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Attualità
maggio, 2018

L'Unione Europea "regala" i suoi segreti agli americani

L’incredibile vicenda della Icf, società di contractor vicina all’Intelligence Usa a cui la Ue rivela progetti e documenti in cambio di consulenze. E così, nella guerra commerciale scatenata da Trump, Washington parte in netto vantaggio

Una società di contractor, con numerosi incarichi al servizio dell’intelligence e delle forze armate degli Stati Uniti, da quattro anni accompagna le principali scelte della Commissione europea. Attraverso rapporti e valutazioni, l’agenzia privata che ha sede in Virginia affianca le decisioni del governo dell’Unione, di cui è presidente dal 2014 il rappresentante lussemburghese del Partito popolare, Jean-Claude Juncker.

Le consulenze richieste agli americani riflettono tutta la politica di Bruxelles. Ecco i 134 mila euro spesi dall’ufficio del commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici, per una valutazione sull’assistenza finanziaria all’Ucraina. E lo studio del 2017 sull’efficacia della “climate diplomacy” europea, la diplomazia sulle questioni ambientali che costituisce uno dei capisaldi della politica estera dell’Unione. C’è poi il supporto al progetto e all’attuazione in Cina del sistema europeo di scambio delle quote di emissione dei gas serra. Oppure la relazione sull’impatto economico degli accordi con la Turchia per mobilità e trasporti. Ci sono i 180 mila euro pagati per le proposte sulla mitigazione delle conseguenze ambientali dovute alla possibile estrazione di shale-gas dal sottosuolo europeo. E il parere sul regolamento che guida le indagini condotte dall’Olaf, l’ufficio anti frode. L’analisi sulla competitività dell’industria europea per le energie rinnovabili. E il rapporto da 202 mila euro sulle obbligazioni bancarie garantite nell’Ue, alla base della proposta di direttiva che cambierà il mercato. Ma anche le novanta pagine sulla praticabilità di tassi di credito alternativi. I 650 mila euro per la valutazione a supporto dell’immigrazione legale e l’intensificazione di efficaci strategie di rimpatrio. E il dossier sulla costituzione di una protezione civile europea.
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A US Intelligence and Army Contractor has advised major EU Commission decisions
21/5/2018

C’è molto, molto altro nell’elenco di consulenze che L’Espresso ha esaminato. Perfino la decisione sulla procedura di infrazione contro l’Ungheria, per presunti aiuti di Stato nello sviluppo di due reattori nucleari, non è stata una scelta completamente autonoma. Quasi ogni azione, provvedimento, proposta di Bruxelles sui temi più delicati è assistita da vicino dai consiglieri della società americana Icf Consulting. Anche se su alcuni di questi stessi temi gli Stati Uniti sono il principale concorrente dell’Unione Europea. E la stessa società è tra i più importanti fornitori di contractor e specialisti per l’intelligence e la difesa militare in tutto ciò che da Washington riguarda la cyberwar: la guerra totale sulle reti digitali, la raccolta e l’analisi continua di informazioni.

Non si tratta di spionaggio, ma di regolari contratti di appalto. Le direzioni generali, cioè i “ministeri” che fanno capo ai ventotto commissari europei, pagano addirittura decine di milioni l’anno per consegnare Oltreoceano notizie anche sensibili su tutta l’attività presente e futura della Commissione. E per ottenere successivamente consigli, valutazioni e studi. Una pratica che rischia oggi di rivelarsi controproducente, di fronte al pericolo di uno scontro diplomatico tra Europa e Usa: a cominciare dalle nuove tensioni commerciali fino agli accordi europei con l’Iran.

L’amministrazione del presidente Donald Trump si ritrova già così molto avvantaggiata: perché anche nella diplomazia chi possiede le informazioni vince. Non esistono infatti strumenti per impedire l’eventuale impiego ostile dell’immensa mole di dati raccolta in Europa. Alcuni manager della società americana, nella precedente carriera di analisti, ingegneri o super informatici da cui provengono, hanno tra l’altro giurato fedeltà come operatori dell’intelligence nelle forze armate Usa o come operatori della Nsa, la National security agency al centro dello scandalo nel 2013 per i programmi di sorveglianza di massa. Già cinque anni fa la potente agenzia americana per lo spionaggio informatico era particolarmente interessata ai governi dell’Unione Europea: secondo le rivelazioni del Datagate pubblicate dopo la denuncia dell’ex contractor Edward Snowden, tra i sorvegliati c’era anche l’allora commissario per la Concorrenza, Joaquín Almunia.

