Pollo arrostooo e patate bisuuunte!", urla il cuoco. Che di per sé, è personaggio. Barbone bianco, cappello d'ordinanza candido e paffuto, cucina degna di un quadro fiammingo con pentole di rame e forno antico, imbollunato nel ferro. Sono le sette e mezza e lo spettacolo è già iniziato, al numero 111 di via dei Macci, in quel di Sant'Ambrogio a Firenze. Quartiere fuori dal turismo, un tempo malfamato ("Qui si rubava anche il fumo alla focaccia", dice il cuoco) e ora quasi radical chic. Anche grazie a questo Teatro del Sale, fondato nel 2003 per la moglie-attrice Maria Cassi dal cuoco Fabio Picchi (famoso in città e nel mondo per il suo mitico ristorante Il Cibreo).
Sono le otto e mezza. Il pollo è finito. Divorato dai soci che per pochi euro ottengono una tessera e il diritto di tornare indietro di un secolo, a quella tradizione del varietà che univa cibo per il corpo e per la mente. Piatti e platea, gourmet e spettatori. In un momento gli attrezzisti fanno sparire i tavoli, mettono in fila le sedie 'et voilà' siamo pronti per 'Crepapelle': il solo-show di Maria che ha fatto morir dal ridere francesi e americani. Anche se lei parla in fiorentino, mescolato a gramelot e altri idiomi, osando persino il finnico e tedesco. Maria tarda. E allora va in scena lui, Fabio il cuoco insieme a Marco suo assistente. Un ragazzo down che lavora in cucina. Uno dei tanti ragazzi difficili a cui la coppia Cassi -Picchi offre asilo, mestiere e una vita normale. Marco è un'ottima spalla per Fabio, che aspettando l'entrata in scena della star, si mette a raccontare con linguaggio fiorito una ricetta semplice come fosse un apologo. La Cassi entra in scena e in un attimo si è di fronte a un fenomeno. Non avevano esagerato i francesi a paragonarla a Tati e Jerry Lewis. Lei è acrobata, clown, mimo e poi un comico capace di scrivere testi ironici, divertenti e mai volgari. Lei è classica, antica, eterna. E anche una sensitiva che costruisce lo spettacolo sul pubblico, e dal palcoscenico guarda, commenta, coinvolge, cambia, improvvisa, interpella, gioca. "Dove era andato? Un bisognino corporale, forse?", chiede a uno spettatore che si è allontanato un momento. "Ehi laggiù, lei: perché annuisce?". E un attimo dopo: "Scusi, ma ora che doveva annuire, perché non ha annuito?".
È anche questo che fa ridere in 'Crepapelle'. Il suo cult show, esilarante messa in scena dei vizi di parigini e fiorentini corto-circuitati su situazioni banali: le commesse di un grande magazzino, un incidente su un autobus, una fila, una pasticceria. Ed eccoli i francesi: snob, diffidenti, col sopracciglio alzato, ritti e scettici persino nel muovere un piede. Anzi nel muoverlo il meno possibile. Ed eccoli i fiorentini : gesticolanti, sarcastici, impertinenti, dondolanti su se stessi e mai contenti. Eccoli, fisicamente presenti. Gli uni a dire 'Pardon, pardon, pardon' ogni tre per due. Gli altri a raccontare i fatti loro pure all'aria e a impicciarsi d'ogni cosa. Ed eccola Parigi: grigia, sontuosa, esagerata. La vedi in scena, quando Maria si fa piccola piccola di fronte alla grandeur dell'Opéra che sembra calare sul palco anche se lì non c'è altro che una poltrona di pelle. Eppure la magia del clown, mimo, fool è meglio di un effetto speciale. Riesce a far apparire in 3D, i boulevard, la folla di Parigi, i vicoli e le botteghe di Firenze. Ora l'una, ora l'altra. Da dove arriva questa minuta signora che ha riempito i teatri di Parigi e ha conquistato la prima pagina di 'Le Monde'? Che ha incantato Peter Schneider, direttore dell'animation studio Disney, produttore di 'The Lion King' e 'Roger Rabbit', e ora già al lavoro per mettere in piedi e dirigere un musical su vita e opere di Maria? E perché, noi connazionali invece, sappiamo così poco di lei?
