La Bibbia della tecnologia americana, il mensile "Wired", non ha dubbi: la Rete così come l'abbiamo conosciuta fino a oggi (cioè ricchissima e quasi sempre gratuita, ma anche caotica e un po' anarchica) è ormai in declino. Il futuro è delle applicazioni: vale a dire di quei programmini semplici e ordinati che attraverso Internet ci offrono informazione, video, socialità, strumenti di lavoro e di divertimento.
Il grande motore di questa rivoluzione, insieme all'iPhone, è l'iPad.
La tavoletta di Apple può ovviamente navigare anche via browser nella "vecchia" Rete, ma ha il suo punto di forza e di innovazione proprio nell'uso quasi infinito di centinaia di migliaia di "app". Ogni quadratino cliccato sullo store di Cupertino è infatti la porta d'ingresso in un mondo, e uno solo, che di volta in volta diverte, affascina, intrattiene, è utile: un videogioco, un aggiornamento sulle condizioni meteorologiche, un libro, un dizionario, una visita virtuale in 3D in un'altra città e così via. Le app selezionano, elaborano e impacchettano contenuti digitali per distribuirli comodamente sui dispositivi portatili degli utenti. E piacciono, rassicurano, divertono: soprattutto, facilitano l'approccio a Internet di tutti quei potenziali utenti (ancora metà della popolazione, in Italia) che non sono mai entrati in Rete, spaventati dalla caotica Babele del Web. Finora, per capirci, ne sono state scaricate 6 miliardi e mezzo in tutto il mondo (limitandosi a quelle targate Apple).
Certo, prima di essere messe on line le applicazioni devono essere approvate (addio libertà assoluta della Rete) e, sebbene ce ne siano molte gratuite, spesso hanno un costo per l'utente. Di qui un nuovo, immenso mercato: secondo la società di ricerca americana Gartner nel corso del 2010 si saranno spesi 6,2 miliardi di dollari per acquistare applicazioni mobili - e i numeri sono destinati a quadruplicare nel corso dei prossimi tre anni. Una manna per Apple (che trattiene il 30 per cento su ogni transazione) ma anche un mercato aperto alla creatività e all'ingegno di chi sa inventarsi e sviluppare contenuti di successo, che sia una grande software house californiana o un singolo postadolescente indiano.
Nelle classifiche delle vendite, ai primi posti non ci sono solo i videogiochi, ma anche le applicazioni di quelle testate giornalistiche che hanno adattato la loro versione cartacea alle tante possibilità dello strumento digitale (da "Wired" al "New York Times"). Seguono le app che stanno imponendo nuovi paradigmi di lettura, come "Flipboard", che ha trasformato i social network in una specie di giornale personalizzato. O come "Pulse", omaggiata dallo stesso Steve Jobs come una delle applicazioni più creative inventate fino a ora: sviluppata da due studenti dell'Istituto di Design dell'Università di Stanford durante un corso di cinque settimane, grazie a un'interfaccia molto pulita è diventata il miglior lettore di feed RSS in circolazione. Molto vendute anche le app che giocano con le parole (come "Scrabble", inventata dal colosso EA Mobile), quelle che fanno sognare (tipo "Nasa") e quelle che fanno viaggiare nel tempo (come "Epic Citadel", che ci porta in un'immaginaria rocca medievale in 3D). Di qui, appunto, si passa ai videogames, una galassia di proposte di ogni tipo, spesso elaborate ma altrettanto spesso di una semplicità disarmante. Di gran moda ad esempio è "Pinball", un piccolo flipper che ricrea l'esperienza del bar, e "Pacman", il nonno dei videogame. In America ha rotto ogni record di vendita "Angry Birds", il cui obiettivo è catturare dei maialini verdi nascosti tra i mattoncini, utilizzando una serie di uccelli con caratteristiche offensive diverse. Forse una scemenza, di sicuro un trionfo. Non dissimile a quello raggiunto da "Flight Control", il cui obiettivo è aiutare gli aeroplani a trovare in tempo le giuste piste di atterraggio, evitando lo schianto.
Ma a volte si fanno soldi con le app senza scervellarsi tanto nella programmazione, solo per aver avuto un'idea vincente: così ad esempio il gruppo americano The Blimp Pilots ha creato un'app chiamata "Koi Pong" - un acquario virtuale per il monitor dell'iPhone e dell'iPad - incassando oltre 5 milioni di euro con un programmino che costa singolarmente 0,79 euro. Mentre "Weather Hd", un'applicazione meteo, non offre previsioni diverse da quelle che gratuitamente ci riferiscono la radio o la tivù, ma con le sue immagini spettacolari e le sue possibilità di personalizzazione ha rivoluzionato il modo di apprendere se domani pioverà o splenderà il sole, diventando un blockbuster mondiale (sempre a 79 centesimi per download).
Ci sono infine le app per i bambini, molto amate dalle mamme che le utilizzano come babysitter digitali: come "Alice nel paese delle meraviglie", "Red Fish" (per gli esercizi di creatività), "Alphabet Fun" (educativo), "123 Talking Color" e "Monkey Preschool Lunch Box" (per imparare a riconoscere lettere e numeri). In cima alle classifiche anche "Miss Spider's Tea Party" che alterna giochi istruttivi a favole interattive. In Italia tra le applicazione più diffuse per i ragazzi c'è "Tavolozza", uno strumento per disegnare (con la punta del dito, naturalmente) che consente però di aggiungere alla propria opera anche le immagini di svariati oggetti e foto, a mo' di collage.
E c'è spazio anche per "iFiabe", declinazione in chiave contemporanea del vecchio libro da leggere ai figli per farli addormentare: il suo equivalente in inglese "Dr. Seuss", la versione per iPad delle storie più amate dai ragazzini americani, ha reso milionario il giovane programmatore d'origine indiana Michel Kripalani, che con la sua Oceanhouse Media ne ha sviluppato l'applicazione. Semplici libri testuali di favole in digitale? No, perché le potenzialità sono molte di più. Date un'occhiata al nuovissimo "Grimm's Rumpelstiltskin" sviluppato da Ideal Binary e scoprirete che sfogliando le pagine potrete anche muovere i personaggi, far uscire gli oggetti dalle pagine e far girare le nuvole, con una rilassante musica di sottofondo. Magie dell'iPad, appunto.