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Attualità
febbraio, 2019

«Non ci fotte nessuno»: la trap con i mitra in mano dei figli della 'ndrangheta

«Siamo i numeri uno»: in un video i giovani vicini ai clan Pesce e Bellocco di Rosarno inneggiano alla violenza e ai facili guadagni. Ma Glock 21 non rappresenta la Calabria migliore

Cantano in Calabria amici e parenti di boss della 'ndrangheta. Cantano stringendo in mano mitragliatrici pesanti, inneggiano che a loro “non li fotte nessuno” e che sono i “numeri uno”. «Rosarno è il nostro paese, non è il mondo che piace ma frate, è il mondo nostro. Non scherza la mia gente, ti riduce all'osso». Il cantante si fa chiamare Glock 21, come il modello della pistola usata spesso dalla 'ndrangheta in omicidi o attentati. Ma il suo vero nome è Domenico Bellocco, un giovane di Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, nel cuore del regno mafioso dei Pesce e Bellocco. Il cantante è nipote e cugino di affiliati alle cosche. E la canzone che adesso sta scuotendo successo in rete, con decine di migliaia di visualizzazioni in poco più di 48 ore da quando è stata caricata da Glock 21 su un canale di YouTube, è un'incitazione a stare con le bande. A stare dalla parte di chi con la violenza si arricchisce. Mutando il linguaggio delle cosche calabresi che si evolvono e mutano verso nuove generazioni. È il linguaggio che sembra essere cambiato, anzi evoluto.
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Non sono certo mafiosi questi ragazzi che partecipano al video, ma di fatto interpretano il peggio dei giovani e onesti calabresi, ne trasmettono un'immagine diversa esaltando il lato criminale  di una terra massacrata dai clan e di cui oni giorno sono vittime centinaia di persone oneste. Quello che cantano è la trap, è il genere musicale del momento. Trap deriva dallo slang di strada di Atlanta e indica il luogo dello spaccio. La corrente musicale è nata negli anni Zero negli Stati Uniti e i temi affrontati nelle rime erano soprattutto quelli del mondo della droga. Musicalmente la trap fa un uso massiccio dell’elettronica e l’autotune, l’effetto che robotizza la voce.



Glock 21 si circonda in questo video di altri ragazzi che hanno collegamenti con la 'ndrangheta per via dei genitori, dei fratelli, di nonni e zii che sono stati arrestati, processati e alcuni parenti sono attualmente latitanti, come il giovane fratello di una biondina, Sara Di Marte, 18 anni, che presta il suo volto al video. Il fratello Giusepep Di Marte è ricercato da tempo. È una famiglia legata a doppia mandata al clan di Ciccio Pesce “testuni”, il boss della piana.
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La passione per le canzoni di Domenico Bellocco, alias Glock 21, è una tradizione di famiglia, non perché cantanti – è escluso questo termine con il quale si intende nella malavita chi collabora con la giustizia – ma perché lo zio e il nonno componevano canzoni a favore della 'ndrangheta e contro i carabinieri che arrestavano i boss in latitanza. In alcune intercettazioni di vecchie indagini il mafioso Domenico Sibio, cantava al figlio piccolo una canzone composta da Gregorio Bellocco, inteso “Lupo solitario” durante la sua latitanza a cui aveva dato il titolo “u bunker”, la melodia calabrese è incisa sui nastri delle intercettazioni della procura distrettuale antimafia. Le parole del testo erano stata ispirate a Bellocco da avvenimenti realmente accaduti in cui i carabinieri del Ros avevano arrestato ricercati dentro un nascondiglio segreto. Da qui "u bunker". Ieri c'erano i cantanti melodici che lanciavano messaggi e raccontavano dei fatti criminali a difesa dei criminali, oggi assistiamo a una evoluzione nel linguaggio di chi sa parlare alla pancia dei criminali e lo fa con un nuovo mood musicale.

Tutto questo nuovo trap di Glock 21 che amici e affezionati stanno spargendo per la rete, si svolge a Rosarno territorio dei Pesce e dei Bellocco, un borgo trasformato più di trent'anni fa in un incubo grigio. Il grigio delle case non finite dalle tristi facciate in mattoni forati, da cui fioriscono tondini di ferro rugginosi; il grigio dei marciapiedi sbrecciati, o delle fabbriche con le tettoie in lamiera e i cancelli sbarrati. Una pazzia edilizia che non ha portato lo sviluppo e il benessere che tutti speravano. Persino il Municipio è stato in affitto, fino a poco tempo fa. E pure all’interno di quelle mura le ’ndrine hanno allungato i tentacoli. Nel 1992 e nel 2008 il Consiglio comunale di Rosarno è stato sciolto per infiltrazioni mafiose con decreto del presidente della Repubblica. Le indagini hanno riscontrato collegamenti diretti e indiretti di alcuni amministratori locali e di alcuni dipendenti comunali con la ’ndrina dei Pesce.

Tempo fa un’illuminata giunta di sinistra decise di offrire ai cittadini di Rosarno un anfiteatro di cemento armato. Idea ammirevole, peccato che si scelse di innalzarlo proprio all’incrocio di due strade trafficatissime: sono anni che sulle gradinate già sbrecciate non si siede nessuno ad ascoltare Sofocle o Euripide. Il palazzetto dello sport è stato progettato male perché il campo è troppo piccolo. Anche le poche fabbriche che davano un po’ di lavoro hanno i battenti serrati. Alcune, giù alla ex zona industriale, non hanno mai nemmeno aperto.

Da quando hanno capito che farsi la guerra non è conveniente, le ’ndrine dei Pesce e dei Bellocco appianano tutte le beghe a parole anziché con le armi e si accordano quando c’è da spartirsi un affare. Soprattutto un appalto. A Rosarno, grazie al business, non scoppia una faida da tempo. E i clan fanno soldi a palate.
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Possiedono società, imprese, negozi intestati a devote figure di copertura, e liquidità di denaro per decine di milioni di euro. E controllano il porto di Gioia Tauro. I Pesce e i Bellocco tengono sotto il giogo l’intero sistema economico. Tutti a Rosarno pagano la guardiana, il pizzo o la mazzetta, se vogliono continuare a lavorare tranquilli, senza incidenti. E così devono fare i proprietari terrieri della Piana, frazionata in micro appezzamenti (i «giardini») coltivati soprattutto a kiwi e ad agrumi, se vogliono vendere quello che producono.

Perché è la ’ndrangheta a controllare gli ortomercati, e se non sei in regola con i pagamenti la frutta la puoi lasciare a marcire sulle piante. Eppure, malgrado il loro criminale parassitismo, i clan godono del consenso di molti settori della società. Coi soldi che ricavano dalle attività illecite, infatti, creano lavoro dove il lavoro non c’è, e sono percepiti quasi come benefattori. Omertà e connivenza trovano spesso giustificazione nella convenienza, oltre che nella paura: meglio schierarsi con chi ti dà il pane che con uno Stato che ti promette sviluppo e benessere e poi latita e ti abbandona a te stesso. E sono sempre di più quelli che scelgono di affiliarsi, soprattutto a Rosarno. E adesso Glock 21 canta, canta la trap e dice che sono i “numeri uno” e che “non li tocca nessuno”. Ma i calabresi non sono tutti così. Questa è solo una canzone che mostra una piccola parte della mentalità di questa terra, il resto, è cioè la maggioranza, sappiamo che è migliore.

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