Marina Morpurgo, ex inviata dell'Unità ed ex caporedattore di Diario, aveva criticato il manifesto di una scuola professionale per estetiste ritenuto sessista. "E' solo la libera espressione del mio giudizio, che dovrebbe essere garantita dall'articolo 21 della Costituzione"
Per 20 anni ha lavorato come giornalista in testate nazionali, trattando temi delicatissimi senza mai incorrere in una querela. Anzi, senza mai ricevere nemmeno una smentita o una richiesta di rettifica. Ed oggi che non fa più la giornalista, ma la scrittrice e la traduttrice, rischia di finire a giudizio per diffamazione per una critica espressa su Facebook: un commento a un post contenente un manifesto pubblicitario di una scuola professionale ritenuto sessista.
Protagonista della vicenda, Marina Morpurgo, già inviata di punta dell'Unità e poi caporedattore del settimanale Diario. Il pubblico ministero di Foggia, Anna Landi, a conclusione delle indagini preliminari, le ha notificato un avviso di garanzia nel quale si ipotizza il reato di diffamazione.
Marina, cos'è successo?"Ve la racconto così come l'ho vissuta. Un paio di giorni fa, mentre ero assente da casa, sono arrivati i vigili urbani e mi hanno lasciato una comunicazione con la quale mi si invitava ad andare al comando di polizia municipale per ritirare un atto giudiziario. Ho cominciato ad interrogarmi su quello che poteva essere, ma non mi sono preoccupata più di tanto. Fino a che stamattina (giovedì, ndr) ho scoperto che si trattava di un avviso di conclusione delle indagini preliminari: in pratica, sono accusata di diffamazione dalla procura della Repubblica di Foggia. E ho 20 giorni di tempo per far pervenire al pm una memoria difensiva e ogni altro documento utile, prima che si decida per il rinvio a giudizio. Puoi immaginare come mi sia sentita”.
Sorpresa....?"Molto di più. Da anni, ormai, non faccio più la giornalista: proprio non riuscivo a capire chi avevo potuto diffamare, a Foggia per di più, e con quale strumento”.
E poi?"Quando ho letto le carte, sono rimasta addirittura basita. Mi si accusa di aver diffamato, esattamente un anno fa, una scuola professionale per estetiste, denigrando su facebook la sua campagna pubblicitaria: cioè, un manifesto sul quale era immortalata una bambina bionda, dal volto angelico - avrà avuto 6 o 7 anni - che si passava voluttuosamente un rossetto sulle labbra. E sopra la foto campeggiava una scritta: farò l'estesista, ho sempre avuto le idee chiare".
Tu cosa avevi scritto nel commento?"Nulla di diffamatorio. Mi sono limitata a rappresentare la mia indignazione per la maniera in cui veniva ancora considerata la donna, a dispetto di tutte le battaglie di emancipazione degli ultimi decenni. Le frasi riportate nell'atto della procura, riferite a momenti diversi, sono queste: "Anche io ho sempre avuto le idee chiare: chi concepisce un manifesto simile andrebbe impeciato ed impiumato... I vostri manifesti e i vostri banner sono semplicemente raggelanti... Complimenti per la rappresentazione della donna che offrite... Negli anni Cinquanta vi hanno ibernato e poi svegliati'. Non ci sono contumelie. E' solo la libera espressione del mio giudizio, che dovrebbe essere garantita dall'articolo 21 della Costituzione”.
Si saranno risentiti, forse, per la sanzione che ironicamente auspicavi nei loro confronti: quell'impeciato e impiumato?"Ma è una citazione tratta dai fumetti di Paperino, che uso spesso, anche nei confronti dei miei figli. Io ho fatto la giornalista per 20 anni, occupandomi sempre di questioni delicatissime: cronaca nera, giudiziaria e catastrofi di vario genere. E in 20 anni non ho mai ricevuto una querela. Anzi, nemmeno una smentita o una richiesta di rettifica. Proprio perché sono sempre stata attentissima alle espressioni che utilizzavo”.
L'hai avuta oggi che non fai più la giornalista, per un commento su un social network..."E' proprio questo il paradosso... Ma mi sento tranquilla, sono sicura di riuscire a chiarire. Il problema è che per una vicenda che appare tanto assurda sarò comunque costretta a spendere dei soldi, per contattare una avvocato e farmi difendere. In ogni caso subirò un danno. E non è un momento roseo, per me”.
Ma la vicenda trascende il caso di specie: interpella, appunto, i diritti garantiti dall'articolo 21 della Costituzione (“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”). E pensare che il centrodestra si è affannato per anni, per provare a mettere il bavaglio al web..."Io non sono tra quelli che considerano il web una sorta di Far West, in cui tutto è lecito: l'offesa gratuita non è ammissibile. Ma il confine con l'esercizio della libertà di espressione non è affatto labile”.