Questa però è tutta un’altra storia. Una scalata commerciale legale al cuore dell’Unione Europea. La società Icf ha cinquemila dipendenti sparsi nel mondo. Quotazione al Nasdaq e fatturato annuo di 1.2 miliardi di dollari, circa un miliardo di euro. La sede centrale è a Fairfax, un’ordinata cittadina della Virginia appena fuori Washington. A sedici minuti di macchina, andando verso la capitale, si arriva a Langley nel quartier generale della Cia. A venticinque minuti c’è il Pentagono. Ma sono solo coincidenze geografiche. La Icf americana opera al servizio della Commissione europea attraverso tre controllate: le due società di consulenza Icf Consulting Ltd, la quasi omonima Icf Consulting Services Limited, entrambe di Londra, e la società di comunicazione strategica Mostra Sa di Bruxelles, che invece assiste l’attività dei commissari attraverso campagne, pubblicazioni, conferenze e organizzando visite ufficiali.

Nel biennio dal 2014 al 2016 le tre società hanno incassato dall’Europa 108 milioni e 680 mila euro per un totale di 589 contratti di appalto direttamente amministrati dalle direzioni generali: 181 destinati alle due Icf di Londra, 408 alla Mostra di Bruxelles. Le spese per il 2017 non sono state ancora pubblicate dalla Commissione. La casa madre americana ha comunque dato notizia a gennaio 2018 di un ulteriore contratto di dieci milioni di euro per «rafforzare la cooperazione Europa-Cina sullo scambio di quote di emissione» dei gas serra.

La proposta di direttiva sull’unificazione del mercato delle obbligazioni bancarie garantite, che la Commissione ha recentemente presentato all’Europarlamento, rivela come le valutazioni della società di contractor americana entrino nelle decisioni fondamentali per il futuro dell’Unione Europea e dei suoi cittadini. Nel 2016 la Direzione generale per la stabilità finanziaria, che fa capo al vicepresidente lettone della Commissione, Valdis Dombrovskis, assegna per 202 mila 150 euro l’incarico di studio alla Icf Consulting Services Limited. Nel 2017 in aprile la società consegna il dossier su carta intestata della Commissione europea. Il 12 marzo 2018 la Commissione formula la proposta di direttiva: nelle 131 pagine la Icf Consulting e le sue analisi vengono citate 46 volte. Due giorni dopo il Parlamento e il Consiglio dell’Unione ricevono il documento da sottoporre all’esame dei parlamentari.

AI VERTICI UN VETERANO DELLA NSA
La scalata alla corte del governo europeo comincia dall’Inghilterra. Il 29 febbraio 2012 Icf International acquisisce a Londra la Ghk Holdings e tutte le sue controllate: tra queste, la Ghk Consulting Limited, già titolare di 54 contratti di consulenza con la Commissione europea per un valore di tre milioni e 300 mila euro. Due anni dopo, il 21 gennaio 2014, Icf annuncia l’accordo per l’acquisizione completa di Mostra: 40 milioni di fatturato, 140 dipendenti a Bruxelles e 137 contratti nell’anno in corso con le direzioni generali per un incasso di 19 milioni e 300 mila euro. A metà maggio 2014 cambia anche il nome di una delle società inglesi: Ghk diventa Icf Consulting Services Limited. L’assetto è ormai definito.

Mostra non lavora solo per la Commissione. Porta con sé appalti con l’Europarlamento, il Consiglio dell’Unione Europea e imprese private. A questo si aggiunge un ulteriore contratto di 70 milioni su quattro anni con la Direzione generale per le comunicazioni: è un progetto per «supportare la Commissione europea nelle sue comunicazioni digitali». Mostra qui opera in joint-venture con la società belga Ausy Group dando vita al consorzio NovaComm. Il passo successivo è il rifacimento del sito Internet istituzionale del governo europeo: «NovaComm», è scritto nella presentazione, «ha rinnovato la homepage della Commissione europea e ha creato pagine prioritarie dove sono riportate le dieci priorità del presidente Jean-Claude Junker. In collaborazione con il nostro Digital Trasformation Team e la Commissione europea, abbiamo realizzato una homepage più reattiva... Le pagine sono state lanciate il 1 novembre 2014 a mezzanotte, ora che coincide con l’insediamento della Commissione Junker».

Mentre consolida la sua presenza a Bruxelles, negli Stati Uniti Icf prosegue la sua attività di sempre. Il 27 maggio 2014 annuncia un contratto di 50 milioni di dollari per tre anni con l’Arl, il Laboratorio di ricerca dell’esercito americano. Icf deve fornire servizi di ingegneria e analisi per la difesa delle reti informatiche strategiche: «Arl ha sviluppato questo programma», spiegano dalla sede centrale di Fairfax, «per catturare e usare una vasta quantità di dati in tempo reale per convalidare la ricerca su nuovi strumenti e metodologie, per combattere le minacce alle infrastrutture critiche degli Stati Uniti». È uno dei progetti in corso per la sorveglianza totale della rete. Aggiunge l’allora vicepresidente di Icf, Bill Christman: «Icf è felice di continuare a fornire questo prezioso servizio allo Us Army Research Laboratory e di contribuire alla ricerca e allo sviluppo della prossima generazione di strumenti e tecniche per la difesa contro i crescenti attacchi ai network e ai dati». Con il laboratorio militare della base di Adelphi nel Maryland, la società di contractor collabora dal 1981.

