Grande party al MoMA questa sera in onore di Bernardo Bertolucci prima della proiezione de 'Il Conformista', il film che inaugura una retrospettiva di diciannove capolavori che portano la firma di questo maestro del cinema italiano.
Per New York si tratta di un importante evento culturale che celebra l'amore del Museo d'Arte moderna per il cinema italiano. Lo ha detto l'altra sera all'Istituto Italiano di Cultura la responsabile del settore cinema del MoMa, Jitte Jensen, ricordando che fu questo stesso museo a ospitare un'altra importante rassegna del cinema italiano, quella del 2006 dedicata ai film di Roberto Rossellini.
Ho incontrato Bertolucci un paio di giorni prima dell'inizio della retrospettiva (che proseguirà fino al 12 gennaio) e ho incominciato l'intervista chiedendogli di descrivermi la "sua" New York, una città dove è venuto spesso e dove ha passato anche sei mesi durante il montaggio in inglese di Novecento.
"La mia New York inizia nel 1964 quando "Prima della Rivoluzione" viene invitato al Festival del Cinema di New York. Fu la scoperta che quello che vedevo al cinema non era troppo lontano da quelo che vedevo intorno a me. Una città dai climi più estremi. Io in questa città ho camminato con un caldo tale che si scioglievano i marciapiedi e mi ricorderò sempre un appuntamento d'amore sulla Fifth Avenue all'angolo della Cinquantanovesima Strada con una tormenta di neve che mi sembrava di essere a 3000 metri di altezza sulle Alpi".
"La mia New York è soprattutto quella degli anni '60, '70 e finisce con la morte di Andy Warhol. Lo vedevo molto, mi portava in giro ai party. Lui andava anche a tre o quattro feste per sera e io dopo un po' mi stufavo e me ne andavo. Ma intanto ho conosciuto moltissima gente. C'era una grandissima energia creativa. Forse c'è ancora adesso perchè è una città che si rinnova. Ogni tre, cinque, dieci anni cambia completamente".
Ho chiesto anche a Bertolucci di parlare di un suo collega, Woody Allen, l'uomo che per eccellenza ha fatto conoscere agli italiani New York.
"Sono un grande ammiratore di Woody Allen. Soprattutto perchè ammiro molto chi sa fare un film almeno ogni due anni. Io invece sono molto più pigro. Impiego molto tempo a fare un film. Per me i film sono come dei bozzoli. Ci sto dentro a lungo".
Sarà 'Il Conformista' a dare il via alla rassegna e ho domandato allora al regista di fare qualche osservazione su quel film a quarant'anni di distanza da quando lo girò.
"Forse in qualche modo il dramma di quel film è qualcosa che si sarebbe potuto ripetere nel tempo, anche dopo. La storia di un uomo che si sente diverso perchè pensa di avere ucciso qualcuno che forse lo aveva abusato. Si sente così diverso che per vincere la sua diversità vuole conformarsi. E' un conformista per scelta, non per natura. Il conformista è qualcuno che ha il terrore di essere un altro".
"Vista l'attrazione che provo per tutto quello che è diverso io continuo ad avere l'illusione che un giorno le culture si innamoreranno una dell'altra. Credo fortemente nell'innamoramento delle culture anche se in realtà in Italia vediamo che per esempio tutto questo è rifiutato. Lo vediamo con l'aumento della xenofobia".
"E' quello che mi successe quando andai in Cina, una Cina che era ancora semi-chiusa. Ancora adesso non so come feci a ottenere le chiavi della Città Proibita. La Cina per me fu una meravigliosa scoperta dei suoi luoghi, dei suoi costumi, delle sue tradizioni. In Cina mi piaceva anche quello che è un po' decadente, che sta dissolvendosi.
Quando ho chiesto a Bertolucci di identificare uno, due o tre film che fanno parte della rassegna e che ritiene siano particolarmente importanti nella sua produzione artistica il regista respinge l'idea che i suoi film possano essere separati uno dall'altro.
"O tutti o nessuno. Per me i miei film sono le sequenze di un lungo film della mia vita, del mio lavoro. Il valore di una restrospettiva è che cerca di cogliere la continuità – dal 1962 quando feci il mio primo film al 2003. La retrospettiva permette di cercare di capire che cosa tiene unite tutte queste sequenze che si chiamano con nomi diversi".
Ma il lungo film di Bernardo Bertolucci non si è ancora concluso. Dopo anni di "buio e depressione" come dice lui stesso a causa di accanimento terapeutico per i gravi problemi alla schiena che lo costringono in sedia a rotelle ora gli è tornata voglia di rincominciare.
"E' come se avessi ritrovato joie de vivre e sono pronto a rincominciare. Ho appena finito di leggere l'ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti, si intitola 'Io e te'. Un romanzo piccolo, di sole cento pagine. E' la storia di un ragazzino che va verso l'età adulta. Mi ha molto colpito e spero di poterne fare qualcosa abbastanza presto".