Come spiega il calo di iscrizioni?
"I ragazzi non pensano che la laurea consenta loro di trovare un'occupazione più facilmente rispetto a un titolo intermedio; inoltre hanno paura di perdere tempo posticipando l'ingresso nel mondo del lavoro. Secondo loro l'università non è lo strumento adeguato per essere competitivi una volta finiti gli studi".
Quali sono le competenze richieste e come si costruiscono?
"Gli studenti devono imparare a gestire progetti, a lavorare e confrontarsi con gli altri, e soprattutto a risolvere problemi, che è la prima cosa che sarà chiesta loro dalle aziende. Le competenze si creano inserendo i ragazzi in contesti operativi, dei quali si devono assumere le responsabilità. Per esempio le università, i singoli dipartimenti magari, potrebbero affidare i servizi agli studenti, costringendoli a confrontarsi con le dinamiche di una piccola organizzazione. Le aziende oggi hanno bisogno di mettere subito al lavoro le persone, senza perdere tempo in una formazione aggiuntiva".
Gli stage sono quindi la chiave del percorso formativo?
"Sì, ma all'interno di un progetto. Non serve a nulla se lo studente fa fotocopie dalla mattina alla sera. Anche qui serve dialogo e impegno da parte delle università, che devono seguire gli studenti anche durante gli stage, e delle aziende, che devono approfittare positivamente dell'occasione di conoscere e mettere alla prova possibili dipendenti".
Qual è l'università che gli studenti non abbandonano?
"È un'università che conosce i suoi studenti e le loro famiglie, che li segue quando non procedono con gli esami, che li coinvolge in attività extracurriculari. Che crea un ambiente dove gli studenti siano liberi di sperimentare. Gli esempi ci sono: ci sono atenei in cui si sta realizzando questo sforzo di costruzione di un mondo all'interno del quale non maturano solo conoscenze, ma anche saperi, come Firenze, Pisa, Bologna, Padova, Trento".