"È semplice, non sapete niente di me perchè non vado in televisione", risponde dopo il teatro, mentre per cultura generale, arrivano sul tavolo squisiti assaggi di cipolline in agro dolce e parmigiana di melanzane. "Non per mio snobismo. A me interesserebbe, ma forse non piaccio a quelli della televisione. Un comico senza il piccolo schermo per voi non esiste. Ma io ho un pubblico pazzesco che mi segue e mi conosce bene, teatro dopo teatro, dal Nord al Sud del Paese". Quel pubblico sa chi è Maria Cassi. Riconosce la sua scuola: gli studi di canto al Mozarteum di Vienna. I corsi di teatro di Alessandra Galante Garrone. E poi l'apprendistato da clown con il grande Pierre Bilan, e approfondimenti sul canto con Kandy Smith assistente di Katy Barberian. Per non parlare dei suoi maestri spirituali da Jacques Le Coq da cui ha ereditato 'il corpo sensibile' a Paolo Poli ("Non solo perché fiorentino") fino a Jacques Tati ("Ho sul telefonino 'Mon Oncle' e quando sono in treno lo guardo, lo studio e lo ringrazio"). E infine - grande maestra di vita - la commedia umana che lei registra come una telecamera vivente. "Quando vedo un gesto che mi piace o una buffa faccia, devo subito metterli in repertorio e allora li imito. Come un pittore che fa uno schizzo sul blocco. Lui è fortunato, non lo vede nessuno. Io invece spesso mi trovo in imbarazzo quando il malcapitato mi guarda male. Vorrei dirgli: 'Mi perdoni sono un mimo, non le sto facendo il verso!'. Ma ho capito che è meglio lasciar perdere".
Ha fatto persino l'assessore alla Cultura Maria Cassi. Chiamata da Matteo Renzi nella giunta provinciale di Firenze. "Ho accettato perché pensavo che fosse un dovere sociale. Mi dicevo, c'è tanta voglia di bella cultura e di bella politica in questo Paese, lo vedo ogni volta che vado in tournée. Poi ho lasciato perché ho capito che ero più utile sul palcoscenico. Così un giorno durante una riunione più faticosa del solito, ho detto: 'Scusate, devo fare una telefonata'. E non sono più tornata".
Ci voleva un 'coup de théatre' per abbandonare il teatrino della politica. "Noi attori", spiega "siamo abituati a lottare per andare in scena, la politica invece è arte del back stage. Io ho bisogno di guardare in faccia le persone, cerco gli occhi degli spettatori. I politici, ti stringono la mano e intanto gettano lo sguardo sopra la tua testa, per vedere chi è il prossimo. La verità è che di politici ambiziosi ce ne son pochi. I più hanno l'ambizione della poltroncina non quella di passare alla storia. Ma devi essere utopico per cambiare il mondo. Chi diceva 'semina utopia per raccogliere certezza'?". Bella frase. Si adatta a un'attrice che parte da un teatrino e sta per sbarcare a Los Angeles con una superproduzione multimediale, luci pirotecniche, orchestra dal vivo, una sceneggiatura di Patrik Pacheco e un regista-produttore come Peter Schneider. Titolo 'My life with men and the others animals' e Maria due ore in scena completamente sola, a ballare, cantare, mimare, giocare, scherzare, guardare negli occhi il pubblico per raccontare in un'atipica versione di 'È nata una stella' la storia di una ragazza di Fiesole che scala le tappe del successo mondiale.
Non è sicuro, ma forse a quel punto, anche qualche nostra generalista rete tv si accorgerà di lei. Di sicuro intanto se ne è accorto Bob Wilson. "Non dovrei dirlo, ma mi fa un tale piacere! Lo sa che mi ha chiamata? Ha detto se ci si vede a Watermill, quel centro di ricerca sul teatro che ha fondato a Long Island. Ho deciso, ci vado a luglio, magari vien fuori qualcosa di bello. Piuttosto le va un dolcino? Una torta al cioccolato bassina bassina, o quella al formaggio con le arance amare?"