L'ondata sovranista non ha conquistato Strasburgo. Ma ha già minato le liberaldemocrazie. Per colpa nostra. Colloquio con Jan Zielonka
Ne usciremo? «Non sarà facile». La “controrivoluzione” che dà il titolo al suo ultimo libro uscito in Italia, e che racconta la “disfatta dell’Europa liberale”, non è un temporale estivo. I populisti-sovranisti non hanno conquistato la maggioranza a Strasburgo. Ma dalla Gran Bretagna che lo ha adottato, alla Francia, all'Italia, fino quell'Est europeo dove il suo ideale (insieme a quello di milioni di ex “sudditi” dei regimi comunisti) sembrava il luminoso futuro del dopo-Muro, le liberaldemocrazie scricchiolano. E se l'Europa liberale non è ancora alla disfatta, di certo è investita ovunque da forti venti contrari. Jan Zielonka, allievo di Ralf Dahrendorf, non è un “professorone” di Oxford, o non solo. Se da almeno un decennio è uno degli analisti politici più autorevoli d’Europa lo deve anche al fatto che lungo il tragitto iniziato con il “sogno liberale” dell’89 e approdato all “disfatta”, ha incrociato molti dei protagonisti della vita politica continentale e in qualche modo ha provato a indirizzare alcune scelte dai think tank di cui ha fatto parte. Ha “maneggiato” politica, insomma. Senza mai discostarsi dagli ideali liberali. E a chi oggi, da sinistra, contesta un difetto di visione prospettica ai cantori delle magnifiche sorti liberali dopo la caduta del Muro, Zielonka (che è cresciuto nella Polonia comunista) replica che la mela bacata che ha contaminato tutte le altre non è “il liberalismo” («Anche perché non c’è un solo liberalismo») ma il tradimento «pratico» dei principi liberaldemocratici. In altre parole: «I liberali al potere dicevano una cosa e ne facevano un’altra».
Ecco le ragioni della disfatta, secondo il politologo di Oxford: una serie di decisioni sbagliate nelle politiche economiche, sociali, geopolitiche, migratorie... E una su tutte: consentire che il neoliberismo colpisse quasi a morte il liberalismo. La resa alla presunta ineluttabilità del “Tina”, (Ther Is No Alternative) l’acronimo di conio thatcheriano che asseriva l’assenza di alternative alla dittatura dei mercati.
Questo significa, professore, che per i liberaldemocratici ancora al potere sarebbe sufficiente riavvolgere il nastro e mettersi a fare ciò che dicevano di voler fare, per arrestare la retromarcia innestata in larghe fette di Europa, di Occidente? «Non credo. La cosa più inquietante è che ormai il conflitto è ideologico e non ci sono al momento soluzioni pratiche per i conflitti ideologici. Sarà difficile uscirne senza grandi shock bellici o ambientali. Il rischio è che saremo sempre più polarizzati».
Una diagnosi severa. E una prognosi che lascia poche speranze... Sembrerebbe impossibile arginare quell’arretramento dei diritti, delle libertà. Il ritorno delle destre estreme. «Non è impossibile. Puoi sempre riparare, ma solo a condizione che tu abbia capito che cosa è successo».
E i liberali non lo hanno capito? «Quando nei circoli liberali si dice “dobbiamo fare autocritica” c’è sempre qualcuno che si oppone: “No, non possiamo essere negativi, ci sono le elezioni... Attacchiamo i populisti, diamo la colpa ai cinesi...”. Ma non ne esci senza capire che cosa è successo e senza fare autocritica. E nemmeno senza cambiare i leader che hanno sbagliato. Tutti, uno dopo l’altro. Una serie di errori lunghissima».
A cominciare da? «Per esempio da quando i leader europei, in una sola notte dopo la crisi del 2008, hanno deciso che la priorità assoluta era aiutare le banche. In una notte governi di destra e di sinistra hanno fatto la stessa cosa, senza pensare: aiutare le banche, con priorità a quelle multinazionali. Un aiuto per le banche multinazionali ma organizzato in modo nazionale: che tutti i Paesi paghino per le loro banche. Ma i diversi Paesi hanno diverse capacità di pagare... Problema: i soldi venivano dalle tasche del cittadino, quello stesso cittadino che quando chiedeva più soldi per la scuola, più soldi per le infermiere negli ospedali, per riparare strade e ponti, si sentiva rispondere che i soldi non c’erano. Poi in una notte si sono trovati, ma per le banche. Queste sono cose fondamentali per la legittimità della politica. Certo, sappiamo le ragioni che venivano addotte. Lorenzo Bini Smaghi diceva “non ci sono altre possibilità”. “Tina”, appunto. Diceva, come tutti gli altri, che senza quegli aiuti il crollo dei mercati finanziari avrebbe distrutto tutta l’economia...».
