Dell'Eternit siciliana di Siracusa è rimasta l'ombra cinerea della struttura e le piaghe, invisibili agli occhi, che lacerano i corpi degli operai. Quei capannoni sventrati dalla bonifica spiccano a pochi metri dalla costa meridionale della Sicilia, occupata e infettata dai fumi e dai liquidi del polo petrolchimico di Priolo. Il risanamento ambientale, affidato nel 2006 a Sviluppo Italia, è costato più di 19 milioni di euro. Ma il luogo è ancora off limits. I cancelli chiusi e protetti da un ammasso di rifiuti di ogni tipo, dai materassi a plastica e carta. Ci sono ancora gli alberi, là fuori da anni, che hanno accumulato la polvere assassina. E a poche centinaia di metri, dall'altra parte delle ferrovia, un capannone fatiscente con una copertura in Eternit ancora ben salda.
Nei 35 chilometri di costa che vanno da Augusta alle porte di Siracusa, l'ambiente ha perso la partita. A ucciderlo ci hanno pensato prima le raffinerie, poi, a qualche anno di distanza, l'Eternit, venduto al territorio come possibilità di riscatto, di occupazione e di ricchezza. La fabbrica è l'unica rimasta fuori dal processo di Torino, in cui il magnate svizzero dell'amianto Thomas Schmidheiny è stato condannato in appello a 18 anni per disastro doloso e omissione di misure antinfortunistiche. E ora il pm Raffaele Guariniello ha deciso di aprire altri tre filoni d'inchiesta.
SI RIAPRE IL CASO
L'Eternit Bis indagherà sul reato di omicidio degli operai nei quattro stabilimenti di Casal Monferrato, Cavagnolo, Bagnoli, Rubiera. Per le morti avvenute fino al 2012. Il terzo filone scaverà invece sulle morti successive, includerà il quinto impianto, quello siciliano, e cercherà di far luce sui danni patiti dagli operai italiani che hanno lavorato nelle sedi estere (Svizzera, Francia, Brasile). La procura torinese ha, poi, da poco concluso lo studio sulla mortalità degli ex lavoratori nella cava di amianto di Balangero, piccolo borgo in provincia di Torino. Su 1.600 dipendenti, 220 sono morti per cause collegate all'amianto.
Su Siracusa "l'Espresso" è in grado di anticipare alcuni dati dello studio epidemiologico ordinato dai magistrati: su 990 lavoratori, 400 sono scomparsi per varie cause, 90 sono stati uccisi dal mesotelioma e dall'asbestosi, le patologie più diffuse tra le migliaia di persone che di Eternit hanno vissuto, e altre 90 stanno lottando contro le stesse malattie. Con un dato drammatico: le morti di chi ha lavorato all'Eternit sforano tutte le statistiche. Si muore prima. Si muore in troppi.
VITE SPEZZATE
Pietro ha lavorato come capo squadra all'Eternit. Gli occhi umidi, le mani segnate dal male che divora lento ogni sua energia. Accanto a lui la moglie. Tutti i giorni gli ha lavato la tuta blu impolverata d'amianto e ora è accanto a lui nella malattia. Lo aiuta, con la dedizione di sempre, a trasportare la bombola d'ossigeno che si porta dietro da quando l'asbestosi gli blocca il respiro. Assunto ed esposto alla fibra mortale dal lontano 1960. In questi vent'anni quel lavoro è diventato la condanna di morte per i padri e una mannaia sul futuro dei figli. «Nel 1959 lo stabilimento contava 350 dipendenti», dice Pietro con la voce roca: «Ma poi c'è stato un forte ricambio, sono transitati più di mille lavoratori». Racconta di quando era capoturno e aveva ricevuto l'ordine di consegnare ai suoi colleghi una mascherina al giorno per otto ore. «Ma una sola non era sufficiente, dopo mezza giornata erano già colme del polverino d'amianto che non permetteva agli operai di respirare, così venivano da me a pregarmi di dargliene una seconda e io la consegnavo senza titubanze, un gesto normale, spontaneo, che però mi è costato una sanzione».
A VENT'ANNI DENTRO L'ETERNIT
«Ho iniziato a lavorare nel '59 nella fabbrica». Gaetanina è una delle donne in tuta blu dello stabilimento siracusano. «Dopo sei mesi avevo una tosse terribile, mi lasciava senza respiro». Con gli occhi umidi di lacrime ripercorre quel periodo e ammette di essere tra le fortunate: «Il medico disse a mia madre di trovare il modo di licenziarmi da lì». Così lascia i capannoni malsani e il polverino. Trova un posto come infermiera all'ospedale. «Pensavo di essermi lasciata alle spalle quell'esperienza, ma il dramma è stato rivedere i miei vecchi colleghi sfilare nelle corsie, ai tempi ancora nessuno parlava dell'amianto come un killer». Lei soffre di un deficit respiratorio del 40 per cento: «Mi hanno detto che ho lavorato troppo poco tempo per chiedere i danni», spiega l'ex operaia. Che non ha intenzione di mollare: «Da poco ho chiesto di rivedere la mia pratica, ora aspettiamo...». È fiduciosa, mostra la foto della figlia, l'attrice Carmelinda Gentile (Beba nel "Commissario Montalbano). Che dai racconti della madre è partita per portare in scena uno spettacolo teatrale sulla vita degli operai dell'Eternit.
