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Cultura
gennaio, 2011

Il made in Italy corteggia il Dragone

Mentre cala il sipario sulla fashion week maschile i grandi marchi del lusso tricolore, da Prada a Dolce Gabbana, passando per Zegna e Brunello Cucinelli, riaffermano senza esitazione la loro nuova priorità: entrare in Cina dalla porta principale e metterci radici

Oltre al virus più aggressivo di questo inverno polare occorrerà misurarsi con un'altra epidemia, meno nefasta e più proficua per tutti: la sindrome cinese. L'ex celeste Impero sta infatti diventando la terra promessa di molti dei giganti del Made in Italy che vedono nel colosso asiatico un'enorme opportunità non solo economica. Già perché tutte le superpotenze di un tempo come gli Stati Uniti cominciano a guardare alla Cina con circospezione. Del resto anche il mercato locale dei consumi di lusso è destinato a crescere.

Circa il 15% della popolazione cinese oggi può aspirare a fare shopping griffato e la fascia d'età di questi nuovi abbienti si aggira fra i 20 e i 40 anni. In questo senso i dati rilasciati dal Comitato Scientifico Osservatorio Asia parlano chiaro. Entro il 2025 a quelle già abitanti nelle grandi città, Pechino, Shangai, Hong Kong in testa, si aggiungeranno 350 milioni di persone e nel frattempo 250 altre città raggiungeranno il milione di abitanti.

Inoltre i cinesi, sempre più orientati verso professioni medio-alte, viaggiano con maggior frequenza, sono diventati cosmopoliti, adorano l'Europa e specialmente l'Italia, ombelico del nuovo umanesimo culturale e artistico ma anche culla del buon gusto e, se il conto in banca glielo consente, optano per il lusso vero, quello che da noi viene definito "eccellenza".

E così succede che alcuni riveriti big di casa nostra come Brunello Cucinelli intreccino solide e feconde alleanze con gentlemen con gli occhi a mandorla di nuova generazione che condividono con gli occidentali la stessa percezione del lusso e della qualità: "Jacky Chen, che guida la società Lessin di Chengdu operante da anni nel retail di lusso, è il partner con cui ho da poco siglato un accordo per aprire 17 negozi in Cina da qui a tre anni che se tutto andrà secondo i piani saliranno a 24, è un uomo illuminato, aperto, beve solo champagne francese e vino italiano, fuma sigari cubani e soprattutto è sempre vestito con abiti impeccabili griffati Made in Italy" racconta Cucinelli.

In Cina Chen distribuisce i prodotti di marchi italiani leader del calibro di Salvatore Ferragamo e Brioni e da un po' Cucinelli (che nel 2010 ha fatturato circa 200 milioni di euro, in aumento del 27.11% rispetto all'anno precedente con un utile di 15 milioni di euro) è entrato nella rosa dei suoi beniamini: "Sono 25 anni che vado regolarmente in Cina per reperire il cachemire migliore, che è poi alla base del mio business, ma mai come oggi riesco a cogliere il potenziale che questo paese rappresenta per le aziende italiane, quelle ovviamente che fanno lusso vero e che, come noi, puntano su una distribuzione selettiva; per me l'epicentro culturale del pianeta nel futuro sarà Pechino esattamente come Parigi e New York lo sono state per i due secoli precedenti".

Anche Zegna, esattamente come Laura Biagiotti che approdò nel 1988 nella città proibita con le sue diafane bambole di cachemire, è un veterano della Cina ed è pronto a scommettere su questo oceanico mercato situandosi sulla stessa lunghezza d'onda di Dolce & Gabbana, anch'essi impegnati in una notevole virata del loro impero verso il Far East mirante a un'espansione capillare delle loro sicule icone nel nuovo eldorado della moda. E per ribadire la sua attenzione alla patria di Gengis Khan e di Mao, appena pochi giorni fa il marchio Ermenegildo Zegna ha mandato in pedana un plotone di modelli cinesi capitanati dal supertop Philip Huang e visti anche sulle passerelle di Giorgio Armani, Etro, Vivienne Westwood, Roberto Cavalli e molti altri, indicando nella via della seta la nuova rotta dell'eleganza.

La Cina è non a caso il nuovo orizzonte di un altro player di serie A dello scenario internazionale del superlusso: Prada. Il 22 gennaio il marchio meneghino sfilerà a Pechino con un evento kolossal al Cafa Art Museum di Pechino dove la griffe presenterà il meglio del suo prêt-à-porter. Sui dettagli dalla maison ancora bocche cucite. Di sicuro c'è che l'apertura di un nuovo ufficio stile di Prada a Hong Kong, che affianca un altro simile a Parigi, entrambi coordinati dall'Italia, è un segnale molto preciso della volontà dell'azienda di pensare e creare i propri prodotti in un'ottica attenta ai valori, ai modelli culturali e alle aspettative di questo nuovo Bengodi, con l'ambizione, magari, di coronare un sogno accarezzato da tempo dalla maison: la quotazione alla borsa di Hong Kong.

Intanto, mentre al Museo di Arte Contemporanea di Shangai (MOCA) fino al 14 marzo è di scena "Culture Chanel" una mostra imponente dedicata al mito di Coco Chanel, a Singapore è in programma una nuova fashion week asiatica tutta dedicata alla moda maschile in cui marchi italiani come Etro e Canali sfileranno accanto a brand cinesi come Shangai Tang che per scelta non hanno mai sfilato in Occidente. Una bella partita che svela l'altra faccia della medaglia: di fronte all'invasione dei big internazionali il dragone non abbassa la guardia e affila i suoi artigli.

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