Cultura
29 agosto, 2012

Astrofisica, gli otto misteri

Cos'è l'energia oscura? Cos'è successo 300 milioni di anni dopo il Big Bang? Dov'è sparita metà della materia? Sono alcune delle domande che si pongono gli studiosi oggi. Raccolte in un dossier

Era la fine del 1998 e il volto corrucciato di Einstein, sulla copertina di "Science", raffigurava il sentimento della comunità astrofisica. Sia la relatività generale sia il semplice buon senso, per una volta concordi, avevano sempre fatto pensare che l'espansione dell'universo iniziata col Big Bang fosse andata via via rallentando. A frenarla doveva essere l'attrazione gravitazionale fra le galassie che impedisce di dover pensare a una cosa così impensabile come un universo che cresce senza limiti. Ma in quell'anno 1998 due team di astronomi, osservando distanti esplosioni stellari, si sono accorti che, invece, l'universo si espande sempre più velocemente e questo, per gli astrofisici, significa che la forza di gravità deve essere contrastata da un'ignota forza capace di spingere le galassie l'una lontana dall'altra.

Un'energia nuova e "oscura", eletta da "Science" a scoperta dell'anno. Perché questa è la natura dei quesiti che impiegano centinaia di fisici e astrofisici nel mondo, quesiti che, al senso comune, sembrano formule astruse e implicano concetti così astratti da far venire il mal di testa: forze, materia, particelle che costituiscono la materia stessa, eventi accaduti un miliardo di anni fa. E l'elenco potrebbe proseguire, esoterico e misterioso per i più. Ma è dalla soluzione di questi rebus astrusi che ci si aspetta una risposta a quesiti che poi così astrusi non sono: com'è fatto l'universo; da quanto e per quanto esiste e esisterà; cosa c'è oltre l'atmosfera e come impatta sul nostro piccolo pianeta.

Se turbava Einstein, non stupisce che 14 anni dopo l'energia oscura resti il più affascinante dei grandi misteri dell'astronomia. Che sono otto, come ha stabilito una giuria di scienziati interrogati da "Science" per un numero speciale dedicato, appunto, agli enigmi universali. I cervelloni hanno operato un'estesa scrematura «fra gli infiniti enigmi nelle profondità dello spazio». E oggi, mentre Curiosity va curiosando su Marte per chiarire un mistero che interessa più letterati e cineasti che non gli scienziati, quello della vita sul pianeta rosso, mettono nero su bianco cosa resta da scoprire lassù, oltre l'atmosfera per capire l'origine del mondo e di noi stessi. «Abbiamo cercato i veri misteri, destinati a restare tali a lungo, e non semplici domande la cui risposta potrebbe giungere nei prossimi anni», ha sottolineato il coordinatore del dossier, Robert Coontz: «Sono misteri che saranno risolti in massima parte con osservazioni astronomiche. O forse, almeno per l'energia oscura, non lo saranno mai».

Vengo dopo il Big Bang
Torniamo al 1998 e alla scoperta dell'energia oscura. Una novità così dirompente era dura da mandar giù. Ma anche i più riluttanti si sono convinti e oggi l'esistenza non è più in discussione. Resta da capire cos'è.

Le ipotesi sono tre: una proprietà dello spazio di cui nulla sappiamo e che cambia le carte in tavola distorcendo il modo in cui si muovono i corpi, in una maniera che noi percepiamo come un'accelerazione; una nuova forza fondamentale, detta quintessenza, laddove le forze fondamentali che tengono insieme il mondo conosciute sono quattro (elettromagnetica, nucleare, nucleare forte e gravitazionale); o magari solo un'illusione dovuta a una nostra errata comprensione della gravità. Capire quale di queste tre ipotesi è corretta significa raccontare la storia dell'universo: come si è espanso nelle varie epoche e perché gli ammassi di galassie hanno assunto la forma che hanno. Ed è l'obiettivo di diversi progetti: il più ambizioso è il telescopio spaziale Euclide appena approvato dall'Agenzia spaziale europea (Esa), che ha come leader la Francia e l'Italia, con l'Agenzia spaziale italiana (Asi) e l'Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).