GESTIONE SVIZZERA
Il processo d'appello di Torino che ha sentenziato la condanna di Stephan Schmidheiny ha accertato la responsabilità dell'industriale a partire dal '76 fino al giugno dell'86. Assolto invece per i dieci anni precedenti. In primo grado è stato condannato anche il barone belga Louis De Cartier de Marchienne, scomparso a 92 anni poco prima della seconda sentenza. L'accusa è riuscita a ricostruire la storia delle proprietà e delle responsabilità dei singoli, districandosi nell'intreccio societario e nei numerosi cambi di poltrone nel cda di Eternit. Lo stesso periodo di gestione è finito al centro dell'indagine su Siracusa, il terzo atto della battaglia giudiziaria che lo Stato sta portando avanti contro l'industriale svizzero. Che ha sempre tessuto relazioni coi potenti. Hans Rudolf Merz, ex ministro delle Finanze elvetico ha ammesso di avere svolto consulenze esterne per il gruppo industriale tra gli anni Settanta e Ottanta. Rapporti con i poteri gli Schmidheiny li hanno sempre avuti. E soprattutto cercano di coltivarli. La fondazione Max Schmidheiny dal '78 al 2003 ha organizzato il "Freedom prize", un premio in denaro, dedicato alla libertà e assegnato a nomi della letteratura, della politica, dell'industria e della ricerca: da Kofi Annan a Romano Prodi, da Vargas Llosa a Trasparency international. Lo stesso Stephan Schmidheiny ha ricoperto dal '78 la carica di consigliere e amministratore della Unione banche svizzere, il colosso finanziario che due anni prima concesse a Eternit un finanziamento di 3 milioni di dollari. E in passato Thomas, fratello del big boss Stephan, è stato assistito da Carlo Malinconico, da decenni dentro il ventre del potere italiano. Malinconico è stato anche parte attiva nella prima trattativa privata tra gli svizzeri e gli eredi delle vittime di Siracusa.
TRATTATIVE PRIVATE
A suon di quattrini gli industriali dell'amianto hanno tentato di mettere a tacere la richiesta di giustizia dei lavoratori. E in parte ci sono riusciti. A Casale Monferratto, secondo Astolfo D'Amato, legale di Schmidheiny, un migliaio di persone hanno accettato l'accordo che impegna l'azienda a un risarcimento. A Siracusa sono circa 600 i casi seguiti dall'avvocato Silvio Aliffi, che ha assistito gli eredi nelle transazioni con gli elvetici. L'accordo è stato chiuso con l'impegno dell'industriale a risarcire con 8 milioni e 750 mila euro malati e famigliari delle vittime. Si va da un massimo di 60 mila euro a pochi spiccioli. Da elargire in dieci anni, a partire dal 2008, per un danno umano e ambientale colossale. «A me sono arrivate solo tre tranche, per 4.500 euro in totale», denuncia Pietro, che soffre di asbestosi. «Mi spettano 16 mila euro. L'associazione mutilati e invalidi del lavoro ha quantificato la mia malattia in 18 punti, la fascia più alta, che permette di accedere a una rendita di soli 118 euro al mese». Così Giuseppina, moglie di un operaio. E molti altri. Rispetto a Casale, dunque, dove il risarcimento per i mille che hanno scelto di accordarsi è già stato saldato, a Siracusa i pochi spiccioli tardano ad arrivare. «Non è così», replica l'avvocato Aliffi. «I pagamenti per il momento sono arrivati in tempo e siamo noi avvocati a gestire questo flusso». Che l'accordo sia stato rispettato non ha dubbi Astolfo Di Amato, difensore di Schmidheiny. «Dei quasi 9 milioni stanziati ne abbiamo già spesi 5», precisa il legale. Quello del 2008 non è l'unico accordo concluso. Nel 2004 per le vittime siciliane era stata stabilita una prima transazione: 3 miliardi di vecchie lire, per il periodo di gestione di Thomas Schmidheiny, seguito nella trattativa da Malinconico.
VOGLIA DI GIUSTIZIA
Nella città siciliana l'azione penale non ha ottenuto gli stessi risultati di Torino. Nel 1999 c'è stato un processo che in primo grado ha portato alla condanna dei dirigenti locali alle dipendenze di Schmidheiny, assolti poi dal giudice d'appello di Catania. Dibattimenti svolti nel disinteresse collettivo, neppure il Comune si costituì parte civile. Ma la Cassazione nel luglio 2012 ha accolto il ricorso delle parti civili definendo in alcuni passaggi illogica l'interpretazione dei giudici d'Appello. «Chiediamo lo stesso trattamento degli altri lavoratori», denuncia Calogero Vicario dell'Ona, l'Organizzazione nazionale amianto. «Abbiamo presentato una denuncia contro i manager svizzeri, sapere che il caso Siracusa sarà al centro di un'inchiesta a Torino è per noi un sollievo».