C'è un posto dove si discute della realtà osservandola attraverso la lente dei sentimenti. Quelli grossi, che è sempre complicato definire e delimitare. Quelli che smuovono le vite e danno un senso alle nostre azioni. Si chiama, appunto, “Mappa dei sentimenti” ed è uno dei temi-sezione "storici" di Pordenonelegge, festival letterario arrivato quest'anno alla tredicesima edizione, che si svolge nella città friulana dal 19 al 23 settembre e che, quest'anno, avrà in Ian McEwan (vincitore del premio Friuladra - La storia in un romanzo) uno dei protagonisti più attesi.
Se nelle scorse edizioni gli 'incontri sentimentali' hanno avuto come protagonisti psicologi, scienziati, filosofi e poeti, quest'anno tocca a otto giallisti italiani confrontarsi, in particolare con i ragazzi delle scuole – e con chiunque voglia partecipare all'evento, l'ingresso è libero, fino a esaurimento posti – sulle mille sfumature di sentimenti come amore, odio, inquietudine, invidia, speranza, felicità, gelosia e amicizia. Sul rapporto tra il mondo sociale, politico e culturale che cambia e i diversi modi di manifestare valori e disvalori. Gli incontri della 'mappa dei sentimenti' sono in programma il 21 settembre e si svolgeranno in diversi punti della città, dalle 10 e 30 alle 17.
A Marcello Fois, finalista del premio Strega 2012 e terzo piazzato al Campiello con Nel tempo di mezzo, hanno 'assegnato' l'invidia. "Prima di tutto mi sono chiesto perché gli organizzatori hanno scelto proprio me come 'esperto di invidia' – dice, sorridendo, lo scrittore sardo - Forse sapevano di avere a che fare con uno abbastanza sportivo da accettare questa provocazione".
E subito dopo? Come ha pensato di raccontare l'invidia?
L'idea è quella di presentare il mio punto di vista sul tema e di integrarlo con la lettura di brani di altri autori, proiettando pure alcuni filmati. Come impostazione sarà una sorta di lectio magistralis, ma senza troppe pretese professorali.
Che ruolo ha questo sentimento nei suoi libri?
L'invidia ha sicuramente una grande importanza nei miei lavori. Soprattutto dal punto di vista sociale. La famiglia Chironi, ad esempio, centro narrativo di 'Stirpe' e 'Nel tempo di mezzo', nella Nuoro dell'inizio del '900, raggiunge con tanta fatica e tanti sacrifici un certo benessere economico; questa situazione suscita le attenzioni e soprattutto le invidie degli altri, sentimenti che fanno in modo che le storie si sviluppino in un certo modo.
Si può guardare all'invidia anche da un altro punto di vista, considerarla un fattore non sempre negativo?
Certo. Sono convinto che ci sia anche un'invidia positiva: è quella che si prova per il talento, ad esempio. Ci sono molte cose che vorrei saper fare e che non sono bravo a fare. Anche nel mio campo. Questo tipo di invidia è un motore importante, mi spinge a impegnarmi per migliorare.
Dunque si considera un esperto del tema?
No, direi proprio di no. Ma osservo spesso l'invidia. E la riconosco, perché vengo da un posto (Nuoro e, più in generale, la Sardegna, ndr) dove l'invidia si può considerare una sorta di calmiere sociale.
Cioè?
Oggi in Sardegna ci sono un sacco di persone che non riescono più ad arrivare alla fine del mese. Un mare di gente senza lavoro. Di cassintegrati. Uomini e donne a cui resta solo la rabbia. E l'invidia, magari.
Nei confronti di chi?
Verso i consiglieri regionali della Sardegna, ad esempio, che sono i più pagati d'Italia. Questi signori guadagnano 14 mila euro circa al mese. Con metà del loro stipendio potrebbero mantenere 7 famiglie di cassintegrati, gente che sa come arrivare a fine mese con meno di mille euro. E invece non fanno altro che mantenere i loro privilegi, marciando senza sforzo alla conquista di ricche pensioni. Tutto questo lo considero illecito.
Lei ha dedicato il terzo posto al Premio Campiello ai minatori del Sulcis. Perché?
L'ho fatto perché sono uno scrittore, uno scrittore sardo. E sono sensibile alle metafore. Questi lavoratori, per dimostrare che sono vivi, si sono dovuti auto-seppellire sotto terra, nelle miniere dove lavorano. Parallelamente, altri operai in altre zone d'Italia sono saliti sulle gru, a centinaia di metri di altezza, per difendere il proprio posto di lavoro. Sono metafore terribili: si deve salire in cielo, o seppellirsi, per dimostrare di esserci ancora, di esistere.
Di chi è la colpa?
Di chi l'ha ingannati: questi operai hanno votato per quelle persone che hanno promesso loro un futuro. E questo futuro, in realtà, non c'era.
Affronterà anche questo tema, a Pordenonelegge? Discuterà della situazione dei lavoratori italiani?
Sì, parlerò anche di questo. Sono abbastanza 'scemo' da affrontare argomenti del genere anche in un festival letterario. Perché non possiamo abituarci a questa situazione, non dobbiamo permettere che le cose continuino così. La Sardegna, in particolare, è una polveriera pronta a esplodere.