Se Louis Vuitton non è più solo sinonimo di valigie e bauli, lo si deve alla creatività del designer americano Marc Jacobs. Da quando il presidente del polo del lusso Lvmh, Bernard Arnault, lo ha nominato nel 1997, direttore creativo del pret-à-porter, tutto è cambiato. In poco tempo la griffe si è conquistata il primo posto nell'universo Lvmh. E' una griffe che vende e che ha un'immagine forte. Per fare un esempio, la sfilata Louis Vuitton chiude la settimana della moda a Parigi e, nessuno lascia la Ville Lumière, prima di quel giorno. Non è dunque esagerato dire che Louis Vuitton fa tendenza da quando è arrivato lo "yankee". Piace a personaggi come Madonna, Uma Thurman e Sofia Coppola. La moda di Jacobs diverte e sorprende sempre. In tutti questi anni è riuscito in un'impresa difficile e stimolante al tempo stesso: "svecchiare" il marchio. Ha proposto cappucci oversize, stivaloni, gioielli e borse frutto di collaborazioni con diversi artisti contemporanei come Steven Sprouse, Richard Prince e Takashi Murakami.
Nato a New York nel 1963, Marc Jacobs ha frequentato la Parsons School of Design, già nel 1986 presentava la sua linea. A Manhattan è considerato una gloria locale, un po' come lo erano Jackie Kennedy, il gallerista Leo Castelli e Andy Warhol. Ed è proprio in omaggio al genio di Marc Jacobs e all'aver saputo combinare situazioni, oggetti pop e desideri che si apre alla Triennale di Milano (dal 22 settembre al 9 ottobre), la mostra "Louis Vuitton: The art of Fashion", curata dalla stylist e giornalista inglese Katie Grand. Anche lei è molto nota nel circuito della moda. Ha studiato alla Central Saint Martins di Londra, successivamente ha fondato la rivista Dazed &Confused, è stata Fashion Director di The Face e ora è Direttore di LOVE, un semestrale di Condé Nast. La scelta non è casuale perché sin dal 2003 ha dato una mano a Jacobs nella realizzazione delle sfilate abbinando la borsa con le scarpe, la sciarpa con il mantello. La mostra di Milano propone 30 look creati con i pezzi più significativi delle collezioni che vanno dall'autunno-inverno 1998-99 fino all'autunno-inverno 2011-12 (la sfilata fetish ha fatto scalpore con Kate Moss in shorts, sigaretta e cellulite).
Katie Grand, ed è qui il bello, ha mescolato le varie collezioni dimostrando che la moda si rinnova di continuo e "pesca" idee da un anno all'altro, da una stagione all'altra. E così le manette della collezione fetish di cui sopra si abbinano all'abito "coiffeuse" in satin di seta del 2003. Divertente anche l'allestimento: 24 manichini al posto della solita testa pelata, indossano le iconiche borse Speedy (quelle a bauletto) mentre gli altri sei sono di legno con il corpo decorato dai graffiti Louis Vuitton rosa fluo e arancio. Per realizzarli Jacobs ha richiamato il suo amico artista Stephen Sprouse. Alla fine del percorso espositivo, conviene guardare il video per scoprire le immagini delle sfilate dell'ultimo decennio e capire non solo gli abbinamenti ma anche il metodo di lavoro della Grand. Su una cosa Marc Jacobs è stata inflessibile: "Non chiamiamola retrospettiva". Ha ragione, la parola puzza di muffa. Il contrario di quello che è oggi Louis Vuitton. E per suggellare questo spirito viene riaperto in questi giorni il negozio di via Montenapoleone 2, completamente rinnovato. Anche questo merita una visita.