E oggi un liberale come lei ci dice che non era vero... «Non era e non è vero, ci sono sempre alternative. Era un problema ideologico: il liberismo era l’ideologia dominante, scegliere la strada ideologica era un automatismo. Così sono arrivati i populisti. In Polonia cosa è successo? È arrivato Kaczynski e ha detto: “adesso vi offro il dentista gratis per i vostri figli, il pranzo nelle scuole del villaggio e un pullman per le periferie”. Prima si diceva che non c’erano soldi per questo. Non era credibile: gli elettori hanno scelto qualcos’altro e l’economia non è crollata in Polonia. Non voglio dire che i populisti hanno idea di come cambiare le cose risolvendo questi problemi: fanno e faranno politiche neoliberiste sventolando la bandiera nazionale. Quello che voglio dire è che si devono vedere e mostrare delle alternative. Perché facciamo le elezioni se non puoi cambiare la politica, le scelte politiche? ».
E si potrebbe aggiungere: perché abbiamo fatto le elezioni se le opzioni in campo si riducevano a una, di impronta neoliberista? Le cosiddette élite si stanno chiedendo da un pezzo come sarebbero andate le cose offrendo all’elettore opzioni diverse. Ma le risposte non sono arrivate o sono state un po’ tardive, quando ormai montava l’onda populista... «Il liberalismo non è solo liberismo, è anche uguaglianza sociale. Ma questo equilibrio è stato distrutto. Abbiamo avuto troppa libertà e poca uguaglianza. È questo non è successo solo dopo la crisi del 2008, è cominciato molto prima. La diseguaglianza è cresciuta non solo dentro i Paesi ma anche tra i Paesi. Poi, naturalmente, la crisi ha reso la situazione ancora peggiore».
Le democrazie liberali covano per loro natura paradossi e contraddizioni... «La vita politica è sempre piena di contraddizioni. Il discorso politico, soprattutto adesso, sembra fatto di bianchi e neri, ma la vita non è così. Tutti i problemi che abbiamo sono stati creati da uomini, non sono piovuti dal cielo. La globalizzazione non è piovuta dal cielo, o dalla Cina. Noi siamo stati gli agenti di questa globalizzazione: abbiamo privatizzato, deregolato, e adesso dobbiamo pagare le conseguenze. Dovremmo ammettere di aver sbagliato».
Al di là della lunga serie di errori concreti che lei elenca, vede, l’incapacità di produrre una narrazione convincente dei principi liberali all’origine della “disfatta”? «Contano i fatti, le responsabilità politiche. Ma certo anche le narrazioni sono importanti. Io ho l’impressione che la causa liberale sia stata seducente soprattutto per la mia generazione. Io sono un figlio della caduta del Muro. Oggi è un altro mondo. Il nostro racconto ha funzionato per molti anni... Ma non abbiamo fatto le riforme che richiedeva e adesso paghiamo per questo. Le persone a un certo punto se ne sono accorte e quando hanno cominciato a fare domande abbiamo cominciato con gli “spin”, con la propaganda manipolatoria. Oggi si parla di post verità ma anche noi liberali siamo maestri di “spin”. Non l’ha inventato Trump. Se vuoi pensare all’Europa del futuro devi coinvolgere i protagonisti del futuro, le nuove generazioni. E non basta ascoltarli i giovani, o dar loro voce. Devi dargli potere vero per cambiare le cose, devono sentirsi i proprietari del loro futuro. La nostra narrazione non è la loro. Loro sono cresciuti senza muri, con Internet, non conoscono le frontiere. Io vorrei che l’Europa esercitasse ancora un sex appeal. Ma per farlo deve seguire lo “Stoccolma consensus”, non il “Washington consensus”. Deve esercitarlo con i diritti umani, la tolleranza, l’integrazione, una politica migratoria seria, non ipocrita».
Tutto questo non sembra avere un grande sex appeal al momento... «Non ce l’ha perché lo abbiamo tradito. È sbagliato pensare che in Europa sono tutti xenofobi. Molti votano i populisti perché sono stufi di una politica non solo immorale, ma anche inefficiente. Prendi le politiche migratorie. I governi “liberali” di destra o sinistra hanno tolto aiuti all’Africa, abbandonato l’idea di sviluppo in quei Paesi, fatto amicizia con dittatori per tenere migranti lontano, venduto armi. Hanno bombardato... e poi hanno lasciato tutto nelle mani delle milizie. E siamo sorpresi che la gente è stufa di questo?».