cooperativa Agropoli-città dell'agro, di cui fanno parte anche alcuni portatori di handicap è ormai una realtà di San Cipriano D'Aversa. «Lavorano lì, guidati da Peppe Pagano, cuochi e addetti ai tavoli tra i quali un gruppo di ragazzi disabili che erano stati condannati all'isolamento totale», racconta Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo, la mamma vittima di un conflitto a fuoco tra camorristi, l'11 giugno del 1997 a Napoli, mentre rientrava a casa col figlio Francesco di 4 anni. Nella trattoria, aperta in un edificio che è stato confiscato al clan dei Casalesi, la maggior parte degli ingredienti per i cibi come l'olio di oliva extravergine, la pasta, il vino, i pomodori, sono biologici e hanno il marchio di “Libera Terra” perché sono prodotti nelle terre confiscate alla mafia in varie parti d'Italia da cooperative nate grazie a Libera. «Alla Nco sono stati organizzati incontri e dibattiti sui temi della legalità e la presentazione del libro di Giacomo Lamberti che ha raccolto tutta la legislazione utile ai familiari delle vittime della mafia», racconta Alessandra Clemente, fra le animatrici del Marano ragazzi spot festival, l'iniziativa degli studenti campani che hanno prodotto il promo per la diciassettesima edizione della Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie.

Le vacanze dell'antimafia
La macchina organizzativa in vista dell'estate è già in moto: centinaia di ragazzi sono attese anche quest'anno al 'Villaggio della Legalità Serafino Famà' di Borgo Sabotino, frazione di Latina, a pochi chilometri dal lungomare pontino. «Dopo gli attentati e le devastazioni subite nei mesi scorsi» racconta Lello Turri, coordinatore provinciale di Libera, «siamo in attività ogni fine settimana per preparare al meglio l'accoglienza di boy-scout, associazioni, volontari che per la seconda estate animeranno il villaggio turistico costruito su un terreno di quattro ettari e confiscato per abusivismo edilizio». Dedicato alla memoria di Serafino Famà, avvocato di Catania vittima innocente di mafia, il villaggio da quando è stato affidato a Libera è entrato nel mirino delle intimidazioni. Racconta Turri: «Ad agosto, mentre i ragazzi prestavano il loro lavoro benevolo sul bene confiscato, ignoti hanno avvelenato i serbatoi dell'acqua potabile. E a ottobre, la notte prima di un importante evento che avrebbe visto protagonisti tutti i presidi di Roma di Libera, il villaggio ha subìto una gravissima devastazione: sono stati distrutti i bagni, infrante le vetrate, divelte le porte d'ingresso». Ad agosto, a Borgo Sabotino, si terrà il raduno nazionale dei giovani dell'associazione antimafie. Iscrizioni aperte anche a Genova.

«La libertà non ha… pizzo».
Lo slogan è il manifesto dell'antiracket in Calabria lanciato da www.reggioliberareggio.org: 50 tra associazioni antimafia, sindacati, movimenti politici, gruppi ecclesiastici e cooperative sociali hanno creato una rete di commercianti e imprenditori che dicono no al racket delle estorsioni. C'è una lista in cui vengono resi noti nomi e indirizzi di negozi, ristoranti, attività commerciali che espongono l'adesivo «La libertà non ha…pizzo» come segnale visibile di una scelta. «Il problema del racket, in queste terre, ovviamente non è nuovo» racconta Mimmo Nasone, coordinatore di Libera a Reggio Calabria. «La nostra iniziativa conta già tante adesioni, destinate a crescere nei prossimi mesi. Anche se abbiamo scoperto che le denunce contro gli estorsori sono poche per un motivo preciso: su cento imprese, cinquanta non pagano il pizzo perché appartengono, direttamente o tramite prestanome, alla ‘ndrangheta». All'iniziativa calabrese, ad oggi, hanno aderito 41 imprese 'pizzo free' e 815 persone si sono iscritte alla lista pubblicata sul sito internet.

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