Diritti
L’appello alla titolare del dicastero dell’Università dopo i recenti suicidi di ragazzi, motivati anche dalla pressione percepita negli studi. «Gli atenei devono poter rispondere immediatamente al bisogno di chi la frequenta dicendo: “Io ci sono. Io ti aiuto”»
di Chiara Sgreccia
«Basta contare i morti. Chiediamo l’attivazione immediata di un tasto per l’aiuto psicologico urgente sulle piattaforme online di tutte le università italiane». Dopo l’ultima studentessa che ha deciso di togliersi la vita anche a causa del malessere percepito per le difficoltà nel rispettare i tempi e le modalità del percorso di studi, l’editoriale indipendente Aestetica Sovietica ha lanciato un appello alla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini affinché non accada di nuovo. Perché a vent’anni non si può pensare di aver fallito, non così tanto da togliersi la vita.
L’università, come si legge nel testo condiviso da migliaia di studenti: «Deve poter rispondere immediatamente al bisogno di chi la frequenta dicendo: “Io ci sono. Io ti aiuto attraverso le competenze di un professionista perché la persona viene prima della tua laurea. Se hai problemi con le tasse, difficoltà di carattere economico, arretrati, incombenze a cui non puoi far fronte, io ci sono. Non sarò il tuo strozzino. Non ti metterò alle strette con i tuoi genitori o con il lavoro che fai per mantenerti fuori, senza un alloggio che non ho saputo fornirti».
Dall’inizio del 2023 si sono suicidati tre universitari: a Milano una studentessa Iulm si è uccisa all’inizio di febbraio. Nel suo messaggio d’addio aveva definito la vita un fallimento. Pochi giorni prima uno studente della facoltà di Economia di Palermo aveva fatto lo stesso a una settimana dalla sessione d’esame. Nella serata del 1° marzo è stato ritrovato il corpo senza vita di una studentessa della Federico II di Napoli. Si crede che il suicidio sia legato alle difficoltà nell’affrontare l’esame di latino.
«Stanotte nessuno di noi ha dormito. Se ci sono malesseri forti, vi chiediamo di segnalarceli. Noi non siamo solo erogatori di didattica, ma vogliamo aiutare i nostri più deboli e fragili. Abbiamo gli strumenti per farlo, abbiamo delle persone che si occupano a tempo pieno di questo. Ma se il malessere non si manifesta, diventa impossibile per noi intervenire». Così Matteo Lorito, il rettore dell’università napoletana ha commentato la tragedia.
Anche la ministra Bernini dopo il suicidio della studentessa Iulm aveva sottolineato l’importanza del supporto psicologico, promettendo che sarebbe stato istituito un presidio in tutti gli atenei. Ma purtroppo non basta. Perché, come ha sottolineato anche l’Unione degli universitari di Lecce in una lettera inviata al Ministero, per raccontare la situazione di disagio vissuta: «Nella maggior parte degli atenei questo servizio c’è già. Abbiamo bisogno di una figura che si occupi di agire sui modi poco funzionali che abbiamo interiorizzato con la cultura del merito, quella che ci fa pensare che ci si debba necessariamente laureare in poco tempo, avere volti alti e essere stressati durante le sessioni d’esame».
Ma il problema dell’università è strutturale, denunciano gli studenti che da mesi riempiono le piazze delle principali città d’Italia. Chiedono di essere ascoltati, che il disagio che vivono ogni giorno venga preso in considerazione. Perché “di università non si può morire”, schiacciati dal peso dell’eccellenza.