In media una ricerca su Google dura 24 secondi: ce ne vogliono nove per digitare la domanda nella barra del browser e 15 per scegliere la risposta più adatta. Ma quando si elimina il fattore umano, ovvero il tempo utilizzato dall'utente per pensare, digitare e poi leggere i risultati, tutto quello che resta sono più o meno 300 millisecondi. Durante i quali il browser, monitorando la Rete alla velocità del pensiero, deve trovare le risposte più pertinenti alla domanda postagli da un utente. è all'interno di questo intervallo temporale che i motori di ricerca come Google, Yahoo e Bing si stanno dando battaglia all'ultimo link.
L'obiettivo è quello di incrementare il numero dei risultati, di migliorarne l'accuratezza e di produrli nel minor tempo possibile. Perché la ricerca on line "è un po' arte e un po' scienza e per sua natura è transitoria", come spiega Sergey Brin, uno di due fondatori di Google insieme a Larry Page. Master in matematica e scienza dei computer, Brin ha abbandonato il PhD per fondare Google e oggi - a 37 anni, con una fortuna valutata a circa 18 miliardi di dollari - è uno degli uomini più ricchi della Terra. è alla testa di un'azienda che sforna oltre 500 innovazioni l'anno, che è valutata oltre 200 miliardi di dollari e che possiede oltre 40 miliardi di riserve di cassa. Oltre a essere, come noto, il primo motore di ricerca del pianeta che ogni settimana serve più di un miliardo di utenti offrendogli l'accesso a decine di miliardi di pagine Web.
Pare che a Mountain View siate fissati con la velocità e continuate a sfornare software che riducono il lasso di tempo tra l'entrata della domanda online e la risposta del browser. È così importante?
"Il nostro obiettivo è trasformare Google nella terza metà del cervello dell'internauta. Attualmente passano 300 millesimi di secondo tra l'entrata di una domanda nella barra di ricerca e la produzione di una risposta: noi quell'intervallo vogliamo azzerarlo, o almeno continuare a ridurlo, è ancora troppo grande".
Con la vostra nuova funzione Instant i risultati cominciano ad emergere sin dalla digitazione del terzo o quarto carattere del termine che si cerca. Non basta?
"No, l'ideale sarebbe quello di produrre risultati rilevanti già dalla prima lettera, ed è proprio quello che intendo dire quando parlo di Google che diventa la terza parte del cervello di un utente. Vogliamo imparare a capire come pensa, che cosa cerca prevalentemente, che cosa gli piace, quali sono i suoi interessi. In questo modo ottimizziamo e personalizziamo i risultati riducendo il tempo che l'utente deve passare sul Web a cercare quello di cui ha bisogno".
Oggi, se digitiamo "A", la prima cosa che ci appare è Amazon...
"è il termine che inizia per A più cercato del Web. Con il tempo però Instant imparerà e comincerà a fare ricerche seguendo i gusti e le abitudini dell'internauta. Quindi se a uno apparirà Amazon, a un altro apparirà un altro risultato".
A questo scopo Google accumula masse di dati sulle abitudini degli internauti. Non le pare una violazione della privacy?
"Guardi che per noi la privacy dei nostri utenti è una cosa seria e preservare la loro fiducia per noi è fondamentale. La chiave di volta del nostro successo sta proprio nella fiducia che gli utenti nutrono nei nostri confronti. Sono sicuri che faremo la cosa giusta e che soprattutto non smarriremo i loro dati, le loro e-mail e il loro indirizzario".
Che tipo di segnali utilizzate per organizzare la ricerca?
"Ovviamente i comandi vocali, soprattutto per il mobile: e Instant è stato concepito proprio per la navigazione mobile. Poi utilizziamo la geolocalizzazione: oggi se lei digita la lettera B a San Francisco, il primo termine che trova è Bart, se invece lo fa a Roma ottiene nell'ordine: Bnl, Better e Bunga Bunga".
Se dovesse classificare il nuovo servizio Instant dal punto di vista dell'innovazione, come lo definirebbe?
"Determinante: cambia il percorso della ricerca on line e non solo per la sua intuitività ma anche per la sua potenza computazionale. Non si dimentichi che fare delle ricerche cominciando a produrre risultati dal primo carattere che si digita non è cosa da poca, farlo consistentemente ogni giorno per centinaia di milioni di persone e centinaia di miliardi di domande è ancora più difficile. Per noi Instant è più importante di Universal".
Intanto Google, per tante ragioni, è sempre al centro di polemiche. In Italia c'è stato il caso Street View, ma la questione più scottante è sempre la Cina, dove la censura è pesante: siete arrivati a un compromesso? Qualcuno dice che siete pronti a svendere: è vero?
"Non capisco perché si parla di svendere. Il nostro scopo è quello di servire il popolo cinese al meglio delle nostre possibilità, si tratta di un mercato fondamentale. Gli interessi degli internauti cinesi ci stanno a cuore come quelli degli americani. Ma esistono delle specificità nazionali, dobbiamo comprenderle e riuscire a formulare un modo di lavorare anche in ambienti diversi da quelli occidentali".
Veniamo ai social network, nello specifico a Facebook: siete sempre in rotta di collisione o c'è un'alleanza in vista?
"Contrariamente a quello che dicono molti, Facebook ci piace. E dal punto di vista dei risultati produce molto. è una grande fonte di contenuti e i suoi utenti tendono a cercare di più su Google di quanto faccia l'internauta medio. Noi disponiamo già di un numero di social network, come Orkut, che è il primo in Brasile, ma in generale siamo sempre contenti di lavorare con organizzazioni come Twitter e Facebook. Il social networking è un fronte sul quale continuiamo a lavorare, sia cercando di stabilire collaborazioni sia continuando a lavorare in proprio".
Crisi dei giornali: Google è considerato uno dei suoi "assassini" ma anche uno dei suoi possibili salvatori...
"L'esistenza d'una stampa fatta bene e che gode di un forte canale di guadagni è nell'interesse di tutta la popolazione mondiale. Noi possiamo certamente contribuire ma non possiamo risolvere il problema da soli. Il nostro canale AdSense è uno dei principali strumenti del nostro intervento, poi abbiamo una finestra permanente sulla stampa economica, abbiamo anche prodotto storie con quotidiani come il "New York Times", il "Washington Post" e il "Wall Street Journal". Infine abbiamo appena lanciato una partnership con la Ap. Ma quella editoriale è un'industria che si sta molto trasformando...".
Ma questa crisi l'avete creata voi o no?
"Solo nel senso che Google è associato strettamente con i cambiamenti. Una parte crescente della realtà sta migrando su Internet, che è l'ambiente nel quale operiamo: quindi, ovviamente, ne traiamo beneficio. Ci piace che le cose finiscano sempre di più su Internet ma siamo anche consapevoli del fatto che è un trend che mette la stampa in crisi. In ogni caso Google non sta causando quei cambiamenti direttamente. Intanto però, per aiutare i giornali, stiamo cercando di creare nuovi metodi di pagamento che siano meno farraginosi di quelli attuali e che li aiutino a vendere il loro contenuto sul Web".