Da queste parti si parla di tumore: "La fase peggiore delle cure è passata, ma avrò bisogno di parlarne comunque. E allora benvenuti da queste parti". È il primo post di un blog particolare. Si chiama "On the widepeak" ed è il diario on line di Mj, che dal 2007 combatte con un cancro al seno. Non è l'unica che scrive per questo motivo, anzi. Negli ultimi anni la Rete si è popolata di persone che grazie al Web e alle sue risorse si "curano".
Non si tratta di pazienti che comprano medicine on line (leggi la scheda), ma di persone che creano autonomamente dei social network dove confrontarsi con chi sta vivendo le stesse esperienze e difficoltà. E in breve il parlare on line si trasforma quasi in una terapia. La pagina Web nasce spesso come valvola di sfogo, ma poi si trasforma in una community: più blogger si commentano e si linkano a vicenda creando una rete che si allarga giorno dopo giorno. Persone che non potrebbero incontrarsi altrimenti arrivano a informazioni, contatti e consigli spesso in grado di migliorare la loro vita: numeri di specialisti, aiuto a superare effetti collaterali delle terapie, consigli su come parlare con il medico, supporto psicologico e sostegno emotivo.
"Comunicare tra loro è fondamentale per i pazienti", spiega Cristina Zucchermaglio del Dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione della Sapienza di Roma, che sta per pubblicare sul "Journal of Oncology Practice" uno studio sull'importanza del dialogo tra ammalati. "Parlare e creare una comunità, infatti, non dà solo un supporto psicologico o emotivo, ma fornisce strumenti cognitivi e pratici che permettono di affrontare meglio la malattia. E lo stesso vale per le comunità on line".
Ma non è solo il cancro a stimolare il racconto della propria esperienza. Secondo Federica Casadei, presidente dell'associazione CercounBimbo dedicata alla procreazione medicalmente assistita e con un forum che conta 35 mila iscritti, le Web community hanno successo perché colmano i vuoti nel rapporto medico-paziente, sia dal punto di vista informativo sia dal punto di vista emotivo. "Ci sono tantissime persone che ci scrivono perché non hanno capito quando iniziare la terapia, perché non riescono a tradurre un referto o perché vogliono consigli e pareri", dicono.
All'estero, soprattutto in Canada e negli Stati Uniti, il fenomeno dei "pazienti in Rete" è consolidato e più complesso: va oltre il blog o il forum, arrivando a grandi aggregatori di siti personali (come per esempio Mother With Cancer) e a social network di pazienti. Uno dei più famosi è PatientLikeMe che, nato come spazio per raccontare una storia personale, si è trasformato presto in un enorme sito dove si raccolgono testimonianze e blog di pazienti divise per patologie, fino a creare un gigantesco database.
"Ma la Rete può essere utile a medici e pazienti in molti altri modi", spiega Alberto Ugazio, direttore del Dipartimento di Medicina Pediatrica del Bambino Gesù e Presidente della Società italiana di pediatria: "Per esempio, si può monitorare un paziente con una patologia cronica attraverso dispositivi collegati al Web in grado di registrare on line i parametri di interesse; così il medico può consultare i dati in tempo reale e cambiare la terapia a seconda delle necessità, nel tempo di una telefonata e senza bisogno di visite continue".
"I pazienti di adesso non sono quelli di dieci anni fa, sono più istruiti, più informati e più consapevoli; per questo è più semplice interagire con loro e anche, per certi punti di vista, curarli", spiega Germano Zampa, oncologo dell'Ospedale Nuovo Regina Margherita di Roma, molto attento alla nuova realtà di "pazienti digitali" o di "e-patient". E-patient è anche il nome di un sito creato da Tom Ferguson, deceduto nel 2006 dopo una battaglia di 15 anni contro un mieloma. Questo termine indica "un individuo equipaggiato, capace, coinvolto nella propria salute e nelle decisioni in proposito e che vede questo aspetto della sua vita come una partnership tra il paziente, i medici e il sistema sanitario". L'obiettivo di fornire strumenti ai pazienti, ma anche ai medici, utili per affrontare meglio la malattie è anche quello di PatientOpinion (patientopinion.org.uk), un sito britannico dove i pazienti non solo parlano di se stessi, ma condividono le loro esperienze nei diversi ospedali e con i medici, dando valutazioni, giudizi e consigli. Un feedback tra malato e struttura sanitaria molto utile a entrambi.
Dallo scorso maggio questo scambio costruttivo è possibile anche in Italia, grazie a Pazienti.org. Si tratta di un portale nato dalla collaborazione tra Linnea Passaler, chirurgo e blogger di Milano, e Paul Hodgkin, il fondatore della controparte britannica. "È un sito dove i pazienti possono raccontare le proprie storie e come ci si è trovati presso un determinato ospedale o una certa Asl". Le strutture sanitarie citate dai pazienti, poi, sono taggate e quindi un visitatore, per esempio, appena apre il sito può cercare un determinato ospedale e vedere cosa ne dicono gli utenti che ci sono già stati. D'altra parte, anche gli ospedali possono dire la loro, rispondendo alle osservazioni dei pazienti. E magari anche migliorare qualcosa.