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Cultura
novembre, 2010

Google leggerà nella tua mente

«Presto se cercherete una parola sul nostro motore di ricerca la troverete fin dalla prima lettera digitata. Perché sappiamo cosa vi interessa». Parla Sergey Brin, boss di Mountain View

In media una ricerca su Google dura 24 secondi: ce ne vogliono nove per digitare la domanda nella barra del browser e 15 per scegliere la risposta più adatta. Ma quando si elimina il fattore umano, ovvero il tempo utilizzato dall'utente per pensare, digitare e poi leggere i risultati, tutto quello che resta sono più o meno 300 millisecondi. Durante i quali il browser, monitorando la Rete alla velocità del pensiero, deve trovare le risposte più pertinenti alla domanda postagli da un utente. è all'interno di questo intervallo temporale che i motori di ricerca come Google, Yahoo e Bing si stanno dando battaglia all'ultimo link.

L'obiettivo è quello di incrementare il numero dei risultati, di migliorarne l'accuratezza e di produrli nel minor tempo possibile. Perché la ricerca on line "è un po' arte e un po' scienza e per sua natura è transitoria", come spiega Sergey Brin, uno di due fondatori di Google insieme a Larry Page. Master in matematica e scienza dei computer, Brin ha abbandonato il PhD per fondare Google e oggi - a 37 anni, con una fortuna valutata a circa 18 miliardi di dollari - è uno degli uomini più ricchi della Terra. è alla testa di un'azienda che sforna oltre 500 innovazioni l'anno, che è valutata oltre 200 miliardi di dollari e che possiede oltre 40 miliardi di riserve di cassa. Oltre a essere, come noto, il primo motore di ricerca del pianeta che ogni settimana serve più di un miliardo di utenti offrendogli l'accesso a decine di miliardi di pagine Web.

Pare che a Mountain View siate fissati con la velocità e continuate a sfornare software che riducono il lasso di tempo tra l'entrata della domanda online e la risposta del browser. È così importante?
"Il nostro obiettivo è trasformare Google nella terza metà del cervello dell'internauta. Attualmente passano 300 millesimi di secondo tra l'entrata di una domanda nella barra di ricerca e la produzione di una risposta: noi quell'intervallo vogliamo azzerarlo, o almeno continuare a ridurlo, è ancora troppo grande".

Con la vostra nuova funzione Instant i risultati cominciano ad emergere sin dalla digitazione del terzo o quarto carattere del termine che si cerca. Non basta?
"No, l'ideale sarebbe quello di produrre risultati rilevanti già dalla prima lettera, ed è proprio quello che intendo dire quando parlo di Google che diventa la terza parte del cervello di un utente. Vogliamo imparare a capire come pensa, che cosa cerca prevalentemente, che cosa gli piace, quali sono i suoi interessi. In questo modo ottimizziamo e personalizziamo i risultati riducendo il tempo che l'utente deve passare sul Web a cercare quello di cui ha bisogno".

Oggi, se digitiamo "A", la prima cosa che ci appare è Amazon...
"è il termine che inizia per A più cercato del Web. Con il tempo però Instant imparerà e comincerà a fare ricerche seguendo i gusti e le abitudini dell'internauta. Quindi se a uno apparirà Amazon, a un altro apparirà un altro risultato".

A questo scopo Google accumula masse di dati sulle abitudini degli internauti. Non le pare una violazione della privacy?
"Guardi che per noi la privacy dei nostri utenti è una cosa seria e preservare la loro fiducia per noi è fondamentale. La chiave di volta del nostro successo sta proprio nella fiducia che gli utenti nutrono nei nostri confronti. Sono sicuri che faremo la cosa giusta e che soprattutto non smarriremo i loro dati, le loro e-mail e il loro indirizzario".

Che tipo di segnali utilizzate per organizzare la ricerca?
"Ovviamente i comandi vocali, soprattutto per il mobile: e Instant è stato concepito proprio per la navigazione mobile. Poi utilizziamo la geolocalizzazione: oggi se lei digita la lettera B a San Francisco, il primo termine che trova è Bart, se invece lo fa a Roma ottiene nell'ordine: Bnl, Better e Bunga Bunga".

Se dovesse classificare il nuovo servizio Instant dal punto di vista dell'innovazione, come lo definirebbe?
"Determinante: cambia il percorso della ricerca on line e non solo per la sua intuitività ma anche per la sua potenza computazionale. Non si dimentichi che fare delle ricerche cominciando a produrre risultati dal primo carattere che si digita non è cosa da poca, farlo consistentemente ogni giorno per centinaia di milioni di persone e centinaia di miliardi di domande è ancora più difficile. Per noi Instant è più importante di Universal".

Intanto Google, per tante ragioni, è sempre al centro di polemiche. In Italia c'è stato il caso Street View, ma la questione più scottante è sempre la Cina, dove la censura è pesante: siete arrivati a un compromesso? Qualcuno dice che siete pronti a svendere: è vero?
"Non capisco perché si parla di svendere. Il nostro scopo è quello di servire il popolo cinese al meglio delle nostre possibilità, si tratta di un mercato fondamentale. Gli interessi degli internauti cinesi ci stanno a cuore come quelli degli americani. Ma esistono delle specificità nazionali, dobbiamo comprenderle e riuscire a formulare un modo di lavorare anche in ambienti diversi da quelli occidentali".

Veniamo ai social network, nello specifico a Facebook: siete sempre in rotta di collisione o c'è un'alleanza in vista?
"Contrariamente a quello che dicono molti, Facebook ci piace. E dal punto di vista dei risultati produce molto. è una grande fonte di contenuti e i suoi utenti tendono a cercare di più su Google di quanto faccia l'internauta medio. Noi disponiamo già di un numero di social network, come Orkut, che è il primo in Brasile, ma in generale siamo sempre contenti di lavorare con organizzazioni come Twitter e Facebook. Il social networking è un fronte sul quale continuiamo a lavorare, sia cercando di stabilire collaborazioni sia continuando a lavorare in proprio".

Crisi dei giornali: Google è considerato uno dei suoi "assassini" ma anche uno dei suoi possibili salvatori...
"L'esistenza d'una stampa fatta bene e che gode di un forte canale di guadagni è nell'interesse di tutta la popolazione mondiale. Noi possiamo certamente contribuire ma non possiamo risolvere il problema da soli. Il nostro canale AdSense è uno dei principali strumenti del nostro intervento, poi abbiamo una finestra permanente sulla stampa economica, abbiamo anche prodotto storie con quotidiani come il "New York Times", il "Washington Post" e il "Wall Street Journal". Infine abbiamo appena lanciato una partnership con la Ap. Ma quella editoriale è un'industria che si sta molto trasformando...".

Ma questa crisi l'avete creata voi o no?
"Solo nel senso che Google è associato strettamente con i cambiamenti. Una parte crescente della realtà sta migrando su Internet, che è l'ambiente nel quale operiamo: quindi, ovviamente, ne traiamo beneficio. Ci piace che le cose finiscano sempre di più su Internet ma siamo anche consapevoli del fatto che è un trend che mette la stampa in crisi. In ogni caso Google non sta causando quei cambiamenti direttamente. Intanto però, per aiutare i giornali, stiamo cercando di creare nuovi metodi di pagamento che siano meno farraginosi di quelli attuali e che li aiutino a vendere il loro contenuto sul Web".

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