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Attualità
luglio, 2018

Il Mediterraneo, mare chiuso

Ancora morti. Ngli ultimi due anni e mezzo più di 8mila e 500, solo nella rotta centrale. Mentre la frontiera si sposta. E si chiude, verso la Libia. Stefano Liberti e Andrea Segre rimettono online il documentario che avevano realizzato nel 2012, per raccontare le vittime dei respingimenti dell'allora ministro Maroni. Per i quali l'Italia è stata condannata dalla Ue

Prima di chiudere i porti, il governo italiano e l'Europa avevano già iniziato a chiudere il mare. L'orrore nello sguardo di Josephine, l'unica sopravvissuta all'ultimo naufragio, è un orrore che è davanti ai nostri occhi grazie all'arrivo sul posto di “Open Arms”. Simile orrore accade, come ha più volte denunciato "L'Espresso" in molte delle prigioni dove vengono trattenuti, e riportati, migranti che partono dalla Libia.

Ora un dettagliatissimo studio di Forensic Oceanography, in mostra anche a Manifesta a Palermo, ha ricostruito come i limiti della zona “Sar” (ricerca e salvataggio) di competenza libica, istituita nell'agosto del 2017,fra gli accordi portati avanti dall'allora ministro Marco Minniti, siano diventati di fatto un modo per esternalizzare la frontiera.

Nei porti, considerati ancora «non sicuri» dall'Unione Europea, vengono infatti continuamente riportate persone che cercano di scappare dal loro paese. Senza che sia considerata la loro posizione, il loro potenziale diritto a una protezione umanitaria. Per questo, secondo diversi esperti di diritti umani, in particolare per l'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, in alcuni casi i salvataggi sarebbero piuttosto, di fatto, dei respingimenti collettivi. Demandati ad altri, ma in quanto a esiti, simili a quelli che aveva messo in atto, allora in modo diretto, l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni, intercettando e obbligando circa duemila migranti a tornare in Libia tra il maggio 2009 e il settembre 2010.

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Le barche venivano bloccate senza considerare le posizioni personali dei richiedenti asilo presenti. Per quei respingimenti l'Italia è stata in seguito condannata dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo. A bordo di quelle navi non c'erano giornalisti. Nel marzo del 2011, con la guerra in Libia, migliaia di persone si rifugiarono nei campi dell'Unhcr, nei paesi vicini. Stefano Liberti e Andrea Segre andarono allora a cercare in quelle tendopoli le testimonianze di chi era stato respinto dall'Italia. Le loro voci, il dolore di quei respingimenti, le conseguenze per le vittime, vennero così raccontate, almeno, ricostruite con dei nomi, dei volti. ZaLab, la casa di produzione, ha rimesso online il documentario per una settimana. Per ricordare la pagina violenta di allora. Che ritroviamo oggi, mentre il Mediterraneo chiuso continua a inghiottire vite: 8.538 persone uccise solo negli ultimi due anni e mezzo e solo lungo la rotta più pericolosa, quella centrale, quella verso l'Italia.

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