Il primo agosto 2017, mentre a Bruxelles il rapporto con la Commissione europea è ormai consolidato, Icf si aggiudica un nuovo contratto dall’Arl: 93 milioni di dollari per il supporto a operazioni di difesa e per la ricerca nella cybersecurity, la sicurezza informatica. Spiega Samuel Visner, senior vice president di Icf: «Arl è la punta della lancia quando si tratta di sicurezza nazionale, responsabile per il monitoraggio continuo, l’analisi e la difesa delle operazioni informatiche delle forze armate degli Stati Uniti. Siamo orgogliosi di lavorare con Arl».

Il 12 febbraio di quest’anno la società Icf viene dichiarata tra le uniche due idonee per partecipare a un’altra gara d’appalto per il laboratorio dell’Esercito americano: un possibile contratto di otto anni con un tetto massimo di 175 milioni di dollari nell’ambito del programma di «comando, controllo, comunicazioni, computer, sistemi di combattimento, intelligence, sorveglianza e ricognizione». Sempre a febbraio l’Air Mobility Command dell’Aeronautica militare americana assegna a Icf un ulteriore incarico per dieci milioni di dollari.

Visner, vicepresidente di Icf fino all’autunno scorso e membro del National Intelligence Council, è un veterano dell’Nsa. Premiato con il massimo riconoscimento riservato al personale civile, era capo dei programmi di “signal intelligence” dell’agenzia di spionaggio, l’intercettazione delle comunicazioni attraverso la captazione dei segnali elettromagnetici. Secondo il suo curriculum, ha cominciato la sua carriera come socio della Booz Allen Hamilton, il fornitore di consulenze e analisi per la Nsa che anni dopo arruolerà Edward Snowden. Successivamente Samuel Visner è stato vice presidente di altre due aziende di contractor al servizio dell’intelligence e delle forze armate: la Saic-Science Application International Corporation, durante gli anni della seconda guerra in Iraq, e la Csc Global Cybersecurity. Oggi Visner è direttore del Centro di sviluppo e ricerca nazionale sulla sicurezza digitale. Bill Christman, anche lui vicepresidente di Icf, è un altro veterano dell’Nsa dove, come addetto alle comunicazioni criptate della Marina militare, ha lavorato al Naval Security Group. Dopo quasi diciotto anni ai vertici di Icf, dall’autunno 2017 Christman lavora per l’Army Reasearch Laboratory dell’Esercito americano.

James Morgan, vicepresidente esecutivo e direttore finanziario di Icf, ha invece lavorato diciotto anni alla Saic, la stessa società di contractor di Visner. John George, il direttore informatico di Icf, ha un passato al comando dei sistemi aeronavali della Marina americana. Jim Lawler, capo delle risorse umane di Icf, ha ricoperto lo stesso incarico per la Tasc, un altro fornitore di servizi digitali che opera per agenzie federali, tra le quali Nsa e Cia. Dave Speiser, vicepresidente esecutivo per le strategie, ha lavorato per quasi nove anni alla Saic di cui è stato anche vicepresidente. Randy James, altro vicepresidente di Icf, ha una certificazione attiva per acquisire informazioni Top Secret e per gli interrogatori alla macchina della verità, il poligrafo usato da Fbi, Cia e Nsa.

Ma anche scendendo tra i dipendenti, si incontrano ex militari o agenti. Come il direttore di programma che prima di passare alla Icf, ha lavorato quasi diciassette anni all’Nsa, o l’ex tecnico dell’Aeronautica specializzata in sicurezza delle comunicazioni, premiata dalla stessa agenzia di intelligence. Oppure Char Sample, direttore tecnico di Icf impiegata direttamente all’Arl, il laboratorio militare di Adelphi: «L’area di ricerca della dottoressa Sample», spiega il sito di Icf, «indaga il ruolo della cultura nazionale nei comportamenti relativi alla sicurezza informatica». Sono frequenti i casi di ingegneri, analisti, consulenti arruolati da Icf e destinati a Fort Meade, dove ha sede la Nsa, o ad Adelphi, nel centro di ricerca dell’Esercito.

Nel mondo senza confini del grande traffico digitale, quello che può ancora contare è il luogo in cui viene amministrata la grande massa di dati. Ma la Commissione e le sue direzioni generali sembrano non avere più nemmeno questo controllo. Gli indirizzi Internet delle tre società di consulenza su cui convergono email, documenti, relazioni e informazioni raccolte dai funzionari in Europa infatti non sono più europei. Il dominio mostra.com è oggi registrato negli Stati Uniti al numero 9300 Lee Hwy di Fairfax, la sede centrale di Icf. Mentre il dominio icf.com, così come appare sulla homepage della società, non porta a nulla: risulta infatti intestato alla Digital Privacy Corporation di Vista in California, il servizio online per nascondere i reali proprietari che appartiene a una rete di amministratori di siti anonimi. E qui le tracce svaniscono nella nuvola della rete.

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