La nostra previdenza è strutturata in modo che pochi abbiano tanto e, negli ultimi anni, la spesa per le pensioni sta ingessando sempre di più l'economia, penalizzando chi ancora non ha raggiunto l'età. Mentre sul fronte dell'invalidità, il divario Nord-Sud è abissale
Oggi le
pensioni rappresentano per le forze politiche una questione delicatissima. Il sistema previdenziale, infatti, è strutturato in modo che in pochi abbiano molto e in tanti abbiano poco. E un’ampia platea di persone, compresa fra i 55 e i 65 anni, per effetto della crisi si è ritrovata senza lavoro proprio a ridosso della pensione, con il rischio di maturare diritti largamente inferiori a quellie che erano ?le aspettative maturate fino ?a qualche anno fa.
L’Inps nel 2015 conta oltre 18 milioni di pensioni erogate, fra prestazioni previdenziali ?e assistenziali, ma il 65 per cento del totale non supera i 750 euro mensili. Se si considerano poi le pensioni di reversibilità, quelle ai coniugi di contribuenti che nel frattempo sono mancati, la media scende a 597 euro. Questo in un momento in cui le famiglie si devono sobbarcare l’onere di supportare figli e nipoti, alle prese con un mercato del lavoro che continua a dare pochissime prospettive.
Osservando i dati si apprendono però due aspetti che vanno tenuti in considerazione. Anzitutto ?il fatto che negli ultimi dieci anni
l’importo medio delle pensioni è andato aumentando di pari passo con il costo della vita, passando da 618 euro a 825 euro in media per persona. Secondo, che
la spesa per le pensioni sta ingessando sempre più l’economia italiana: se nel 2000 rappresentava il 12,7 per cento del Prodotto interno lordo (Pil), nel 2013 si è toccato il 15 per cento .
Pur con tante sfortune, ben note agli addetti ai lavori, dal punto di vista finanziario ?il sistema finora ha retto. ?I problemi però sono numerosi: «Al di là dell’eterna voragine rappresentata dall’evasione contributiva, il problema qui sono le entrate, il fatto cioè che una grossa fetta di chi riceve pensioni o assistenza non abbia versato in passato ?i contributi necessari per sostenere gli oneri attuali», spiega
Marco Paolo Nigi, segretario della Confsal, associazione che raccoglie ?i sindacati autonomi. «Mi riferisco in particolare alle pensioni sociali, agli assegni familiari e a tutti coloro che, complice anche la crisi, non sono riusciti nella loro vita lavorativa a versare almeno 15 anni di contribuzione regolare.
«E' evidente che le persone in difficoltà vanno aiutate», spiega Nigi, «ma va anche detto che gli enti assistenziali oggi sono in affanno poiché ?il differenziale tra entrate ?e uscite è molto elevato». ?Un pensionato su due, ?infatti, percepisce prestazioni totalmente o parzialmente a carico della fiscalità generale, e con il proseguire della crisi è difficile immaginare uno scenario migliore per ?i prossimi anni. Per non parlare di chi
invalido non è ma la pensione la prende ugualmente, e a questo proposito i dati Inps pongono ancora oggi forti quesiti. Nel meridione, infatti, si registra una media di 80 prestazioni assistenziali ogni mille abitanti, esattamente ?il doppio delle regioni del nord. La punta dell’iceberg è rappresentata da Calabria (93 ogni mille abitanti), Sicilia (88) e Sardegna (87), mentre in fondo alla graduatoria si trovano Trentino Alto Adige (27) e Valle d’Aosta (31).
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