Una sentenza attesa per cinque lunghi anni, dopo le prime due di segno opposto. E alla fine la donna, oggi 57enne, si è vista riconoscere i suoi diritti dalla Cassazione prima e dalla Corte d’Appello dell’Aquila adesso. I giudici hanno stabilito che dovrà essere reintegrata nel supermercato di Giulianova dove aveva lavorato per quattordici anni prima di essere licenziata in tronco. Per aver mangiato un panino. Per un semplice panino, farcito con prodotti prelevati dallo scaffale (era addetta alle vendite) durante il suo orario di servizio.
Inizialmente il giudice del lavoro aveva sposato la tesi dell’azienda e così la donna, sposata e con figli, aveva perso il posto. E tutto questo avveniva quando l’articolo 18 era ancora in piedi. Il giudice parlò di “sottrazione di beni aziendali”.
Era l’8 agosto del 2012. La dipendente prelevò dal suo reparto una confezione di salmone, una bibita dissetante e un panino. Li consumò, ma poi, stando a quanto dichiarato dai dirigenti del supermarket, non li voleva pagare.
La difesa: “Anche dall'istruttoria è emerso chiaramente che la lavoratrice ha prelevato i prodotti senza nascondersi o occultarli e li ha consumati davanti a tutti: tant'è vero che è stata subito vista dai responsabili aziendali e ha gettato le confezioni nello stesso cestino del bancone dove lavorava, dove tutti quindi potevano vederle e trovarle, mentre se avesse voluto occultarli li avrebbe certamente fatti sparire in altro modo. E avrebbe pagato a fine turno. Questa decisione è abnorme, eccessiva e sproporzionata. Al massimo si poteva comminarle una multa”.
Ora la magistratura ha ribaltato definitivamente le sorti professionali e umane della donna, spendendo queste parole: “Non c’è stata nessuna appropriazione nel luogo di lavoro di beni aziendali. In mancanza di ulteriori elementi, deve darsi necessario rilievo al modestissimo valore della merce consumata, ma soprattutto alla storia lavorativa della dipendente che pacificamente, nel corso di quattordici anni, non è stata mai oggetto di alcun richiamo disciplinare…”. E “la vicenda nel suo complesso è avvenuta alla luce del sole”.
Licenziate per un panino. Una tendenza che sembra ricorrere nella nostra Italia dei vitalizi e delle sinecure per via ereditaria. E che colpisce soprattutto le donne. È accaduto lo stesso (la scorsa estate) anche a Daniela Gori, dipendente di un punto Conad a Livorno. Rimossa dal suo incarico per aver fatto colazione con un sandwich preso al banco della gastronomia. “Ho tolto l'etichetta adesiva (il prezzo era di circa un euro) e l'ho messa nel portafogli, pensando di pagare a fine turno come sempre. Però, dopo aver timbrato l’uscita e aver fatto la spesa, alla cassa mi sono dimenticata di quel panino. E lì è intervenuto il proprietario del negozio, probabilmente mi stava tenendo d’occhio...” ha raccontato Daniela. Le premesse al suo licenziamento sono state una settimana di ferie forzate, la prima sanzione disciplinare della sua vita e una sospensione. Il titolare non ha voluto saperne di reintegrarla, nonostante lo sciopero delle sue colleghe e la mobilitazione del sindacato Usb. “Un licenziamento pretestuoso” la loro versione unanime. “Licenziare per un panino è da infami”; “Conad, persone come cose” alcuni degli slogan intonati in quell’occasione.
E a nulla è servito nemmeno l’amore incondizionato esternato dai clienti del quartiere nei confronti della 44enne, assunta con contratto a tempo indeterminato e volto familiare del supermercato sin dalla sua apertura. Gli screzi col nuovo proprietario, subentrato nel 2014, avrebbero modificato progressivamente l’armonia interna tra richiami disciplinari e minacce trasversali. Lui ha affermato: “Questo è solo l’ultimo di una serie di episodi che hanno fatto venire meno il patto di fiducia con la lavoratrice”. “Non è vero” hanno ribattuto con forza le sue vicine di bancone e di cassa: le classiche commesse rionali, della porta accanto. Insorte, come in un film di Kean Loach o di Aki Kaurismaki, col supporto della gente del luogo, in difesa della loro compagna. Cacciata dopo tredici anni di onorato servizio per avere addentato un panino di cinquanta grammi.