Poiché però la teoria è malferma, le differenze previste sottili, e ogni misurazione ha un margine d'errore, c'è chi dubita che si arriverà mai a una misura risolutiva. Forse il mistero resterà tale per sempre. Sarebbe un peccato, perché dall'energia oscura dipendono la struttura dell'universo e il suo destino. Ma anche per la mera quantità: i calcoli mostrano che l'energia oscura costituisce il 73 per cento del miscuglio di materia ed energia che compone il cosmo. Se non la capiamo, resteremo ignoranti sui tre quarti dell'universo.

La materia oscura
La comune materia che forma le stelle, la Terra e noi stessi è solo il 4 per cento dell'universo; il rimanente è una forma di materia esotica detta materia oscura. È stata scoperta, negli anni '30, perché dai conti degli astrofisici risultava chiaro che la materia ordinaria, con la sua gravità, è troppo poca per tenere le stelle riunite in galassie, e le galassie in ammassi, senza che schizzino via alle velocità a cui vorticano nello spazio. Doveva esistere un'altra forma di materia invisibile, cinque volte più abbondante, che permettesse, con la sua gravità, all'universo di stare insieme.

Anche di questa si sa poco, ma si confida di capirne presto molto di più. Non è fatta di protoni o neutroni, ma di ignote particelle che i fisici sperano di svelare in rivelatori come quelli dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) sotto il Gran Sasso. O di produrle nelle collisioni dell'acceleratore Lhc del Cern che hanno già generato il celebre bosone di Higgs.

Gli astronomi intanto cercano di definirne le proprietà tramite gli effetti sulla materia visibile. Le simulazioni al computer dell'evoluzione dell'universo mostrano che i grumi e i filamenti di materia oscura sono stati essenziali per addensare attorno a sé i gas di materia ordinaria a formare le stelle. Le simulazioni assumono che la materia oscura sia pesante almeno come il protone, e forse molto di più, ma alcuni aspetti della realtà non coincidono con quanto previsto. Se così fosse, infatti, attorno alla Via Lattea dovrebbero formarsi miriadi di galassie nane, mentre ce n'è solo una ventina. Per questo alcuni scienziati ipotizzano che, invece, le particelle di cui è fatta la materia oscura siano un milione di volte più leggere. E strumenti come Euclide scruteranno con crescente precisione i dettagli del cielo per dirimere fra le varie possibilità.

Normale ma non troppo
Anche quel 4 per cento di materia normale - che i fisici chiamano materia barionica - dà i suoi grattacapi. E la storia dell'universo si tinge di giallo: la metà della materia formatasi col Big Bang oggi è introvabile. Nelle galassie più lontane e antiche la vediamo tutta, in quelle vicine e recenti ce n'è sempre meno.

Poiché non può essere svanita nel nulla, il sospetto è che sia evaporata in un plasma caldo ed estremamente rarefatto disperso tra le galassie, un milione di volte meno denso del comune gas interstellare. Come un oggetto incandescente cambia colore con la temperatura, così questo plasma caldissimo (sempre se c'è davvero) è visibile solo in una ristretta fascia di luce ultravioletta e raggi X. Perciò finora è stato impossibile raccogliere le prove inequivocabili. Il compito spetterà ai nuovi telescopi a raggi X, il cui futuro però è incerto per i tagli dei budget e le diverse priorità delle agenzie spaziali.

C'era una volta il gas neutro
Anche la materia che non si nasconde, dunque, ha le sue stranezze, da cui vengono i misteri successivi. Il quarto riguarda la storia dell'universo. A un certo punto, nelle prime centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang, il gas neutro che riempiva il cosmo (essenzialmente idrogeno ed elio) ha iniziato a ionizzarsi: una qualche energia ha strappato agli atomi i loro elettroni, producendo quel plasma di protoni ed elettroni che oggi circonda le galassie.

