La Commissione antimafia entra in Università. Oggi a Rende, per la prima volta, l'organo parlamentare presieduto da Rosy Bindi si è riunito in un ateneo, quello della Calabria, per incontrare i rettori di 14 Università del Mezzogiorno. Al seminario infatti hanno partecipato i rettori dell'Università della Calabria, del Politecnico di Bari, delle Università di Bari, della Basilicata, di Catania, di Catanzaro, di Messina, di Reggio Calabria, di Salerno, del Sannio, della Seconda Università, del "Suor Orsola Benincasa", dell'Orientale e della Federico II di Napoli.
"Le istituzioni culturali del nostro Paese devono dare un contributo nella lotta alle mafie", dice Rosy Bindi: "L'azione della Magistratura e degli investigatori, che dà ottimi risultati nella repressione, non basta. Bisogna rafforzare la conoscenza del fenomeno mafioso nelle sue molteplici articolazioni. La cultura e l'istruzione sono il primo presidio della legalità, contribuiscono a trasmettere le regole democratiche e la consapevolezza dei valori costituzionali, educano al rispetto dei diritti e dei doveri di una comunità".
Secondo la presidente Bindi, quindi, "le Università sono i luoghi privilegiati in cui sviluppare la capacità critica di leggere la realtà. E le mafie sono una realtà diffusa in tutta Italia, i cui profili aggressivi e insidiosi vanno indagati con continuità e con tutti gli strumenti della ricerca più avanzata".
Eppure, nota Bindi, lo studio del fenomeno è visto ancora con una certa sufficienza nel mondo accademico e ci sono forti ritardi soprattutto nello studio dell'economia criminale. Di qui le proposte operative: "Abbiamo indicato tre linee di lavoro: nella didattica, nella ricerca e della formazione specialistica. E per cominciare abbiamo deciso insieme al rettore Gaetano Manfredi, presidente della Conferenza dei rettori universitari italiani, di compiere una ricognizione in tutte le Università per creare un'anagrafe di corsi e docenti che si occupano di mafia".
"La Commissione antimafia, da parte sua, è disponibile a promuovere e finanziare progetti di ricerca universitaria su temi utili alle nostre inchieste parlamentari”, prosegue Bindi. E i temi sono tanti: l’economia mafiosa, il mercato della droga, l'infiltrazione in settori legali, il welfare criminale, le collusioni con il mondo delle professioni. Ma anche ricerche sull'immaginario collettivo che si è creato intorno ai linguaggi e alle simbologie mafiose. Oppure indagini sulle donne e sui minori coinvolti nelle organizzazioni criminali nelle città del Sud.
"L'incontro di oggi è un segnale forte, si è presa consapevolezza che il tema della legalità ha rilevanti risvolti culturali”, dice Lucio d'Alessandro, rettore del “Suor Orsola Benincasa” di Napoli e vicepresidente della Crui. "Le Università contribuiscono a plasmare gli orientamenti della società, sono un importante centro di elaborazione culturale, ma sono anche una comunità, un modello di convivenza e un presidio sul territorio", continua, citando le numerose iniziative organizzate dal suo ateneo: un corso sulla legislazione antimafia tenuto da Raffaele Cantone, una residenza per studenti nel cuore dei Quartieri spagnoli, un master su gestione e riutilizzo dei beni confiscati.
"La nostra presenza in zone difficili della città, come appunto i Quartieri spagnoli, ha un alto valore simbolico, ma non solo”, aggiunge il rettore. “Possiamo svolgere un grande lavoro e soprattutto possiamo offrire le nostre eccellenze nel settore della formazione professionale dei giovani". Ecco allora le proposte che i rettori possono fare alla Commissione. Corsi per preparare il personale incaricato di amministrare e gestire i beni confiscati alla criminalità organizzata, per esempio. O addirittura l'idea che le Università diventino direttamente assegnatarie di immobili tornati in possesso dello Stato: “Potrebbe essere un modo per trasformarli in realtà effettivamente produttive ed evitare sprechi”, conclude d'Alessandro.
A proposito di beni confiscati, anche Bindi concorda: “La formazione specialistica in questo campo è decisiva e riguarda magistrati, ordini professionali e associazioni impegnate nella gestione dei beni. Abbiamo bisogno di professionisti affidabili, in grado di gestire le aziende in modo trasparente e manageriale". Per questo la Commissione ha dedicato uno studio specifico al tema e ha avanzato una proposta di riforma organica del sistema: al ruolo dell’Agenzia nazionale si chiede di affiancare anche quello delle Università.
La collaborazione tra Commissione antimafia e atenei, poi, proseguirà anche al Nord. Il presidente della Crui Manfredi, infatti, ha ribadito la volontà di organizzare a Milano un incontro nazionale con tutte le Università. Del resto, studiosi come Nando dalla Chiesa ed Enzo Ciconte hanno sottolineato più volte che i magistrati al Nord spesso sono impreparati in materia di mafia. "È un problema di cui abbiamo discusso anche oggi", dice Bindi. "Bisogna estendere le conoscenze acquisite dai magistrati più esperti anche a pm e giudici del Centro-Nord, in modo che abbiano quella formazione specialistica che permette di riconoscere la mafia anche in contesti socio-culturali e in territori inediti".
Tutto questo, comunque, nella consapevolezza che "l'antimafia non può essere solo materia di specialisti, ma deve diventare un valore civile da insegnare a tutti". Come ricorda ancora Bindi, “ogni cittadino deve diventare un presidio di legalità e per tutti la formazione deve comprendere anche la conoscenza delle mafie".