Cultura
17 settembre, 2008

Julianne rossa shocking

Un ruolo da Oscar. Scritto da un Nobel. La Moore parla del suo prossimo film. Pieno di quesiti etici

È rossa e se ne vanta. Del resto, questo a Hollywood, ma anche nel mondo della pubblicità, è il momento delle donne dai capelli rossi e dalla pelle diafana (e un po' di lentiggini non guastano): forse perché corrispondono all'immaginario romantico, che oggi celebra donne di una bellezza non classica e conturbante. Lei, Julianne Moore, ha appunto i capelli rossi naturali come la chioma di un leone, e come un leone è impavida.

C'è un filo (rosso anche quello...) che collega coraggio e fierezza al colore dei capelli? "Domanda strana, non ci avevo mai pensato prima", dice ridendo Julianne Moore, 48 anni a dicembre. "Di certo mi ritengo una donna coraggiosa a livello sia emotivo sia creativo, come spero di aver dimostrato nei miei film", dice l'attrice, quattro volte candidata all'Oscar.

L'abbiamo incontrata a Toronto in occasione del lancio del suo nuovo film, 'Blindness', il thriller futuristico del regista brasiliano Fernando Meirelles. "Ma non sono altrettanto coraggiosa dal punto di vista fisico, anzi, mi considero una codarda: ho sempre paura di farmi male, sì, anche come attrice, quando mi tocca girare scene d'azione. E tremo al pensiero che i miei figli si feriscano o si rompano qualcosa mentre giocano o fanno sport. Dal punto di vista interiore però non ho mai paura: anche se, recitando, devo esplorare le dimensioni più dolorose e oscure di un personaggio tormentato".

Il coraggio di mostrare il suo corpo di certo non le manca. E anzi sembra aumentare con gli anni, e con la coscienza che una donna è davvero bella quando è una donna vissuta (vedi il suo recente nudo per la copertina di 'Vogue'). Da quando, nel '93, si esibì nuda dalla cintola in giù (e rossa come il fuoco) nella scena del litigio coniugale in 'America oggi' di Robert Altman, il nome di Julianne Moore è diventato sinonimo di audacia.

Ha interpretato una pornodiva in 'Boogie Nights', una moglie impasticcata in 'Magnolia', un'altra depressa e tendente al suicidio in 'The Hours' e una cornificata dal marito segretamente gay in 'Far from Heaven'. E ha avuto l'ardire di sostituire Jodie Foster nel ruolo dell'agente dell'Fbi Clarice Starling in 'Hannibal', il seguito de 'Il silenzio degli innocenti.'

In quasi tutti i suoi film la Moore esibisce una presenza quasi spettrale: la pelle chiara come la nebbia, su cui spiccano gli occhi scuri e profondi. Un look peculiare che piace molto, appunto anche ai designer di moda e case cosmetiche come la Revlon, per cui è da anni modella e testimonial.

Sposata al regista Bart Freundlich (dieci anni più giovane di lei), da cui ha avuto i due figli Caleb (dieci anni) e Liv (sei), è nata in North Carolina ma vive da sempre a New York. In Italia si è vista da poco in 'Savage Grace', variazione edipica sul caotico rapporto tra due coniugi e il figlio con disturbi mentali. 'Blindness', che uscirà a gennaio 2009, tratto dal romanzo del premio Nobel José Saramago, narra di una epidemia che priva della vista l'intera popolazione.

Julianne Moore, l'unica persona rimasta immune al virus, è costretta a fingere la cecità prima per stare vicino al marito, poi per sopravvivere e portare gli altri alla salvezza.

"Ho accettato subito questo ruolo perché volevo ritrovarmi come attrice in un posto dove non sapevo cosa mi sarebbe successo a livello emotivo", racconta l'attrice, elegantissima, fasciata da un abito di seta rosso come i suoi capelli. "È stato scioccante per me sentirmi addosso la violenza del film. Accettiamo la violenza nel cinema quasi con nonchalance, eppure nella vita reale, quando ce l'hai di fronte, è terrorizzante, e Fernando Meirelles mi ha permesso di toccarla. Il mio personaggio non è eroico: è una donna normale, che diventa però capace di tutto, anche di uccidere, per affrontare le sue responsabilità. Ma io non sono così: io non potrei uccidere nessuno", dice.

Nemmeno per i suoi figli? "Non saprei rispondere, ed è proprio questo di cui parla 'Blindness'. Saresti capace di uccidere per salvare qualcuno? Sarebbe un atto eroico o vile? Non so dare una risposta precisa. Un vero artista pone quesiti senza affermare verità assolute. È così che io affronto la vita. Con convinto relativismo".

Julianne Moore, insomma ci tiene a dimostrarsi per quel che è: intelligente, ironica e colta (e anche per questo che risulta sexy). Infatti l'amore per il cinema per lei è figlio dell'amore per i libri: "La mia passione per tutto ciò che è narrativa deriva dal fatto di aver avuto un'infanzia e adolescenza molto movimentate", spiega, riferendosi ai continui spostamenti della famiglia al seguito del padre, un giudice militare, in vari Paesi in Europa e America Centrale.

"Ogni anno cambiavo scuola. Cercavo rifugio nelle biblioteche. Leggevo romanzi con avidità quasi frenetica. La vita peripatetica ti costringe ad adattarti, ti costringe a trovare un modo per inserirti. Ma è stato soprattutto l'amore per la letteratura che mi ha fatta diventare attrice. E anche ora, ho iscritto i miei figli a una scuola di quaccheri a Manhattan, dove fanno leggere e studiare, senza distrazioni mondane. I bambini non mi hanno ancora mai vista in un film. Non sanno bene quello che faccio: a loro interessa solo avere una madre e un padre, ed è giusto che sia così".

Nei film piange spesso: ma quando ha pianto l'ultima volta davvero? "Quando mio figlio ha finito la quinta elementare!", risponde subito la Moore. Che come madre ha sofferto molto, ma solo al cinema. "Non ho mai vissuto i tormenti spirituali e affettivi di tante donne da me ritratte sullo schermo. Non bisogna confondere la finzione con la vita reale. Non porto mai i personaggi a casa: fuori del cinema conduco una vita normalissima".

Una vita in cui il lavoro è tuttavia tornato a essere una costante: negli ultimi mesi ha finito di girare 'The private lives of Pippa Lee', scritto e diretto da Rebecca Miller (figlia di Arthur Miller) dove recita accanto a Monica Bellucci, Keanu Reeves e Robin Wright Penn, e il thriller soprannaturale 'Shelter' con registi Mans Marlind e Bjorn Stein. "Ma rispetto a quello che viviamo", dice, "la recitazione è come una vacanza. Ti lasci andare a un'altra dimensione, a un altro tempo, e fai finta di non essere te stessa. Io so bene chi sono, e posso permettermi di divagare".

Ma le scene di sesso, le affronta con imbarazzo nei film? "Nessuno lo fa davvero come lo fanno al cinema. E nella vita vera non indossi sempre lingerie super sexy. Se poi uno mi strappasse in malo modo i vestiti di dosso, come mi è capitato recitando, lo ammazzo: ecco una cosa per cui ucciderei...".

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