Attualità
30 maggio, 2013

Furbetti spaziali

Cinque milioni di euro per la ricerca. Ma gli scienziati accusano: non li hanno vinti i più bravi. E la graduatoria è da rifare

Cinque milioni di euro. Li ha messi sul piatto l'Agenzia spaziale italiana (Asi) per ricerche in biomedicina e biotecnologie in ambito spaziale, su temi come gli effetti della microgravità sulle ossa o sul cuore degli astronauti, o la crescita delle piante nello spazio. Ma le cose non sono andate per il verso giusto. Perché scienziati di fama internazionale e dai curriculum stratosferici si sono visti scavalcare da colleghi con credenziali scientifiche o esperienza spaziale molto inferiori. E ora chiedono senza mezzi termini al presidente dell'Agenzia, Enrico Saggese: rifate quella graduatoria.

Perché il merito nella scienza non è un'opinione, ma si misura. E uno dei metodi internazionali più usati è il cosiddetto h-index. Ebbene, otto dei 25 vincitori hanno un h-index che non supera il 9, a fronte di esclusi con valori ben più alti. Per esempio nel campo dell'osteoporosi - un effetto della prolungata assenza di gravità - è stato premiato un partecipante con h-index di 9, mentre è stato bocciato Ranieri Cancedda dell'Università di Genova, con h-index di 61, che a capo di un team internazionale, studiando con fondi Asi il metabolismo dei topi nello spazio, è stato protagonista di un numero speciale della rivista "Plos One". Il che non toglie nulla alle capacità dei vincitori, ma lascia perplessi molti sui criteri coi quali è stata stilata la graduatoria.

«Alcuni vincitori hanno un buon curriculum ma nessuna esperienza su temi spaziali: non li abbiamo mai visti ai congressi della Società di biomedicina spaziale, sono pressoché sconosciuti alla nostra comunità», dice Stefano Schiaffino, vicepresidente dell'Istituto veneto di medicina molecolare e accademico dei Lincei, tra i fondatori e dirigenti della Italian Society for Space Medicine & Biotechnology, che come Cancedda e un'altra collega ha già espresso a Saggese le sue perplessità: «Allargare una comunità a gruppi nuovi con idee originali non è certo un male. Ma devono essere ricercatori di chiaro valore e con qualche esperienza nel settore». Lascia poi perplessi che 12 dei 25 vincitori fanno capo alle università romane La Sapienza e Tor Vergata, mentre è quasi assente il nord Italia, che pure ospita molta ricerca nel settore. Insomma, nessun dolo, naturalmente. Ma in ballo ci sono parecchi euro. E molti ricercatori suggeriscono che l'Asi potrebbe adeguarsi alle procedure internazionali: creare commissioni di vari esperti competenti, coadiuvati da referenti esterni

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