Cultura
18 maggio, 2007

Piero Manzoni e la sua epoca

Una mostra esclusiva al museo Madre di Napoli che illustra l’intero percorso dell’artista principe della neoavanguardia italiana nel contesto storico e culturale degli anni dal 1956 al 1963

Si inaugura il 19 maggio al museo Madre Donnaregina di Napoli (fino al 24 settembre) una grande mostra dedicata a Piero Manzoni (Soncino 1933 - Milano 1963), protagonista assoluto della neoavanguardia italiana.
Un omaggio all'opera breve ma intensa di un artista che, in trent'anni di vita e sette di lavoro, ha sconvolto i valori estetici tradizionali, recuperando suggerimenti dadaisti e anticipando  le tendenze dell'arte povera e concettuale.

A dieci anni dall'ultima antologica, la mostra di Napoli  si presenta come un eccezionale appuntamento con la storia, dal 1956, quando Manzoni aderì al Movimento Nucleare, alla soglia del 1963. Sette innovativi anni visti attraverso 200 opere che provengono da collezioni pubbliche e private europee e nordamericane e documentano la ricerca pittorica dell'artista, a partire dai catrami e dalle impronte di oggetti, fino a tutte le tipologie di Achrome, termine da lui coniato - letteralmente "non colore" - per esprimere la distanza che separava il suo lavoro sia dalle istanze irrazionali e gestuali dell'Informale, sia dalla pittura monocroma a lui contemporanea e per affermare il valore primario dei materiali utilizzati, dal caolino al gesso, dalla tela al peluche, dalla fibra naturale in cotone a quella artificiale in vetro, al polistirolo.

Si passa poi attraverso le Linee tracciate, realizzate dal '59 al '61 su rotoli di carta di varie lunghezze e chiuse in cilindri di cartone etichettati e firmati, e si arriva alle Uova scultura, ai palloncini con il Fiato d'artista e alle scatolette di Merda d'artista da 30 gr. messe in vendita al prezzo di altrettanti grammi d'oro ciascuna: interventi dissacranti, atti demistificatori nei confronti di tutto ciò a cui la società annette un valore; sullo sfondo una critica ironica al mercato dell'arte disposto a comprare tutto purché firmato.  
La particolarità che rende questa mostra antologica unica al mondo fra quelle finora realizzate è data dall'approccio metodologico adottato dal curatore, il critico d'arte Germano Celant, uno dei più autorevoli esperti dell'opera manzoniana. "Da più di vent'anni organizzo mostre su Manzoni in giro per il mondo - spiega lo studioso - ma questa volta, in una città culturalmente fervida e aperta come Napoli e in un museo nuovo, ho voluto sperimentare una metodologia inedita: ho cercato infatti di documentare  l'intero percorso dell'artista lombardo, collocandolo all'interno del contesto storico e socio-culturale negli anni tra il 1956 e il 1963, data della sua scomparsa.

Sulle pareti del Madre scorrono quindi due filoni informativi, da un lato il cammino creativo di Manzoni e dall'altro i dati sugli avvenimenti fondamentali che hanno accompagnato la sua opera". Il visitatore si troverà quindi a confronto con una mostra retrospettiva che non vive in un limbo senza ancoraggio alla storia, tipico delle stanze bianche museali, ma prende forma in un intreccio tra l'avventura personale dell'artista di Soncino e i suoi referenti nazionali e internazionali. Così accanto a tutta la produzione di Manzoni saranno presenti lavori di Fontana e Burri, Klein e Castellani, Mack, Paolini e Uncini, in un rimando continuo e speculare per capire quali sono stati gli effetti e le reciproche influenze. Un'immersione nel tempo che tenta di portare l'opera di un artista nel magma della propria epoca. Lavorando sulla trama degli eventi che hanno segnato la carriera di Manzoni rispetto alla ricerca artistica postinformale, Celant ha cercato di portare a Napoli sia i momenti caratteristici del suo contributo come gli Achrome -che traducono il quadro, così come l'artista teorizza nei suoi scritti, in uno "spazio autonomo" dalle illimitate possibilità e non un semplice "recipiente di colori e forme"- sia le anticipazioni concettuali e performative che Manzoni immette nella ricerca europea e americana.

Da qui l'attenzione portata all'impatto delle Linee, trasformate in un processo concettuale puro: nel 1960 l'artista realizza in Danimarca la Linea di Herning, lunga 7200 metri,  la prima di una serie di tracciati che dovevano essere sepolti nelle principali metropoli del mondo, al fine di uguagliare con la loro lunghezza la circonferenza della terra. "Un'idea estrema del pensare l'arte come dimensione terrestre - spiega ancora Celant - che anticipa le visioni di molti land artists, da De Maria a Heizer". Una volta che il quadro ha preso la sua strada di oggetto autonomo, l'artista si trova solo davanti alla sua soggettività e perciò comincia a emettere "tracce del suo corpo", come sangue, fiato, feci quali opere d'arte. "Siamo negli anni dal '59 al '63 - conclude il curatore della mostra - in cui si sviluppano gli happenings da Kaprow a Oldenburg, da Dine a Gutai, da Klein a Beuys, e si comincia a diffondere la visione Fluxus del corpo come oggetto d'arte e produttore di immagini".

Una delle performance più famose di Manzoni è quella che si tiene a Milano il 21 luglio del 1960: la Consumazione dell'arte dinamica del pubblico divorare l'arte. L'artista firma con l'impronta del pollice alcune uova sode (bollite all'inizio della mostra) che vengono distribuite al pubblico e mangiate sul posto. Una riflessione sul senso dell'arte, che si sposta dal manufatto artistico alla sua comunicazione: il pubblico entra in contatto con l'arte e ne viene fisicamente trasformato. "Non c'è nulla da dire - scrive l'artista -  c'è solo da essere, c'è solo da vivere".  Per questo chi sale sopra una Base magica diventa una scultura vivente.  Con la Base del Mondo, invece, un parallepipedo in ferro capovolto al suolo per sostenere l'intero pianeta,  ogni cosa,  mobile o immobile, umana e animale, naturale e artificiale viene eletta a opera d'arte.

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