Theodore (Joaquin Phoenix) fa uno strano lavoro: scrive lettere al posto di uomini e di donne che si affidano a lui per nutrire di parole il loro amore. In una Los Angeles spostata appena un po’ in là nel futuro, elegante e luminosa, ogni rapporto sembra governato dalla virtualità digitale. Anche la scrittura di Theodore nasce e cresce davanti allo schermo di un computer. Ma non è l’ennesima storia di alienazione informatica, quella raccontata da “Lei” (“Her”, Usa, 2013, 126’). L’informatica non è che l’occasione, il contesto narrativo in cui si sviluppa una storia meno banale, e più universale.
In procinto di divorziare da Catherine (Rooney Mara), Theodore sta chiuso in un ostinato rifiuto d’amore, alleviato dall’amicizia profonda di Amy (Amy Adams). Solo nella scrittura delle sue lettere si spinge a uscir da sé, elaborando il piacere di avventurarsi nella vita di un altro. Per il resto, trascorre i giorni e le notti dentro una mancanza, nel vuoto di un rimpianto.
Poi gli capita di “incontrare” Os1, un sofisticato sistema operativo che gli parla con voce di donna (in originale Scarlett Johansson, in italiano Micaela Ramazzotti), e che si fa chiamare Samantha. Sono programmata per crescere con te, gli dice Os1. Con “lei” Theodore trova una vita nuova. Come sempre nell’innamoramento, l’uomo e la voce si scoprono l’un l’altra, si raccontano l’uno all’altra, si arricchiscono l’uno dell’altra. Tutto splende, nel loro rapporto.
Come se stesse scrivendo le sue lettere per uomini e donne incapaci di trovar parole ai loro sentimenti, Theodore inventa e crea amore: il suo amore per Samantha e l’amore di Samantha per sé. Ogni sua parola nuova suscita una nuova parola di lei. E vale anche il contrario: con le sue parole, Samantha inventa e crea il proprio amore per lui e il suo amore per lei. La storia dell’uno scrive la storia dell’altra e ne è scritta. Theodore e Samantha vivono insieme ancor più che se fossero entrambi di carne.
A che cosa può tendere di meglio, il desiderio di un uomo o di una donna? Ma si tratta di un’illusione. Non si condivide la vita di nessuno. Giorno dopo giorno si muta, ancor più se si viene arricchiti dall’amore di un altro. Ma si rimane se stessi, altri rispetto all’altro, si sia di carne o si sia digitali come un Os1. Ci restano però sempre le parole, e in primo luogo la loro scrittura, come splendida virtualità in cui vivere l’illusione.