Cultura
dicembre, 2011

La news? E' diventata un gioco

La rivolta in Siria. I tagli alla spesa pubblica. La ricostruzione di Haiti. Tutti temi trasformati in videogame, per consentire un coinvolgimento maggiore dei lettori-utenti nelle notizie. Alcuni big della comunicazione ci stanno provando. Ecco come

Un manifestante inalbera un cartello con scritto "Assad, dimettiti"; un carro armato gli spara e la protesta termina con un morto disteso nella polvere. Fino al prossimo round, perché questo è un newsgame, un prodotto da fruire via Web che mescola elementi ludici e di intrattenimento con richiami all'attualità. Per educare, informare e coinvolgere il giocatore, in maniera più coinvolgente e interattiva di quanto sia possibile con una normale inchiesta giornalistica.

Possono essere semplici animazioni in formato Flash, come appunto "Syrian Revolt", o progetti molto più ambiziosi come Inside Disaster dedicato al terremoto che ha devastato Haiti, in cui grazie a una simulazione composta anche da filmati originali, ci si può calare nei panni di un operatore umanitario, di un giornalista o di un sopravvissuto per rivivere in maniera virtuale la tragedia.

Della categoria, le cui varie sfaccettature sono state sviscerate lo scorso anno da un libro del Mit, "Newsgames: journalism at play" fanno parte non solo giochi in senso stretto, ma anche infografiche interattive e puzzle proposti da quotidiani come il 'Guardian' e il 'New York Times'. È il mondo del giornalismo anglosassone infatti, a stare sperimentando di più questo tipo di iniziative, affiancando e completando la notizia stesa dal cronista o l'editoriale del direttore con un qualche tipo di infotainment.

L'esempio di maggiore successo è "The world at seven billion", una specie di quiz interattivo prodotto dalla Bbc che consente al lettore di approfondire il tema dell'espansione demografica permettendogli di comprendere dove si colloca nel grande ciclo delle nascite: quante persone sono venute al mondo prima e dopo di lui e qual è il saldo demografico nella propria nazione. Il quiz, secondo dati raccolti dal sito Journalism.co.uk è stato la "storia" più commentata e condivisa su Facebook dagli internauti del Regno Unito nel 2011 e si è piazzato al quarto posto fra quelle popolari su Twitter.

Negli Usa, un caso interessante è quello di "Fix the deficit", un puzzle proposto dal 'New York Times' in cui il lettore deve cercare di barcamenarsi fra tagli alla spesa pubblica e aumenti delle tasse, per garantire ai connazionali i servizi essenziali senza sforare sui conti. Un concetto molto simile a quello di 'Budget Hero', un newsgame prodotto dalla radio pubblica American Public Media.

E in Italia? «Da noi questa strada non è facile da percorrere: i newsgame costano più di un semplice video e richiedono competenze più difficili da trovare, assieme a una visione non convenzionale dell'informazione», spiega Paolo Pedercini, cuore e anima di Molleindustria, gruppo di sviluppatori indipendenti di videogame. «Non è un caso che i newsgame vengano sperimentati da giganti come il 'New York Times', 'Wired' o la Bbc, che cercano di competere in qualità con le sfide dell'era dell'informazione digitale», continua Pedercini.

Anche da noi tuttavia qualche tentativo di introdurre il gioco nell'attualità c'è stato: e lo ha fatto proprio il sito dell'Espresso con alcuni game dedicati ad esempio al Rubygate , all'ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini o con il giochetto  del 'campionato mondiale dell'omofobia'.

E anche Molleindustria ha provato a fare qualcosa: come Leaky World, uno dei suoi game più recenti, definito dagli autori come «un'interpretazione interattiva del saggio "Conspirancy as governance" di Julian Assange, in cui il capo di Wikileaks teorizza la trasparenza totale come strategia per rivoluzionare, in meglio, la società». In passato, la stessa Molleindustria ha prodotto altri newsgame molto controversi, come Faith Fighter, una parodia dell'odio fra credenti (lo slogan è «scegli il tuo credo e spacca il culo a chi non la pensa come te») pensata per far riflettere i giocatori su come la religioni vengano spesso usate per alimentare i conflitti fra nazioni, o "Operazione Pretofilia", sullo scandalo dei preti pedofili.

Ma non c'è il rischio di banalizzare attraverso i newsgame argomenti delicati e controversi? «È possibile»,, sostiene Pedercini, «ma banalizzazioni, semplificazioni e distorsioni accadono costantemente nel giornalismo. Non mi pare abbiamo moltissimo da perdere».

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