Consultando il database di OpenSecrets.org ‘l’Espresso’ ha scoperto che la corsa presidenziale non coinvolge solo aziende statunitensi, ma anche gruppi italianissimi, come il colosso aerospaziale e l'Eni

711.675 dollari dalla Microsoft Corp, 349.278 dalla Walt Disney Co, 131.391 dalla Hewlett-Packard. O anche: 5000 dollari dalla Ralph Lauren Corp e 3965 da Facebook Inc. Il ciclo delle elezioni presidenziali, negli Stati Uniti, non è solo una faccenda politica: è anche una partita che si gioca sul piano economico, in un paese in cui i candidati, i loro comitati ed i partiti di riferimento vivono di donazioni.
 
Le cifre qui riportate – donazioni ricevute rispettivamente dai due candidati in corsa per l’elezione a presidente degli Stati Uniti d’America, la democratica Hillary Clinton ed il repubblicano Donald Trump - sono solo alcuni esempi delle cifre che aziende, gruppi, corporazioni, grandi marchi noti in tutto il mondo sono disposti a spendere per supportare questo o quel candidato.
 
Se la politica vive di donazioni, è lecito aspettarsi che i resoconti relativi al denaro ricevuto siano pubblici: ed infatti, esistono numerosi gruppi di ricerca impegnati a diffondere on line i dati relativi alle campagne elettorali. Uno di questi è il Center for Responsive Politics (CRP), una organizzazione non-profit, con sede a Washington, fondata nel 1983 da due senatori ormai in pensione, il democratico Franck Church ed il repubblicano Hugh Scott.
 
È consultando il database di OpenSecrets.org che ‘l’Espresso’ ha scoperto che la corsa presidenziale non coinvolge solo aziende statunitensi, ma anche gruppi italianissimi. Aziende private, certo, ma anche aziende a partecipazione statale, come la Leonardo-Finmeccanica - gruppo italiano impegnato nel settore aerospaziale, della difesa e della sicurezza, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’Economia e delle Finanze – o l’Eni Spa, che annovera fra i suoi azionisti il Ministero dell’Economia e la Cassa Depositi e Prestiti.
 
Se l’Eni Spa ha contribuito all’intero ciclo elettorale 2016 solo con una modesta spesa di 39.000 dollari in lobbying, devolvendo ad Hillary Clinton e Donald Trump cifre minuscole – 117 dollari alla candidata democratica e 222 al repubblicano – l’impegno di Finmeccanica ha raggiunto quote più consistenti.
 
294.618 dollari di contributi diretti e 865.000 di lobbying nel solo 2016, cifra inferiore a quella spesa nell’anno precedente, pari a 1.375.000 dollari: queste le cifre relative al gruppo guidato da Mauro Moretti e Gianni De Gennaro. 7.523 dollari sono andati ad Hillary Clinton, mentre Donald Trump ha ricevuto donazioni dirette per 930 dollari. La grafica fornita dal Center for Responsive Politics mostra che – nonostante la donazione alla candidata dem sia stata più pesante – il totale speso a supporto dei candidati repubblicani sia nettamente maggiore rispetto alle cifre devolute ai democrats.
 
Scelte che non stupiscono: non solo il partito repubblicano statunitense è quello più tradizionalmente legato ai temi relativi alla difesa ed alla sicurezza nazionale, ma Finmeccanica potrebbe trarre beneficio da una vittoria di Trump.
 
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10/10/2016
Infatti, secondo Marcus Weisgerber, analista economico specializzato nel settore difesa per DefenseOne ed ex corrispondente dal Pentagono per riviste del settore, è plausibile aspettarsi che ad una eventuale vittoria di Donald Trump segua lo spostamento delle commesse per la produzione di armamenti dagli Stati Uniti all’Europa; potrebbe accadere che commesse provenienti dal medio-oriente siano rivolte a aziende come l’inglese BAE Systems e l’italiana Finmeccanica.
 
Ma il gruppo italiano può vantare anche una storica simpatia da parte di Hillary Clinton: quando, nel 2005, l’azienda – allora guidata da Pier Francesco Guarguaglini – era in corsa, tramite la controllata AgustWwestland, per l’assegnazione della commessa per la fornitura di elicotteri per la Casa Bianca, la Clinton tifava per il made in Italy.