Aeroporti, autostrade, alberghi, palchi, folle, paesaggi. E poi ancora stanze, luci, corridoi, finestre illuminate, strade buie, ghiacci, tramonti. Sono tutti "Broken Places", ambienti provvisori, posti da attraversare, in una sequenza rituale e strumentale. Ne ha percorsi centinaia Moby in anni di tour in giro per il mondo, ma invece di lasciarli alla loro impermanenza di contenitori deputati al transito, o alla loro immobilità di altrove per una notte, per un'ora, per un'occhiata, li ha raccolti e collezionati.
"Negli ultimi 15 anni ho portato la mia macchina ovunque" racconta il musicista, che non si è accostato alla fotografia sull'onda della moda e del digitale come la maggior parte dei multidisciplinari dell'ultima ora. Laureato in Cinema e Fotografia a New York, nipote di un fotografo del New York Times e proprietario di una Nikon F dall'età di 10 anni, è stato ossessivo frequentatore della camera oscura ai tempi del college. "Il laboratorio apriva alle due del pomeriggio. Scattavo la mattina, fino all'una e 59 e poi passavo una decina di ore nella camera oscura".
Destroyed è il titolo dell'ultimo album e del primo libro di fotografie di Moby ed entrambi nascono da questo limbo impastato di jet lag e insonnia, da questa teoria di luoghi anonimi fatti visione: la maggior parte dell'album è stata scritta e registrata nel cuore della notte, in camere d'albergo sparse per il mondo, le foto scattate nella dimensione nomade del passaggio. "Una colonna sonora per città vuote alle due del mattino", modulata nei toni inquieti dell'isolamento e in quelli confortanti della solitudine.
Tre anni fa, bloccato all'aeroporto La Guardia di New York in attesa di un volo per Toronto, Moby inganna l'attesa vagabondando per i corridoi più vuoti e si ferma davanti al segnale luminoso che ricorda che "i bagagli incustoditi verranno distrutti", facendo lampeggiare le parole una alla volta. L'ultima, destroyed, da sola, con lo sfondo del corridoio deserto, è particolarmente bella. Evocativa e pertinente per il passeggero sfibrato e dislocato, diviso tra il limbo ovattato e deserto dei corridoi d'albergo, delle sale d'attesa, delle città vuote la notte e il pieno dell'umanità accalcata sotto il palco di turno, culmine e finalità di tanto viaggiare. Arrivano così il titolo e la copertina dell'album e del libro.
Pubblicato in Italia da Damiani, Destroyed è una collezione di frammenti, prospettive, dettagli, umori, una sorta di mappa parallela dove affiorano cose disparate, minuscole e imponenti, uguali e diverse, consuete e straordinarie, naturali e artificiali. Un'amplificazione visiva delle tracce sonore, ma con una sua esistenza indipendente, come ricordano le numerose mostre che presenteranno il lavoro fotografico di Moby negli Stati Uniti e in Europa. Due in Italia: dal 17 maggio a Milano alla galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea e dal 21 luglio a Bologna, a L'Inde Le Palais.