All'Ara pacis di Roma in mostra fino a settembre una selezione di opere di Alessandro Mendini. dagli oggetti di uso quotidiano all'architettura. Dall'infinitesimo all'infinito. Con una costante: l'avversione per il minimalismo

Già all'ingresso dell'Ara Pacis di Roma, si capisce che aria tira. Non c'è tempo per immergersi nella classicità augustea perché si viene presi, strattonati da un attacco di colore: cinque delle 12 colonne della serie Superga accolgono il visitatore. Sfacciatamente colorate, panciute e dalle classiche forme friendly con le quali Alessandro Mendini, uno dei più autorevoli architetti e designer italiani, nato a Milano nel 1931, ha inventato i suoi oggetti. Che siano cavatappi, messi così tanti insieme, come appaiono in questa mostra che va avanti fino al 6 settembre, da sembrare quasi un presepio di designer moderno. O come la supercaffettiera, che pare un grattacielo in miniatura, l'orologio swatch, bicchieri e altri utensili destrutturati dall'ironia, resi apparentemente non funzionali, mentre altrove, con cavalli e teste, Mendini s'ispira a modo proprio e cita i grandi dell'arte, da De Chirico a Modigliani.

Ma dalla sua fucina escono fuori anche tavoli bizzarri e poi sedie dalle forme talmente inconsuete, da sembrare tanti marzianini. E ancora comò, finalmente liberati dalla rigidità delle linee funzionali, e librerie, armadi, specchi più che eccentrici.

Sì, l'allegro, sfrontato, raffinato mondo di Mendini non sembra popolato di mobili, sebbene ne abbia disegnati tantissimi, ma da presenze, fughe di libertà, spinte all'osare, al cambiare le coordinate del fare e del pensare. Tutto il contrario del Minimal, fortemente presente negli anni settanta e ottanta quando Mendini sforna a pieno ritmo i protagonisti del suo mondo, e come dimostra anche l'accesa, iperbolica installazione realizzata per Documenta del'87. Il tutto attraversato da una capacità di lavoro impressionante e da una passione che investe tutte le forme dell'abitare. Non a caso, se lo slogan dell'architettura moderna è stato "dal cucchiaio alla città", nel caso Mendini diventa "dall'infinitesimo all'infinito", come recita il titolo della mostra. Dietro alla quale, sfilano anche alcune delle migliori aziende del nostro design, come Bisazza, di cui Mendini è stato art director dal 1994 al 1999, e Alessi per la quale ha creato molti utensili.

Poi c'è il Mendini architetto, che trasforma gli edifici in colorate ed eccentriche costruzioni fatte con il Lego, che quindi non si smentisce ed anzi forse rilancia il suo stile. Perché se è facile inventare un cavatappi antropomorfo o una poltrona che sembra abbracciare chi ci si siede sopra, più difficile è mantenere certi canoni su larga scala, inserendosi nel contesto urbano, nella storia e nella vita di una città. Ce l'ha fatta Mendini? Difficile dare un giudizio. Certo è che le sue creature non passano inosservate, sono più che attraenti e molto spesso cancellano il grigio metropolitano, facendo quasi dimenticare, per un istante, di essere in una città. A volte però sono così bizzarre da apparire un po' prigioniere dello stupore che vogliono suscitare. E' come se una risata gli rimanesse stampata addosso, quando la battuta è passata. E' il caso del celebre museo di Groninger, realizzato nella città più nordica e dal clima più cupo che ci sia in Olanda, ribattezzato nel tempo Mendini museum. E divenuto uno dei simboli dei musei di nuova generazione: attrattore di turismo per via della sua architettura sorprendente, che però pare invecchiare un po' in fretta, proprio per un eccesso di giochi citazionismi, di divertissement. Forse, preferiamo il Mendini insuperabile designer.

INFO: Alessandro Mendini - Dall'infinitesimo all'infinito
Roma, Museo dell'Ara Pacis
9 Aprile - 6 Settembre 2009
web: www.arapacis.it

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