L’11 marzo 2011, cinque anni fa, il Giappone viveva la più grande tragedia nucleare della storia dopo Cernobyl. Un terremoto con epicentro nel mare di magnitudo 9 e conseguente tsunami aveva colpito la costa nord-orientale della regione di Tohoku, danneggiando la centrale nucleare di Fukushima. L’abbondante fuoriuscita di materiale dagli impianti aveva causato un aumento della radioattività tale da far superare di 4.400 volte i livelli consentiti. Bilancio: 15 mila morti, 160 mila feriti.
Il Giappone, sotto choc a causa della tragedia, sembrava destinato ad abbandonare il programma nucleare. Ma questi propositi dell’allora premier Naoto Kan sono stati sconfessati dal suo successore Shinzo Abe, deciso a far ancora ricorso all’energia atomica. Il suo governo ha permesso di riattivare nel Paese cinque reattori dopo che erano stati tutti spenti all’indomani di Fukushima.
[[ge:espressoarticle:eol2:2153705:1.32261:article:https://espresso.repubblica.it/internazionale/2011/06/10/news/ritorno-a-fukushima-1.32261]]
Per rendere esplicito il suo dissenso Naoto Kan sarà sulla nave di Greenpeace che nei prossimi giorni analizzerà le acque del mare davanti alla centrale. E proprio in vista del quinto anniversario, sono stati rinviati a giudizio tre ex dirigenti, il presidente e due vice, della Tepco (Tokyo Electric Power), società che gestisce l’impianto, con l’accusa di non aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire la catastrofe. Sarà il primo processo istruito per accertare le responsabilità del disastro.
Se non si placano le polemiche sulle scelte strategiche del Paese in fatto di energia e su chi porta le colpe per aver edificato centrali in zone sismiche, il Giappone ha però pensato anche a ricostruire. L’Agenzia per la ricostruzione voluta dal governo ha stanziato anche per quest’anno 19,5 miliardi di euro.
[[ge:espressoarticle:eol2:2202211:1.51600:article:https://espresso.repubblica.it/googlenews/2013/03/11/news/fukushima-e-ancora-inferno-1.51600]]
Stando ai dati della stessa Agenzia, nelle zone colpite dal terremoto sono state ricostruite quasi 12 mila abitazioni, anche se almeno 180 mila persone non hanno ancora potuto far ritorno nelle loro case. Inoltre è stato reso pienamente operativo il 95 per cento degli ospedali ed è stato riaperto il 98 per cento delle scuole. Le strade sono tornate in perfetta efficienza, sono stati ripristinati 2330 chilometri di linee ferroviarie che garantiscono la regolarità dei treni al 90 per cento. Per quanto riguarda la produzione agricola, il 75 per cento dei terreni è stato decontaminato ed è pronto per riprendere l’attività. Quanto alla pesca, che contribuisce per quasi la metà della produzione nazionale, l’attività è stata riavviata nell’85 per cento delle strutture.
Risultati positivi che non devono nascondere però i problemi ancora da affrontare e che riguardano sfide non ancora vinte come: lo smantellamento dei reattori nucleari, la decontaminazione delle acque radioattive e il risarcimento alle vittime. Fino ad oggi, sono stati pagati oltre 48 miliardi euro di risarcimenti dalla Tepco. La più grande compagnia elettrica del Paese continua a ripetere che la situazione sta migliorando. In effetti, si sono registrati progressi nei livelli di radioattività, che oggi si attestano sui 1,5 microsievert all’ora, considerato un dato “sicuro”, rispetto ai 200-300 microsievert di cinque anni fa.
Ha tuttavia provocato forti critiche la decisione della Tepco stessa di mettere in sicurezza l’impianto per impedire la fuoriuscita di acqua contaminata con la realizzazione di un progetto denominato “muro di ghiaccio”, completato il 9 febbraio scorso. L’operazione è consistita nel “congelare” il sottosuolo, collocando 1.500 metri di tubi ghiacciati lungo il perimetro degli impianti.
Due anni fa, però, la Nuclear Regulation Authority del governo giapponese aveva bocciato il progetto, considerandolo troppo rischioso, ma il parere è stato disatteso e superato dalle rassicurazioni della Tepco. Secondo alcuni esperti, un eventuale nuovo terremoto metterebbe a rischio la tenuta dei tubi. Il “muro di ghiaccio” è stato finanziato interamente dal governo ed è costato, finora, circa 260 milioni di euro. I costi annuali di gestione saranno pari a 81 milioni di euro. Altro problema. Cosa fare dell’acqua radioattiva? Ci sono infatti 750 mila tonnellate di liquido contaminato conservate in mille serbatoi. E ogni giorno ne vengono raccolte 300 tonnellate. Dove saranno stoccate in sicurezza, ancora nessuno lo sa.
Intervista17.03.2011
'Non ci sono centrali sicure'