La soluzione per produrre nel nostro Paese i farmaci cannabinoidi, che importiamo dall'Olanda a caro prezzo e con lunghe attese per i malati, è a portata di mano. E potrebbe coinvolgere due enti pubblici all'avanguardia nel settore. Però bisogna fare presto. L'appello del consigliere regionale toscano Enzo Brogi (Pd)
Cannabis di Stato? In Italia potrebbe diventare realtà. La soluzione per produrre nel nostro Paese i farmaci cannabinoidi, che attualmente importiamo dall'Olanda a caro prezzo e con lunghe attese per i malati, è a portata di mano e potrebbe coinvolgere due enti pubblici all'avanguardia nel loro settore.
A coltivare le varietà per uso medico potrebbe essere la sede di Rovigo del
Cra-Cin, il centro di ricerca per le colture industriali. E a trasformarle in farmaci ci penserebbe lo
Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, nato nel lontano 1832. Due strutture pubbliche con le carte in regola: nella sua serra controllata, il Cra produce già varietà di cannabis per uso farmaceutico e, prima di distruggerle come la legge impone, ne studia i principi attivi; a Firenze lo Stabilimento produce farmaci di altissima qualità, non solo per uso militare ma anche per il mercato civile e le grandi emergenze, dall'alluvione di Firenze al disastro di Chernobyl, passando per i terremoti del Friuli e dell'Irpinia. Di recente lo Stabilimento fiorentino si è dotato pure di un'autorizzazione “all'acquisto, impiego e distribuzione di sostanze stupefacenti e psicotrope e loro preparazioni appartenenti alle Tabelle I e II di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e successive modifiche e integrazioni”. Il permesso, accordato il 7 maggio 2013, è valido fino al 6 maggio 2015.
I tempi stringono. Ecco perché a fare pressione sul Ministero affinché avvii subito una produzione statale di cannabis arriva il consigliere regionale della Toscana
Enzo Brogi (Pd), che per primo in Italia si è fatto promotore di una legge che ha messo i farmaci cannabinoidi a carico del servizio sanitario regionale, seguito a ruota da Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia e Veneto.
Tramite l'Espresso Brogi fa un appello: “Produciamola noi la cannabis terapeutica. Abbiamo le strutture, abbiamo le conoscenze. La sede di Rovigo del Cra-Cin può coltivarla. E a Firenze abbiamo lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare, un edificio storico che raccoglie il fior fiore dei farmacisti e dei ricercatori, ha al suo interno una bellissima professionalità eppure rischia di chiudere. Sarebbe un forte atto di risparmio, oltre che una risposta a una legittima aspettativa dei pazienti e una grandissima opportunità di lavoro per uno stabilimento stritolato dalla spending review. Meglio di un istituto dello Stato controllato dai militari, da chi lo fai fare?”.
Il governo, al contrario dei pazienti, però, non sembra avere fretta: risale a cinque anni fa, al 2009, l'ordine del giorno G-102 con il quale il Senato chiedeva al governo di valutare in tempi brevi la fattibilità di avviare a Firenze una produzione o lavorazione nazionale di Cannabis medicinale per il servizio sanitario pubblico.
Anche Rovigo sembra essere disponibile all'impresa: il primo ricercatore
Gianpaolo Grassi, infatti, lo scorso novembre ha personalmente scritto agli assessori regionali di tutta Italia chiedendo di attivarsi per presentare l'istanza al Ministro della Salute.
Intanto si sono stancati di aspettare i malati di sclerosi multipla. E, riuniti in varie associazioni, hanno chiesto alla “CCSVI Campania Onlus” di promuovere la prima class action contro il Ministero della Salute per la cannabis terapeutica. “E' un'azione tutta da costruire e non siamo ancora certi su come sarà strutturata ma l'intenzione sicuramente c'è. Cercheremo di coinvolgere tutte le associazioni che vorranno collaborare, e possono essere molte, perché la cannabis terapeutica interessa tantissime patologie” fa sapere all'Espresso Celeste Covino, presidente della olnlus che si occupa del diritto alla salute dei malati con Sclerosi Multipla e CCSVI (insufficienza cronica cerebro spinale). “Che io sappia una cosa simile non è mai successa in altri Paesi. Ma fare una class action contro il ministero della Salute senza avere in mano delle certezze scientifiche provenienti da studi italiani, è un buco nell'acqua, nonostante ci siano numerose evidenze scientifiche internazionali. Perciò da qualche mese la nostra associazione, in collaborazione con alcuni medici, ha iniziato uno studio osservazionale nell'intento di chiedere poi uno studio clinico controllato. E' stato difficile mettere insieme i pazienti per lo studio, perché devono acquistare di tasca propria il Bedrocan, ma è necessario arrivare ad un protocollo d'assunzione.
La cannabis è una terapia da personalizzare secondo la propria condizione clinica” spiega Celeste Covino. Che è fiduciosa: i tempi, secondo lei, sono maturi. “E' giunto il momento. Dobbiamo approfittare della sentenza della Consulta. Stiamo cercando di capire come muoverci tramite i nostri legali. Vogliamo fare in modo che il diritto alla salute sia garantito e che i pazienti siano messi in grado di arrivare a queste cure tramite il sistema sanitario. Lo stesso ministero ha certificato che questo è un farmaco di fascia B, quindi è assurdo che molti medici si rifiutino ancora di affrontare queste terapie” conclude.