Chi ha emesso tutta quell'energia? Le prime stelle giganti, buchi neri, potentissime sorgenti dette quasar, materia oscura annichilitasi? Non lo sappiamo, perché gli attuali telescopi non vedono segnali così antichi. Eppure è importante, perché la natura della sorgente ha influenzato profondamente la formazione delle successive generazioni di stelle e galassie.

La speranza è nei futuri grandi telescopi, come l'E-Elt europeo e il telescopio spaziale Webb della Nasa, che scruteranno luci provenienti da un tempo lontanissimo: 2-300 milioni di anni dopo il Big Bang. Al lavoro a breve sarà anche il gigantesco radiotelescopio Ska (del quale "L'Espresso" ha parlato nel numero 30 del 26 luglio), che vedrà direttamente i segnali emessi dai gas nelle prime centinaia di milioni di anni dell'universo. Anche qui l'Italia è in prima linea: con l'Inaf è tra i cinque capofila di Ska, ed è nel consorzio per E-Elt.

Particelle clandestine
Il quinto mistero sono le «particelle che non dovrebbero esistere», come le definisce "Science". La Terra è bombardata di continuo da una pioggia di raggi cosmici, per lo più si tratta di nuclei di idrogeno o di elio provenienti dal Sole o dal resto della Via Lattea. Ma cinquant'anni fa, gli scienziati americani osservarono un raggio immensamente più energico, di origine inspiegabile: tanta energia non poteva scaturire dalle stelle o dalle supernove che generano i raggi ordinari. E il raggio americano non è rimasto isolato: da allora ne sono stati visti altri, anche più forti. E nella pampa argentina è nato un osservatorio dedicato, il Pierre Auger che ne ha individuato l'origine in una zona ristretta fuori dalla nostra galassia. Ristretta, naturalmente, in termini cosmici: la regione include un buco nero, una delle sorgenti ipotizzate, oltre che innumerevoli altri oggetti spaziali. Ma cosa siano esattamente quei raggi resta ancora un mistero. Cosmologi e astronomi non hanno lesinato in fantasia, e alcune ipotesi, come il decadimento di ignote particelle ultrapesanti createsi col Big Bang, aprirebbero scenari nuovi per l'astrofisica. Sui quali potrebbe avere molto da dire il il telescopio spaziale Extreme Universe Space Observatory, progettato in Europa, ma adottato dal Giappone che lo lancerà nel 2016.

Come scoppiano le stelle
Il sesto è il mistero della vita e della morte (gli ultimi due, su Sole e Terra, sono nel box a pag. 94). Riguarda le supernove, le spettacolari esplosioni con cui molte stelle muoiono disseminando nel cosmo gli elementi chimici forgiati al loro interno, il materiale che compone noi e i pianeti. Dalla morte delle stelle, dunque, nasce la nostra vita. Per di più, un tipo di supernove esplode sempre esattamente con la stessa luminosità, il che ne fa il miglior strumento per misurare le distanze cosmiche.

Aveva quindi ragione l'astronomo cileno Mario Hamuy, pochi mesi fa, a commentare su "Nature" che «è imbarazzante non conoscere la natura esatta di queste supernove, così cruciali in cosmologia». Se i meccanismi di massima dell'esplosione sono stati compresi, molti aspetti fondamentali restano ignoti. Il guaio è che le supernove sono eventi rari, rapidi e imprevedibili. Osservarle è quindi questione di fortuna. Ci sono però indizi precoci che aiutano: brevi e intensi lampi di raggi gamma - rivelati da satelliti Nasa come Fermi e Swift (con una nutrita partecipazione delle italiane Inaf, Infn e Asi) - a volte precedono di pochi giorni una supernova, come pure i fasci di neutrini percepiti da rivelatori come quelli del Gran Sasso. Seguendo questi indizi, si spera di fare luce sul mistero.

Ma nessuno si aspetta risposte dietro l'angolo.

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