Come accade spesso quando si parla di salute, si è partiti male da subito, confondendo parole, dati e risultati. A partire dal 'fattore di rischio' che è ben diverso dalla 'causa'

Ancora una volta il problema è anzitutto linguistico. La questione della cancerogenicità della carne rossa è l'argomento della settimana, ma come accade spesso quando si parla di salute, basti pensare all'argomento vaccini, si sbaglia in partenza, perché si confondono le parole, e di conseguenza dati e risultati. A portare la questione alle cronache è una recente monografia dell'IARC, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, che fa parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha mostrato come la carne rossa “processed” cioè lavorata (insaccati, salsicce, ecc) è cancerogena, mentre la carne rossa nel suo complesso potrebbe esserlo. (vedi qui )

Queste affermazioni che pure sono esplicitate molto chiaramente dall'OMS stessa, non significano però che la carne rossa causa il cancro, ma che una certa quantità di consumo giornaliero di carne rossa lavorata è associato a un certo rischio di contrarre il cancro al colon retto. La differenza fra queste due espressioni, e quindi fra le impressioni che ognuna di esse può indurre a chi legge, è evidente anche a un occhio non esperto.
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A ben vedere niente di nuovo
Anzitutto perché quella dell'IARC è una monografia, che in gergo tecnico significa una nuova revisione di tutta la letteratura su un certo argomento. Quello dell'IARC non è un nuovo studio, ma un'analisi realizzata da parte di un team di 22 ricercatori provenienti da 10 paesi del mondo su 800 studi pubblicati sull'argomento negli ultimi 20 anni. Esperti selezionati per non avere alcun conflitto di interesse in atto sugli argomenti trattati. Insomma, niente di cui non avessimo già il dovere di essere a conoscenza: da anni diversi studi hanno mostrato che il consumo eccessivo di carne rossa lavorata può avere degli effetti negativi per la salute.

Fattore di rischio non significa causa
Ma c'è un secondo problema linguistico preliminare, che sta emergendo nel modo in cui questa notizia viene diffusa: la corretta definizione della parola cancerogeno. Che qualcosa è cancerogeno non significa che causa il cancro. È cosa diversa, insomma, dall'affermare – giustamente – che l'esposizione all'amianto causa il mesotelioma o che il virus dell' HPV è la causa scatenante del cancro alla cervice uterina. Nel caso della carne rossa è necessario parlare, più correttamente, di fattore di rischio per l'insorgenza della malattia, non di causa.
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Le quantità qui sono importantissime
Secondo quanto si legge nel documento dell'IARC “Gli esperti hanno concluso che ogni porzione da 50 grammi di carne lavorata assunta ogni giorno – ripetiamo, ogni giorno – accresce il rischio di cancro al colon retto del 18%”. 18% di rischio in più rispetto a chi ne mangia di meno.” Di nuovo il fattore linguistico: mangiare ogni giorno carne rossa lavorata a pranzo e a cena è cosa ben diversa da un consumo moderato, 1 o 2 volte alla settimana dice l'OMS, di una bistecca o di una pasta al ragù fatto in casa.

Il punto sono le quantità
Cosa significa, poi, un rischio del 18% di ammalarsi di cancro? Il rischio – spiega l'AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul cancro, vedi qui ) è la probabilità che si verifichi un qualche evento. In questo caso si parla di rischio relativo, intendendo l'aumento o la riduzione delle probabilità di ammalarsi dovuto a un particolare fattore di rischio, come può essere per esempio una predisposizione genetica, rispetto a chi non ne soffre. L'AIRC dunque afferma che mangiare carne rossa lavorata ogni giorno aumenta la probabilità di ammalarsi di cancro al colon-retto del 18% rispetto a chi non mangia carne lavorata ogni giorno. Che non significa che l'OMS consigli il vegetarianesimo, cosa che appunto non fa, sebbene chi ha redatto la monografia non lavori certo – assicura l'IARC - per aziende produttrici di carne rossa. Il monito dell'OMS è invece un altro: moderazione nel consumo di carni rosse, lavorate e non, anche se non è ancora definitivo, dagli studi condotti fino a oggi, come quantificate questa moderazione.

L'accostamento con fumo, alcol e amianto: facciamo chiarezza
Ma c'è un altro aspetto di fraintendimento della categoria “cancerogeno”, e cioè l'accostamento fra il rischio indotto dal consumo giornaliero di 50 grammi di carne rossa lavorata e il fumo, un accostamento che sembra giustificato dal fatto che all'interno della monografia la carne rossa lavorata compare all'interno della categoria 1 che comprende gli elementi “Carcinogenic to humans”, cioè cancerogeni per l'essere umano, la stessa del fumo e dell'amianto, mentre la carne rossa in generale è inserita nella categoria 2A, “probably carcinogenic to humans”, probabilmente cancerogeni per le persone. Due cose ben diverse. (vedi qui )
“Se gli insaccati sono nella stessa categoria del tabacco non significa che il bratwurst sia rischioso quanto le sigarette ma solo che le evidenze statistiche sono abbastanza forti da farlo entrare nella categoria dei cancerogeni” ci spiega Ottavio Beretta, del Servizio di promozione e di valutazione sanitaria del Canton Ticino, in Svizzera. Cosa significa questo? Non che il fumo, l'amianto e la carne rossa lavorata rappresentano lo stesso rischio per l'insorgenza del cancro, ma che per tutti e tre questi fattori possediamo statistiche rilevanti per parlare di cancerogenicità, pur fatte salve le profonde differenze.

Cosa fare dunque? Informarsi bene
Queste avvertenze, anzitutto linguistiche, non tolgono comunque il fatto che quest'ultima conferma da parte dell'OMS sulla possibile cancerogenicità delle carni rosse nel loro complesso (qui parliamo ancora di possibilità) non va sottovalutata. Molti studi negli anni hanno dimostrato che una dieta molto calorica, ricca di grassi animali e povera di fibre è associata a un aumento dei tumori all'intestino, mentre una dieta ricca di fibre, che derivano da frutta e verdura, sembrano avere un ruolo protettivo.

Procedere dunque con buon senso, come dicevano le nostre nonne? Da un certo punto di vista sì, se questo significa moderazione e una dieta varia, ma prima ancora facciamoci guidare dall'informazione scientifica, quella puntuale e documentata.

@CristinaDaRold