Il sociologo spagnolo attacca Usa e Occidente, responsabili del disastro mediorientale. Nessuna giustificazione per la satira di Charlie Hebdo, offensiva per la religione. Prevede un futuro a tinte fosche e un attacco americano di terra all’Is

Manuel Castells (foto di Antonio Rossano)
«Il termine “guerra di civilizzazione” è una espressione ideologica e razzista, senza alcuna base scientifica, per giustificare l’ingiustificabile aggressione degli Stati Uniti e dei poteri occidentali ai paesi del Medio Oriente col fine di salvaguardare le forniture di petrolio e Israele.» Con queste dure parole Manuel Castells ci introduce alla sua attuale visione del mondo contemporaneo, ferito ed umiliato da numerose guerre e dalla piaga sempre più dolorosa del terrorismo, incarnata nello spettro dell’uomo nero, l’Is.

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È proprio lui, il sociologo castigliano della speranza, da sempre paladino dei deboli e sempre fiducioso verso il futuro e la rete Internet, che risponde alle nostre domande. Questa volta con gravità e preoccupazione e senza mostrare ottimismo, Castells ci introduce ad un futuro problematico e di probabile espiazione per il mondo occidentale: « Non è una guerra di religione, perché non penso che la maggioranza oppressa dei Musulmani sia in guerra con la Cristianità o che Papa Francesco sia in guerra con qualcuno. Credo la situazione attuale sia una combinazione di due fattori: da una parte i giovani Musulmani arrabbiati, umiliati e discriminati globalmente e localmente per molto tempo, dall’altra la ripercussione dell’assurda invasione dell’Iraq da parte di Bush, che ha generato il mostro dell’Is.

Noi, l’Occidente, abbiamo creato la nostra stessa Nemesi e ne pagheremo il prezzo per molto, molto tempo.». Continuando a parlare con Castells, lo scenario appare anche più complesso e oscuro.

Lo stesso giorno dell’attacco alla sede del giornale Charlie Hebdo a Parigi, a Baga, in Nigeria, il gruppo terroristico Boko Haram ha sterminato oltre 2000 persone. La notizia è ovviamente giunta in occidente, ma ha avuto minima attenzione, tutta concentrata sugli eventi di Parigi. 2000 morti non sono troppi per una quarta pagina di giornale?
«Quelli erano “neri” e si sa che a molti europei non interessano… I media, invece, sono sempre concentrati sull’ audience. Le Pen padre ha dichiarato che Ebola potrebbe essere una cosa positiva perché limiterebbe l’immigrazione dei neri in Francia. Alcuni degli elettori italiani della Lega la pensano allo stesso modo.»

La satira di Charlie Hebdo ha diviso il mondo occidentale in due parti: gli europei hanno vissuto l’attacco terroristico come un attacco alla libertà di espressione, il mondo anglosassone, in particolare gli USA, hanno rifiutato di pubblicare i disegni di Charlie Hebdo, ritenuti offensivi per la religione. Qual è il suo punto di vista, prof. Castells?
«Io li ho pubblicati. Ma concordo con Papa Francesco: se tu offendi mia madre, ti colpisco, e questo è normale. Non vedo alcuna giustificazione, in nome della libertà di espressione, per dipingere Maometto come un cane (come fece il disegnatore svedese Lars Vilks) o, nel caso di Charlie Hebdo, per disegnare Maometto nudo che mostra il sedere e si offre di essere sodomizzato. Io sostengo una totale libertà di espressione in termini legali ma moralmente condanno l’islamofobia e l’umiliazione per la più importante religione del mondo in termini di numero di credenti. Penso sia una deliberata provocazione con terribili conseguenze per la pace nel mondo.»

Paradossalmente, In risposta a questi attacchi alla libertà di espressione, il mondo occidentale, in particolare i governi europei, stanno studiando ed introducendo nuove regole per controllare e censurare Internet…
«I governi in generale odiano la libertà di espressione, sono terrorizzati da Internet perché il potere si è sempre basato sul controllo dell’informazione e Internet disintermedia questo controllo. Il governo francese ha arrestato l’artista Dieudonné per i suoi commenti su Facebook su Charlie Hebdo. I governi di tutte le epoche hanno sempre trovato pretesti per imporre la censura.»

