GUARDA 'Tra le nuvole', il nuovo film di Clooney alla festa di Roma
Un po' Gordon Gekko, lo squalo di 'Wall Street', un po' l'avvocato furbo Michael Clayton, e un po' - c'è bisogno di dirlo? - Cary Grant al top del suo fascino. Con la commedia 'Up in the Air' ('Tra le nuvole'), uno dei film più attesi della Festa del Cinema di Roma, George Clooney esibisce un'ampia gamma della sua versatilità. Nel film diretto da Jason Reitman (quello di 'Juno', già trionfatore a Roma) e tratto da un romanzo di Walter Kim, il suo personaggio, Ryan Bingham, è un colletto bianco. Il suo mestiere? È un esperto nel licenziamento degli impiegati di grandi compagnie. Ryan offre le sue prestazioni al miglior offerente e svolge le sue mansioni non solo con molto cinismo ma addirittura con un pizzico di gusto sadico. Il tagliatore di teste si sposta freneticamente da una città dell'America all'altra, afflitto di una specie di nevrosi che poi è la metafora del capitalismo. Un giorno però incontra per puro caso un'anima gemella (Vera Farmiga). Quell'incontro finisce per sconvolgere le sue coordinate esistenziali, professionali e tutte le sue certezze.
Insomma, il cinema americano continua a esplorare due temi: il capitalismo (e si veda l'ultimo Michael Moore) e l'amore casuale che cambia la vita anche a chi sa pianificare tutto (si veda l'ultimo Woody Allen). Il carnefice Clooney però (a differenza dei personaggi di Moore), scopre il suo volto umano, e anzi grazie alla bravura dell'attore risulta simpatico e carismatico. Clooney, 48 anni, residente ormai fisso in Italia (nella villa a Lario, sul Lago di Como), sarà presente a Roma, forse accompagnato dalla fidanzata, Elisabetta Canalis. E in questa intervista si dimostra impegnato politicamente, spiritoso, conscio del suo status mitico, ma autoironico.
Mister Clooney, il film prima di tutto. Si può far ridere il pubblico, parlando della crisi economica e della gente che viene licenziata?
"Il copione di 'Up in the Air' era stato scritto diversi anni prima del crollo finanziario. Era una sofisticata commedia a tutto tondo. Poi pian pian, il regista ha voluto introdurre elementi di attualità. E così, a guardarlo si ride, ma c'è anche la commozione. C'è tanta gente che si identifica con le vittime della logica del profitto, una logica che è diventata troppo forte, anzi, dominante".
Sta dicendo che non le piace il personaggio di Bingham, il tagliatore delle teste?
"Un attore cerca sempre di rendere il suo personaggio comprensibile al pubblico e stabilire con esso una sorta di empatia. Ma confesso: ho fatto fatica a redimere il mio personaggio. A me gente così, senza scrupoli mi fa specie. Io vengo da una famiglia del Kentucky che ha sempre faticato a sbarcare il lunario. Mio padre era giornalista e conduttore di programmi culturali in piccole tv locali, mia madre faceva l'insegnante. Erano persone oneste, che vivevano del proprio lavoro. E l'etica del lavoro non è mai mancata nella mia educazione. Non ho mai dimenticato le mie origini umili, pur in un ambiente colto e stimolante. Io sto sempre dalla parte dei lavoratori. Una delle cose più belle di questo film per me è stata quando siamo andati a Detroit e abbiamo messo un annuncio nel giornale cercando disoccupati per alcune scene. Alla fine 25 persone sono potute entrare nel Sag, la gilda degli attori, grazie a noi. Ci sono attori di Hollywood che non ci sono ancora riusciti, eppure lavorano da anni".
Lei non si sente quindi parte dell'élite dei ricchi e famosi?
"Mi sento solo parte della comunità di artisti che cerca di realizzare le proprie visioni e sogni. Certo, a me è andata bene. Ma ricordi che ho fatto la fame pure io prima di svoltare, del tutto casualmente, con la serie 'E.R.'. All'epoca avevo già 35 anni. Ecco perché mi guardo bene dal darmi delle arie. Se c'è da fare una fila, mi metto in coda come tutti, come sui set dei miei film, quando all'ora del pranzo prendo il vassoio e aspetto il mio turno. Detesto chi approfitta della sua posizione sociale per scavalcare gli altri. E so benissimo che l'atmosfera serena su un set dipende molto dall'atteggiamento della star di turno".
E allora come spiega che lei vola quasi sempre su jet privati? È un'accusa che le viene mossa spesso.
"In realtà prendo voli di linea. Ogni tanto mi viene offerto un jet privato, e lo uso perché è bello starsene per conto proprio, senza che ti scattino la foto mentre dormi con la bava che ti scende dalla bocca".
In 'Up in the Air' recita con due attrici in ascesa, Vera Farmiga e Anna Kendrick.
