Negli ultimi quarant’anni Massimo Ammaniti ha passato al microscopio diverse generazioni. Prima i baby boomers del miracolo economico, poi i ragazzi della X generation, più di recente ?i Millennials e ora gli adolescenti nati e cresciuti con lo smartphone sempre acceso, figli della crisi. Un punto di osservazione privilegiato, quello di un grande psicoanalista che ?ha studiato e scritto su adolescenza, sviluppo infantile, rapporti genitori-figli. Uno dei suoi ultimi libri, “La famiglia adolescente” (Laterza), indaga le dinamiche psicologiche ?che nascono tra le mura domestiche: genitori che faticano a diventare adulti, figli che faticano a crescere. Un universo vischioso in cui nessuno vuole emanciparsi, in cui i ragazzi seguono i genitori quando viaggiano ?o vanno fuori con gli amici, partecipano ai contrasti coniugali, condividono gusti ?e comportamenti degli adulti.
Professor Ammaniti, oggi gli adolescenti sembrano più quadrati, attenti alla privacy e alla sicurezza, agli aspetti materiali dell’esistenza, sognano una vita media. È realistico l’identikit della “generazione Q” tratteggiato dalla psicologa americana Jean M. Twenge?«È condivisibile, ma solo ?in parte. Segnala una situazione nuova, che si ?è consolidata con la crisi economica.
E si concentra su una generazione “always on”, sempre connessa. Sarebbe però utile avere una visione più articolata. Ad esempio Twenge afferma che con la diffusione degli smartphone e dei social media sono aumentati suicidi e depressione. Prima di fare un’affermazione del genere occorrono studi epidemiologici. Ho qualche dubbio in proposito».
Gli adolescenti sono abituati a condividere tutto sui social media con i loro coetanei. Eppure ?le ricerche dicono che ?sono più soli rispetto ?alla precedente generazione.«La crescente solitudine dei giovani è un fatto vero. Basta osservare un gruppo di ragazzi in pizzeria per rendersene conto: ognuno ?è incollato al proprio smartphone e manda messaggi. Un tempo ?per creare empatia era fondamentale il rapporto faccia a faccia, ora le nuove generazioni usano gli emoticon, che però sono superficiali e convenzionali. ?E poi assistiamo ?a un fenomeno nuovo».
Prego.«Ho esperienza di molti adolescenti che hanno due smartphone. Uno ufficiale, regalato dai genitori, l’altro acquistato con i propri risparmi. Il telefonino dell’intimità. Nel primo i genitori non trovano nulla, nell’altro ci sono tutte le comunicazioni, magari le foto che si scattano nudi e poi spediscono. Molti adolescenti spengono lo smartphone ufficiale e passano tutta ?la notte nella loro stanza ?a chattare con l’altro, all’insaputa dei genitori».
I figli della generazione Q ?non si ribellano, hanno un rapporto meno conflittuale con i genitori.«È vero. In passato, fino ?agli anni Ottanta, i figli si contrapponevano ai genitori: un classico conflitto edipico tra generazioni. Dopo lo scenario è cambiato, e oggi non si tratta più di contrapporsi agli adulti, ?ma di mettersi al centro dello scenario familiare. I figli hanno bisogno di maggiori conferme da parte dei più grandi, di un like in più. Il conflitto nasce semmai se ?i genitori non li assecondano abbastanza o non comprano per loro l’iPhone ultimo modello».
Le ragazze e i ragazzi non riescono a diventare adulti, sembrano condannati ?a un’adolescenza interminabile.«In passato l’adolescenza ?era una fase di passaggio, codificata in maniera precisa fin dai primi del Novecento negli Stati Uniti, con l’opera fondamentale “Adolescence” di Stanley Hall. Fu un modo per dare una cornice chiara alle nuove generazioni ed evitare il rischio di turbolenza sociale, in una società con tanti immigrati da tanti paesi diversi. In un contesto in cui valeva il paradigma dei genitori e c’erano sbocchi lavorativi.
Ora che è venuto meno questo modello progressivo, assistiamo a periodi di stagnazione. Di fronte a questo fenomeno esistono due scuole di pensiero: alcuni ritengono che si tratti di una situazione transitoria, legata ?a una fase economica ?e sociale; altri invece sostengono che ci troviamo all’alba di una nuova epoca, ?in cui si diventerà adulti ?più lentamente».