Eppure sembra una contraddizione, reagire in questo modo. Non è pericoloso per le nostre tanto declamate democrazie?
«È l’inizio della fine della democrazia come la intendiamo. Precipiteremo sempre più in questi angusti percorsi di limitazioni alla democrazia a meno che i movimenti sociali e i giornalisti coraggiosi non decidano di combattere questo neo-autoritarismo.»

I terroristi che hanno decapitato il giornalista o incendiato vivo il pilota giordano, hanno formato nell’immaginazione e nell’inconscio collettivo una sorta di “mito del terrore”. E questo terrore sta condizionando le coscienze dei cittadini. Il terrore è la decapitazione in sé o nella diffusione del suo simulacro, il video su YouTube?
«Is è molto esperta nella manipolazione delle menti, attraverso le immagini. Sanno come utilizzare i media. Un documento scritto, o anche una dichiarazione filmata, possono essere ignorate. Le implacabili immagini dell’orrore non possono essere dimenticate. Pretendendo il palcoscenico dei media mondiali essi attraggono tutti quelli che sono arrabbiati e che si sentono impotenti, ad unirsi a loro, perché, come ha detto Stalin “per fare una frittata devi rompere le uova”. Contemporaneamente minacciano quelli che, in Medio Oriente, sono indecisi tra il mantenere i loro privilegi come sostenitori dell’Occidente o prepararsi ad accettare, nel lungo termine, una nuova rivoluzione delle popolazioni arabe che già erano insorte nel 2011.»

Eppure gran parte del mondo musulmano non si riconosce nell’Is …
«La principale debolezza di Is ed Al Qaeda è che continuano ad uccidere Sciiti e questo li porta in scontro aperto con l’Iran e molte comunità Sciite che, sebbene rappresentino una minoranza nel mondo rispetto ai Sunniti, rappresentano una maggioranza in Iraq ed Iran e una presenza significativa in altre aree.»

Is utilizza Internet per produrre effetti profondi nelle coscienze, con risultati mediatici mai ottenuti finora. Perché Internet e non altri media?
Internet è molto più efficace della televisione nell’organizzare l’interazione, il dibattito, la partecipazione e, soprattutto, la libertà di espressione. E può superare il controllo di governi e corporazioni. Internet non è stata importante per l’organizzazione di Al Qaeda . Ma è divenuta cruciale per i Jihadisti perché i giovani sono tutti presenti nei social networks ed è facile distribuire tra essi immagini e informazioni, discutere e, ultimatamente, reclutare. È interessante sapere che la maggior parte dei siti Jihadisti sono aperti a tutti, con immagini, dichiarazioni, musica e aperte dichiarazioni di mobilitazione politica e religiosa. A loro non importa se sono sorvegliati: le attività organizzative e decisionali non sono in Internet, ma il mondo Jihadista vive apertamente in rete. Noi li abbiamo studiati. È la connessione tra il successo territoriale e l’interazione nel ciberspazio che costituisce la forza dei nuovi Jihadisti. Non solo l’Is, ma i molti di più che verranno anche se l’Is fosse schiacciata da un intervento armato americano di terra, che sembra inevitabile dopo le elezioni americane del 2016 o anche prima.

Una pervasività impressionante: ritorna McLuhan, è il medium il messaggio?
McLuhan è il genio della comunicazione, ma lui non conosceva Internet e per questo, su questo particolare caso, ha torto: il messaggio crea il medium! Solo se il tuo messaggio richiede interazione e partecipazione, Internet è politicamente utile. Per messaggi unidirezionali a un audience di massa, i tradizionali mass media sono più efficaci. Non siamo più nella Galassia di McLuhan, siamo nella Galassia di Internet.