Addio Stefano Rodotà, il professore che diceva: 'Siamo obbligati alla civiltà'
Il giurista ed ex parlamentare aveva 84 anni. Questo è stato il suo ultimo contributo per il nostro giornale in occasione dei 60 anni della Carta dei diritti
23 giugno 2017
Stefano Rodotà è morto oggi all'età di 84 anni. Un raffinato giurista, un politico appassionato, una vita spesa per difendere i diritti e la legalità. E' stato un protagonista della vita pubblica italiana e si è sempre speso per far valere il suo punto di vista laico sui grandi temi del Paese.
Intellettuale di sinistra, si era sempre contraddistinto per la sua libertàEra nato nel 1933 a Cosenza. Giurista, professore universitario, ex parlamentare, già Garante per la protezione dei dati personali, viene eletto deputato per la prima volta nel 1979 come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano.
Nel 1989 è nominato Ministro della Giustizia nel governo ombra creato dal Pci di Achille Occhetto e successivamente, dopo il XX Congresso del partito comunista e la svolta della Bolognina, aderisce al Partito Democratico della Sinistra, del quale sarà il primo presidente del Consiglio nazionale, carica che ricoprirà fino al 1992. Nell'aprile dello stesso anno torna alla Camera dei deputati tra le file del Pds, viene eletto vicepresidente e fa parte della nuova Commissione Bicamerale. Dal 1997 al 2005 Rodotà è stato il primo Garante per la protezione dei dati personali, mentre dal 1998 al 2002 ha presieduto il gruppo di coordinamento dei Garanti per il diritto alla riservatezza dell'Unione europea. Nel 2013 è stato candidato non eletto per l'elezione del Presidente della Repubblica. [[ge:rep-locali:espresso:285280155]]
Pubblichiamo il suo ultimo intervento sul nostro settimanale scritto in occasione dei 60 anni della Carta dei diritti dell'Europa
«L’Unione pone la persona al centro della sua azione». Queste semplici parole, contenute nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Europa approvata nel 2000, hanno permesso alle istituzioni continentali di darsi strumenti di intervento a tutela dei diritti. La Carta fu voluta per evitare che l’Unione fosse considerata un’entità fondata esclusivamente sui vincoli di carattere economico. Parlare di persona, e non di soggetto, significa fare riferimento diretto all’individuo nella concretezza del vivere, alle sue condizioni reali e non a un’astrattezza giuridica. I
capitoli sulla dignità del vivere, o sulla libertà, l’uguaglianza, la solidarietà permettono di contrastare chi alza i muri e di fissare un limite rispetto ad altri interessi da tutelare. [[ge:espressoarticle:eol2:2202058:1.53357:article:https://espresso.repubblica.it/palazzo/2013/03/08/news/voglio-un-pd-a-cinque-stelle-1.53357]] Quando la Corte di Giustizia dell’Unione europea di Lussemburgo si è occupata di Google due anni fa ha sanzionato ad esempio il principio che la tutela dei diritti della persona prevale sulla pura difesa degli interessi economici. I principi fissati dall’Europa hanno messo le legislazioni nazionali nelle condizioni di superare difficoltà e resistenze e per l’Italia è stato positivo trovarsi nell’Unione. Nel 2015 la Corte di Strasburgo ha accolto il ricorso di Enrico Oliari e ha condannato l’Italia per la mancanza di una legislazione sul riconoscimento e la protezione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Su questo punto la Carta all’articolo 9 è fortemente innovativa perché riconosce il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia: si distingue tra i due diritti e si offre agli Stati membri la possibilità di legiferare in modo diverso. La famiglia non passa per il matrimonio.
Nel 2016 il Parlamento ha finalmente approvato una legge sulle unioni civili, ma va detto che prima della spinta politica era arrivata una condanna dell’Europa. In questo caso il vincolo esterno ha funzionato. Lo stesso vale per il bio-testamento. L’Europa riconosce il diritto di auto-determinazione delle persone. Il testamento biologico rientra in questa possibilità, come già previsto dalla sentenza n.438 del 2008 della Corte costituzionale sul diritto alla salute e sul consenso informato.
«Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana», dice l’articolo 32 della nostra Costituzione, ed è un limite molto forte, il nostro habeas corpus, la sua versione moderna. Nella Carta europea ci sono passi in avanti: i diritti dei bambini, degli anziani, dei disabili. Una parola non tradizionale per le costituzioni nazionali. A dimostrazione, ancora una volta, che la Carta dei diritti fondamentali dell’Europa si basa sulle situazioni concrete in cui si trovano le persone. Al contrario di quanto accade nella sfera economica, dove il vincolo esterno è considerato stringente e depressivo degli Stati nazionali, sul piano dei diritti le istituzioni europee aiutano ad accelerare quelle legislazioni nazionali che a lungo sono rimaste indietro. Come quella italiana.