“Lei deve essere il presidente della Repubblica che più degli altri mette l’accento sulla geografia, che prenda la corriera, che ascolti la messa in una chiesa di campagna, che visiti le carceri e i luoghi dove stanno gli stranieri, che almeno una volta la settimana fa visita a un ospedale”. La lettera dallo speciale dell’Espresso

Caro Presidente,

mi piacerebbe che appena eletto si facesse un giro nei paesi più spopolati d’Italia. Lei deve essere il presidente della Repubblica che più degli altri mette l’accento sulla geografia, senza dimenticare la storia (l’Italia è il Paese che ha inventato il fascismo e non deve riproporlo in nessun modo).

Abbiamo bisogno di un Presidente che prenda la corriera, che ascolti la messa in una chiesa di campagna, che visiti le carceri e i luoghi dove stanno gli stranieri. Un Presidente che almeno una volta la settimana fa visita a un ospedale: la nostra dovrebbe essere una Repubblica fondata sul rispetto del dolore. Mi aspetto che lei si rivolga ai ragazzi italiani e dica loro di tornare in Patria, perché è il momento di ricordare a tutti che abitiamo in un posto straordinario. Vorrei un Presidente che parli spesso di agricoltura e pastorizia: la nostra agricoltura è più pulita delle altre e deve esserlo sempre più. E i nostri prodotti agroalimentari sono tra i più richiesti e devono diventare la nostra vera farmacia. Vorrei che al Quirinale ci fosse una giornata dedicata ai contadini: un Presidente che ci dica come stanno le api, come è andata la raccolta del grano o delle olive. Una nazione poggia sul suolo: attenzione a non impoverire la nostra terra, a non perdere la sapienza nel raccogliere le acque, nel lavorare sulle terre oblique.

Ancora: vorrei un Presidente che si batta contro la depressione, è qui il nero dell’Italia, è in una nazione che non canta, che ride poco, che ha fatto della scontentezza la vera bandiera nazionale. Lei, caro Presidente, deve essere prima di tutto un consolatore, deve essere un sarto bravissimo a cucire i nostri stracci per farne un vestito bellissimo: attenzione a un regionalismo nato male e realizzato peggio che sta aumentando le disuguaglianze tra Nord e Sud.

La sua scelta è stata frutto di laboriose trattative, ora è lecito che lei tradisca chi lo ha eletto, chi da lei si aspetta una semplice manutenzione delle regole e non un deciso assalto alle ingiustizie sociali. È ora di farla finita con la guerra dei ricchi contro i poveri: i salari dei lavoratori in trent’anni sono diminuiti del 2,9 per cento. La sua presenza deve essere lievemente imbarazzante: il rispetto della Costituzione non vuol dire essere prevedibili, standardizzati. E poi lei non è il Presidente solo di noi umani. Si ricordi che fanno parte della nostra vita anche gli animali e le piante. E si ricordi anche che siamo la nazione di Dante e di Petrarca, di Penna e di Caproni. Allora chieda al Parlamento di iniziare le sue sedute con la lettura di una poesia e così pure il Consiglio dei ministri e il pranzo e la cena delle nostre famiglie.

Infine, caro Presidente, si ricordi che i soldi spesi per gli armamenti sono un insulto alla povertà e andrebbero spesi per dare lavoro buono ai ragazzi. Le vere armi per l’Italia del terzo millennio sono la generosità e la gentilezza. La competizione non è sulle colpe ma sull’innocenza. Prima che una potenza economica bisogna aver cura di essere una potenza morale.