Il decreto Sblocca Italia interviene anche sulla discarica di Brindisi, una bomba ecologica con un inquinamento milioni di volte sopra il limite. L’area sarà messa in sicurezza con fondi pubblici, nonostante una sentenza del Tar consenta di far pagare i privati
Decine di milioni di fondi pubblici, anche se a pagare potrebbero (e dovrebbero) essere i privati. Per di più, col rischio concreto che rivalersi nei confronti dei responsabili diventi impossibile. È quel che rischia di accadere a Brindisi, nella discarica di Micorosa, una delle più pesanti eredità della stagione industriale italiana: 49 ettari a ridosso dell’ex Petrolchimico utilizzati fino agli anni Ottanta dalla Montedison per lo smaltimento di rifiuti pericolosi e contenenti
un milione e mezzo di metri cubi di fanghi chimici a cielo aperto.
Per avere un’idea, come un gigantesco cubo dai lati grandi oltre 100 metri zeppo di 42 sostanze
tossiche o cancerogene, dal dicloroetilene (198 milioni di volte oltre i limiti di legge) al cloruro di vinile (8 milioni di volte), dal dicloroetano (500 mila volte) al benzene (50 mila volte). Una bomba ecologia nel bel mezzo della riserva naturale delle Saline di Punta della Contessa, già arrivata a contaminare la falda acquifera, e che a causa dell’erosione della costa è ormai a pochi metri dal bagnasciuga.
A breve inizierà la messa in sicurezza, che entro due anni dovrebbe portare alla costruzione di una copertura impermeabile e di una gigantesca barriera di cemento lunga un chilometro, così da proteggere l’area dal mare. Costo complessivo: 48,6 milioni (40 della Regione Puglia tramite i fondi Fas, la parte restante dal ministero dell'Ambiente).
Tale è l'imponenza che l'intervento è il più cospicuo compreso nel
decreto Sblocca Italia, che consentirà al comune di Brindisi - stazione appaltante dei lavori - di scomputare la spesa dal patto di stabilità interno, ovvero il rispetto dell'equilibrio di bilancio. Dell'area attorno alla discarica si occuperà invece la Syndial - azienda del gruppo Eni specializzata in risanamento ambientale - che in base a un accordo di programma investirà 19,8 milioni.
Eppure la vicenda di Micorosa è significativa e mostra
l'incapacità dello Stato di farsi valere quando in ballo non c'è solo la salute dei cittadini ma anche interessi milionari. A marzo 2013, infatti, constatato il livello stratosferico di inquinamento, la Provincia di Brindisi aveva emanato un'ordinanza con cui ingiungeva di intervenire a Edison, Syndial e Versalis (anche quest’ultima del gruppo Eni), quali "eredi" a vario titolo delle società proprietarie dell'area nel corso degli anni.
Puntuale arriva il ricorso delle aziende al Tar di Lecce, che contestano la competenza della Provincia e respingono la responsabilità dell'inquinamento. A febbraio 2014 il responso: per i giudici "è corretto affermare, come dispone il provvedimento impugnato, che sussiste la responsabilità delle imprese", che "debbono ritenersi corresponsabili dello stato di inquinamento dell'area" perché i vari cambi di proprietà e le fusioni "hanno attuato una successione nella posizione dell’inquinatore e chi succede nei rapporti giuridici eredita anche "la posizione concernente gli obblighi di bonifica". La discarica però sorge in un Sito di interesse nazionale e quindi il provvedimento viene annullato: spetta al ministero intervenire.
Insomma, basterebbe che il dicastero si attivi sventolando la sentenza del Tar perché tutti i costi siano imputati ai privati. Tanto più, ricorda la sentenza, che la Provincia di Brindisi si è mossa “su invito del ministero dell’Ambiente del 18 novembre 2011”. Solo che, dopo tre anni, l’aria sembra essere cambiata. E in via Cristoforo Colombo non c'è alcuna intenzione di muoversi in tal senso, anche perché il 31 dicembre scadono i termini per il finanziamento pubblico di 40 milioni.
Inizia così una corsa contro il tempo: il 26 marzo, appena un mese e mezzo dopo la sentenza, ministero e Regione Puglia firmano l'accordo con Syndial e comune di Brindisi e a giugno il ministro Galletti con un decreto d'urgenza impone l'avvio dei lavori "entro e non oltre quattro mesi". E siamo così a oggi: il bando, pubblicato lo scorso 8 ottobre, scadrà il prossimo 20 novembre. Il finanziamento è salvo e, proprio per effetto del decreto del governo, il comune di Brindisi potrà spendere il denaro senza badare ai vincoli di bilancio.
Ma non tutto potrebbe filare così liscio. Già, perché questa "operosità" dello Stato rischia di impedire la possibilità di rivalersi in futuro nei confronti delle aziende indicate dal Tar: l'accordo stipulato non menziona la sentenza e l'area dell'intervento, per quanto finanziata con fondi pubblici, resta privata. Insomma, niente vieta un domani alla Syndial di sostenere di aver già fatto la propria parte.
«Intanto si bonifica coi soldi statali, poi si vedrà chi dovrà pagare: non si poteva aspettare ulteriormente. Di certo l'accordo non è una sanatoria sulle responsabilità degli inquinatori di Micorosa» assicura all'Espresso
il sindaco di Brindisi Mimmo Consales. Resta da vedere se il ministero sarà intenzionato a seguire questa linea. Considerazione non proprio peregrina, visto che finora ha preferito seguire tutt’altra strada.