Cultura
7 dicembre, 2007

Pop art 1956-1968

Warhol ha serigrafato Marilyn, gli stivali di Elvis, la Coca-Cola. Lichtenstein ha eletto ad arte filo e spugna. Rotella manifesti del cinema

I fortunatissimi pochi che lo hanno incontrato nel 1962 a Roma ricordano Andy Warhol timido, silenzioso, interessato soltanto a fotografare con l'inseparabile Leika le persone che gli venivano presentate. Forse non ne era del tutto consapevole, ma con l'uso compulsivo e seriale della fotografia l'artista aveva già inventato la Pop Art. Alla più importante espressione artistica della seconda metà del Novecento, consacrata dalla celebre, trasgressiva Biennale d'arte di Venezia del 1964. A questa lunga stagione artistica, antiautoritaria e provocatoria, anticipatrice dei grandi movimenti politici del '68, è dedicata una grande mostra "Pop Art! 1956-1968", alle Scuderie del Quirinale a Roma fino al 27 gennaio 2008.

Il catalogo, in edicola con "L'espresso" o "Repubblica", racconta in oltre cento immagini e in saggi critici la straordinaria avventura di questo movimento e degli artisti americani ed europei che hanno portato l'arte fuori dai suoi santuari e, dentro l'opera, hanno trascinato tutti gli oggetti della quotidianità, marchi, insegne, simboli e miti della contemporaneità.
Warhol ha serigrafato Marilyn e Jackie Kennedy, Elvis e i suoi stivali, i fiori e la Coca Cola; ma anche incidenti stradali, terremoti e catastrofi vari e perfino la sedia elettrica. Roy Lichtenstein ha fatto diventare arte pezzi di spugna, rocchetti di filo, pneumatici. Ed Ruscha i distributori di benzina, Rotella i manifesti del cinema: nuovi e, ancor più logorati dall'uso, gli oggetti sono diventati icone.

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