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Attualità
giugno, 2016

Tasse, affari e politica

Luigi Virgilio, manager della società di riscossione che ha dilapidato 150 milioni voleva vendere al “cognato di Renzi” attraverso “un avvocato di Berlusconi”.  Ma non ce l’ha fatta. E aveva bond fasulli depositati in Banca Etruria

A chi può fare gola un’impresa sull’orlo del fallimento, con un’attività che ha prodotto debiti per oltre 150 milioni di euro, ha lasciato senza stipendio 600 dipendenti ed è inseguita da circa 800 Comuni pronti a rivendicare crediti milionari? Se si tratta di una società italiana come Aipa-Mazal, la più grande azienda privata di riscossione delle tasse, può interessare soprattutto a uomini d’affari forniti di robuste parentele politiche. E in particolare a un piccolo imprenditore toscano con uno straordinario biglietto da visita familiare: Andrea Conticini, il cognato di Matteo Renzi.

La vicenda è recentissima e non ha nulla di penalmente rilevante, ma la dice lunga su quegli intrecci tra affari, politica e storie di famiglia da cui l’Italia sembra non uscire mai. Aipa-Mazal è una società che da anni è autorizzata dal ministero a incassare i soldi dei tributi comunali, dalle affissioni ai rifiuti, dalle multe ai parcheggi. Il suo fondatore è stato arrestato nel 2014 e poi condannato in primo grado per peculato, cioè per furto di denaro pubblico: almeno 3,7 milioni di tasse pagate dai cittadini e mai arrivate ai comuni. Da quel primo ammanco, la Guardia di Finanza ha allargato le indagini all’intero passivo (un crac da oltre 150 milioni) e al ruolo dei nuovi amministratori.

Nell’aprile scorso il nuovo manager, Luigi Virgilio, viene intercettato mentre si prepara al peggio: la società ha dilapidato altri 17 milioni in appena nove mesi, lui è indagato dalla Procura di Milano, la sua abitazione è già stata perquisita. A quel punto Virgilio tenta una manovra disperata: vuole vendere tutto, società, auto e terreni, per rifugiarsi in Brasile. Per prudenza, usa un telefono che considera sicuro. Invece le Fiamme gialle hanno scoperto e intercettato anche quello. E così, negli atti dell’inchiesta, restano registrate le sue trattative riservatissime per trovare un nuovo socio e cercare di ricapitalizzare, per la terza volta, l’impresa di riscossione.

Sono le intercettazioni alla base dell’ordinanza che pochi giorni fa, il 26 maggio, ha portato all’arresto di 5 indagati per bancarotta e abusivismo finanziario, tra cui spiccano lo stesso Virgilio e il commercialista Stefano Bruni, sindaco di Forza Italia a Como dal 2002 al 2012. Tutti accusati di aver ricapitalizzato la società Mazal, erede di Aipa, con titoli fantasma per 10 milioni: bond americani che in realtà non valgono niente.
In quei giorni di aprile, mentre la situazione precipita, Virgilio offre in vendita la società anche se è già sotto sequestro giudiziario. Al telefono tratta, in particolare, con un certo Andrea Conticini, che è il marito di Matilde Renzi, la sorella del premier.

Conticini, 35 anni, è originario di Bologna ma abita a Rignano sull’Arno, nella stessa casa dove Matteo Renzi è cresciuto. Laureato in teologia, fa l’agente di commercio e ha lavorato anche per le società dei Renzi, Dot Media ed Eventi 6. Tra il 2014 e il 2015, come risulta dalle carte societarie, Conticini ha fondato una nuova azienda insieme alla moglie Matilde: si chiama Marc Consulting sas e offre consulenze a tutto campo alle imprese private, dalla gestione finanziaria alle strategie, dalla comunicazione all’organizzazione. Come amministratore di una società di persone, resta un piccolo imprenditore. Eppure Virgilio, un manager abituato a maneggiare milioni, lo definisce «liquido e potente».

