C'è una cosa che questo Paese non perdona: il successo. Soprattutto quando è legato al merito. Se poi fai capire che lavorando ti diverti pure, sei spacciato. Si elargiscono finanziamenti a pioggia, nel migliore dei casi. Di solito invece finiscono agli amici, alle lobby, alle cordate di partito che garantiscono un ritorno in termini di potere e di voti. Ma premiare le idee, la qualità, il coraggio è sempre stato indigesto alle nostre istituzioni.
Per questo la storia di Arianna Ciccone e Chris Potter e della loro creatura, il Festival internazionale di giornalismo di Perugia, è una tipica storia italiana. Nato sette anni fa per scommessa e con un budget irrisorio, il Festival è diventato veramente uno degli appuntamenti internazionali più qualificati e riusciti nel mondo del giornalismo.
Innovazione, confronto aperto, dialogo tra grandi firme e giovani aspiranti, e un entusiasmo contagioso sono stati il vero motore che per sette ani ha fatto crescere il festival. Sembrava impossibile che la macchina potesse fermarsi. E, invece, è successo.
In un articolo gioioso, come nello stile della coppia, senza rancori e recriminazioni, Ari & Chris hanno annunciato che la loro magica invenzione è arrivata al capolinea. “Stop at the top”, fermati quando sei al top, dicono. E questa è la ragione nobile, condivisibile, comprensibile per chiunque abbia condiviso in questi anni la fatica di tenere in piedi un impegno tanto grande. Nell'ultima edizione di aprile, tanto per dare un'idea, in cinque giorni hanno messo insieme oltre 200 eventi con 450 speaker giunti da tutto il mondo.
“Stop at the top” ha anche una ragione ignobile. Ho intervistato Arianna e Chris ad aprile prima del loro ultimo festival. Nonostante il successo internazionale continuavano a sentirsi due outsider rispetto al sistema politico. «L'Italia dovrebbe fare un passo in più nella cultura delle sponsorizzazioni, perché si avverte una resistenza a investire in modo importante su manifestazioni estranee al sistema di potere», raccontò Arianna. «Il paradosso è che mentre albergatori e commercianti ci fermano per strada per ringraziarci, l'Assessorato alla Cultura della Regione Umbria non concede contributi al festival ormai da due anni. Non lo contestiamo, ma dobbiamo prenderne atto: il Festival cresce e il budget diminuisce. Se la manifestazione muore sarà una sconfitta, una responsabilità nostra, ma anche del Paese». «Senza gli sponsor non ce la faremo», tagliò corto Chris, in perfetto stile anglosassone.
“Stop at the top” è una decisione condivisibile e rispettabile quando è una scelta incondizionata. Non pare essere questa la situazione che ha fermato il Festival di Perugia. Questo Paese perdona tutto. Meno il successo, se arriva da merito e talento. Meglio finanziare le sagre, le tante manifestazioni semi clandestine, senza qualità, ma che almeno garantiscono controllo, voti e potere. Muore il festival, ma anche la politica non si sente tanto bene.
Casta23.09.2013
L'ateneo, un affare di famiglia