In una intervista esclusiva a L'Espresso in edicola da domenica, il giornalista e scrittore boccia il governo gialloverde «arrogante e impreparato», e spiega l’addio a La Verità

“Salvini è fascista”, parola di uno che, dell’antifascismo e di una certa retorica resistenziale, è stato un fustigatore: Giampaolo Pansa.

Nel numero de L’Espresso in edicola domenica, il giornalista e scrittore, intervistato da Goffredo Pistelli, spiega che ha lasciato La Verità di Maurizio Belpietro, proprio per l’endorsement del quotidiano al ministro degli Interni: «Non ci sto in un giornale che vedo in preda a una deriva salviniana pazzesca» e, ancora, riferito al direttore, aggiunge che «non si può concludere un editoriale scrivendo ‘Viva Salvini’».

Secondo Pansa, il ministro degli Interni «è muscolare, è accentratore, è fascista nei modi, nelle cose», è uno cui «si legge in volto la prepotenza» e parla di «arroganza e impreparazione, che si accoppiano con quella del M5s».

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Pansa, classe 1935, uno dei decani del giornalismo italiano ancora in attività, dice la sua anche sull’inchiesta della Procura di Genova, sui milioni di finanziamento pubblico della Lega che oggi non si trovano più nelle casse del partito di Via Bellerio: «Salvini - dice il Pansa - ha fatto numeri terribili, fino a chiedere l’intervento di Sergio Mattarella. Ma andiamo! Senza dimenticare che quei soldi, sono danari del finanziamento pubblico, vengono dalle nostre tasche». «Neppure Silvio Berlusconi - prosegue Pansa - osò tanto».

Quanto al futuro politico del leader leghista, il giornalista dubita della prospettiva trentennale che lo stesso Salvini ha avanzato per sé: «Lo vedo incamminato lungo una strada che sarà disastrosa, per lui e per noi».
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L’autore de Il sangue dei vinti, peraltro, non risparmia nemmeno l’omologo grillino di Salvini, definendo Luigi Di Maio «finto pauperista», aggiungendo che il vicepremier pentastellato sarebbe «istigato da Beppe Grillo, uno che pensa di estrarre a sorte i senatori, capisce?».

E su uno dei pochi atti del governo gialloverde che si deve proprio a Di Maio, il decreto ‘Dignità’, Pansa è sibillino: «Una parola che trasuda moralismo. Siamo alla morale fatta per legge».