"Anna Kendrick ha appena 24 anni. Penso che sia una di quelle attrici di cui si sentirà parlare molto dopo questo film. Non avevo idea di chi fosse finché non l'ho conosciuta sul set. Ho tentato di farla licenziare, per invidia e per paura che offuscasse il mio personaggio. Ma il regista non ha voluto darmi retta. In quanto a Vera Farmiga, ho fatto pochi film in cui la chimica con un'attrice ha funzionato così bene come con lei. Forse perché Vera aveva avuto un bimbo da pochi mesi, doveva rimettersi in forma e aveva una sorta di vulnerabilità, mi sono sentito molto vicino a lei".
Sembra aver ormai scelto l'Italia come sua residenza primaria. Cosa ha scoperto da noi?
"Comprare la villa a Lario è stata la cosa più bella che mi sia capitata nella vita. All'inizio ero intimorito. Non avevo mai fatto vacanze: prima perché ero disoccupato e non avevo soldi, poi perché lavoravo troppo. Così quando ho comprato la casa, per molti meno soldi di quanto valesse, devo confessare, ho cominciato ad andarci in ferie. Oggi, ogni volta che vengo ci sono sempre 10-15 persone a cena: si chiacchiera, si beve, si fa tardi. È un gran bel modo di vivere. Peccato che non sappia ancora niente delle donne italiane... Sto scherzando, ovviamente. Comunque mi piace l'Italia. Mi piace osservare le persone che lavorano a casa mia, operai, falegnami: cantano mentre lavorano, si fermano a sorseggiare del buon vino, ridono dicendo cavolate. In America questo è impensabile".
Ha iniziato a girare un nuovo film in Italia.
"Si chiama 'The American'. Lo stiamo girando in Abruzzo, nei luoghi colpiti dal terremoto. È basato su un libro intitolato 'A very private gentleman' di Martin Booth. Il libro lo conoscete. Racconta di un inglese, che vive in un paesino del Sud d'Italia e viene chiamato dagli abitanti Mr. Butterfly (signor Farfalla). La gente pensa infatti che l'uomo sia un innocuo pittore di farfalle, innamorato del sole e dei colori d'Italia. Invece si tratta di un trafficante d'armi, complice di assassini. Il film, diretto da un regista olandese 44enne e di grande talento, Anton Corbijn (è anche un ottimo fotografo), trasforma quella storia in una sorta di western alla Sergio Leone. Io sono il killer e mi nascondo in un piccolo paesino in Abruzzo. Sono felice di poter aiutare questa terra, se non altro mettendo in risalto le sue bellezze in questo piccolo film".
Nel 2005 ha diretto 'Good night and good luck', un film rivelazione che ha avuto due nomination all'Oscar; una per la regia. Non le piacerebbe tornare a dirigere un film?
"Moltissimo, e lo farò presto. Aaron Sorkin (sceneggiatore di 'West Wing' e di 'The Trial of Chicago 7') sta scrivendo una sceneggiatura per me. Non solo. Io e Grant Heslov (mio socio in 'Good night and good luck'), con la nostra casa di produzione, abbiamo messo le mani su tre o quattro dei migliori copioni di Hollywood. Di più non posso dire".
Signor Clooney. In questa intervista ha parlato del destino dei lavoratori e del capitalismo, ha detto di essere vicino alla gente dell'Abruzzo, ha evocato il suo film, tutto politico del 2005. C'è chi vede con scetticismo, soprattutto in America, il fenomeno delle celebrità che si danno alla politica.
"Non sono d'accordo. Se la popolarità è una specie di carta di credito, come si dice, io ho intenzione di usarla fino in fondo. Sono cresciuto in una casa in cui mi è stato insegnato fin da piccolo che quando qualcuno ha bisogno di aiuto, tu devi aiutarlo. Le racconto un segreto di famiglia: a Natale mio padre mandava me e mia sorella al supermercato per fare la spesa a chi non poteva permettersi un pasto. Noi non eravamo benestanti: ma lui voleva essere solidale. Allora ero irritato con mio padre, ero ragazzo, avrei voluto fare altre cose. Oggi sono fiero di quello che mi ha insegnato. E cerco di seguire il suo insegnamento anche sul set. Cerco sempre di dare una mano alle comparse o ai membri della troupe che si trovano in difficoltà".
E poi come usa la sua fama?
"Cercando di dare una voce a chi non può parlare per difendersi, per esempio alle popolazioni del Darfur. Sono convinto che le azioni di ogni individuo, famoso o meno, possono contribuire a migliorare il mondo. Non provarci sarebbe un crimine. Non mi importa quello che gli altri pensano di me quando mi adopero per cause umanitarie. E non parlo di cose di cui non so niente: del Darfur so molto".
Tutti vogliono sapere: lei, scapolo d'oro, si sposerà mai? C'è un co-pilota nella sua vita?
"Beh, ultimamente volo Alitalia! E sì, ho una copilota molto piacevole".