Virgilio lo sente più volte e, visto che la società di riscossione è sotto sequestro, propone a Conticini di mandare una lettera ai custodi giudiziari di Aipa-Mazal: bisogna informarli che «avevamo iniziato incontri serrati, al fine del rafforzamento del capitale sociale, per la cessione eventuale della società. In maniera che loro portino avanti il discorso... Prima che trovino qualcun altro». Conticini si mostra interessato e chiede cosa può fare in concreto. Virgilio gli consiglia di scrivere una mail «in maniera che io la giro all’avvocato, il quale l’allega ai custodi, dicendo “c’è del vero”». La telefonata cruciale si conclude programmando un incontro fra i due «semplicemente per definire l’iter futuro». «Bene, perfetto», gli risponde Conticini. Poche ore dopo, Virgilio annuncia al proprio commercialista che il giorno dopo dovrà andare «a Firenze», con il suo avvocato di fiducia, per chiudere la trattativa «con un eventuale socio»: proprio quello definito «liquido e potente».

Dopo altri sette giorni, Virgilio chiama un dipendente della Mazal e ribadisce anche a lui: «Io oggi vedo Andrea Conticini... Abbiamo un appuntamento». Durante tutta la trattativa, Virgilio spiega a Conticini che per chiudere l’affare dovrà rivolgersi al proprio legale, Luigi Liguori, indicato come «un avvocato di Berlusconi», perché in passato ha difeso con successo persone e società legate all’ex Cavaliere. La vendita della società, alla fine, non si è concretizzata. Anche perché in maggio la procura, con il pm Donata Costa, ha chiesto addirittura il fallimento di Aipa-Mazal. Mentre i previsti incontri decisivi non sono stati documentati: Conticini e l’avvocato Liguori non sono indagati e sono stati intercettati solo se e quando parlavano con Virgilio.

L’unico dato certo resta quindi l’effettivo avvio di quella trattativa politicamente trasversale, poi sfumata poco prima degli arresti: il manager indagato che cerca di vendere la società sequestrata al «cognato di Renzi» attraverso «un avvocato di Berlusconi». Il 18 maggio scorso si registra una singolare coincidenza politica: Matteo Renzi in persona interviene a sorpresa sul problema degli esattori. Nel suo appuntamento settimanale su Internet, infatti, il premier annuncia: «Al 2018 Equitalia non ci arriva. La riorganizzazione del sistema di riscossione prevederà un modello del tutto diverso, sempre più a disposizione del cittadino e non vessatorio».

Equitalia è la società di riscossione controllata dallo Stato. Soltanto il 20 maggio “l’Espresso” pubblica il primo articolo che rivela i guai giudiziari della società privata, Aipa-Mazal, accusata di aver dilapidato i soldi delle tasse «in un vortice di spese pazze, intrighi finanziari, prelievi personali, stipendi da sogno e consulenze d’oro».
In attesa di capirne di più, va registrato che la vita di Aipa-Mazal si è sempre intrecciata con la politica. Il fondatore della società, Daniele Santucci, finito in carcere due anni fa, era un grande amico di famiglia di Claudio Scajola, l’ex ministro di Forza Italia. Mentre i bond fantasma che hanno provocato l’arresto di Virgilio erano depositati in Banca Etruria e gestiti dall’ex sindaco forzista di Como, Stefano Bruni.

Secondo le indagini della Finanza, gli stessi titoli-spazzatura sarebbero stati piazzati a molte altre società. Di certo Bruni, dal 2014 al febbraio di quest’anno, è stato presidente di Confidi Union Impresa, una società che dovrebbe offrire solide garanzie alle piccole e medie imprese per ottenere prestiti bancari. Il problema è che l’ex sindaco, quando viene perquisito per la prima volta, nel marzo scorso, fa partire una raffica di telefonate, tutte intercettate, ad altri commercialisti della società, chiedendo di creare «con urgenza» documenti retrodatati, cioè di falsificare le carte. Ora la Guardia di Finanza sta verificando se anche le garanzie offerte da Confidi a decine di società di svariati settori siano carta straccia, come quei bond che profumavano di tasse, affari e politica.

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