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Cultura
ottobre, 2015

Privacy, cosa succede dopo la sentenza europea su Facebook?

Si potrà ancora usare il social network in Italia? Sono coinvolti anche Google e Amazon? Come cambierà il nostro modo di usare il web? Che c'entrano Edward Snowden e il Datagate? Ecco la risposta alle principali domande dopo la storica decisione della Corte Ue

Gli Stati Uniti non forniscono una protezione sufficiente dei dati personali dei cittadini europei. A stabilirlo è stata la Corte Europea che ha così stracciato una decisione della Commissione che giudicava il paese a Stelle e Strisce come un porto sicuro per le informazioni degli europei, autorizzando così le grandi aziende di internet a poter operare in tranquillità dall'altra sponda dell'Atlantico (accordo Safe Harbour del 2000).
Ma la decisione, presa in seguito alla denuncia contro Facebook del giovane austriaco Max Schrems, che impatti avrà sul nostro modo di usare la rete? Ecco la risposta ai principali interrogativi sollevati dal caso.

Facebook in Italia e in Europa si potrà ancora utilizzare?
Sì. La sentenza stabilisce che l'autorità della privacy irlandese dovrà esaminare nel dettaglio la denuncia di Schrems e, solo alla fine di questa indagine, stabilire se il trattamento dei dati personali di cittadini europei non rispetta le leggi. Al momento non si verificherà quindi alcuna interruzione dei servizi forniti da Facebook.

E se anche l'authority irlandese contestasse Facebook?
L'autorità per la privacy irlandese, in tempi ancora da chiarire, dovrà valutare la legittimità del trasferimento di dati dall'Europa agli Stati Uniti. Da questa decisione dipendono gli esiti della vicenda, ma si sono già messi in moto altri canali per trovare una via di uscita. E' da escludersi una “chiusura” in Europa di Facebook.

Cosa potrebbe succedere quindi?
La decisione della Corte Ue fornisce alle autorità garanti nazionali il potere di verificare se il trasferimento di dati personali degli utenti tra nazioni è sicuro. Ma questo eccessivo spezzettamento tra 28 garanti potrebbe portare a non poche complicazioni. Per questo già nelle dichiarazioni nelle ore successive alla sentenza, il garante italiano Soru ha detto che “occorre una risposta coordinata a livello europeo anche da parte dei Garanti nazionali, e in queste ore si stanno valutando le modalità più efficaci per individuare linee-guida comuni”. Sulla stessa linea anche il comunicato di Facebook, che chiede un chiarimento da parte di Ue e Stati Uniti: “È imperativo che i governi di Ue e Usa garantiscano che continueranno a fornire metodi affidabili per il trasferimento legale dei dati e che risolveranno tutte le questioni legate alla sicurezza nazionale”.
Nelle prossime ore ci si attende anche una presa di posizione dell'amministrazione Obama, che aveva già manifestato di non aver gradito la definizione di paese che non garantisce la protezione dei dati. L'impatto sull'industria hi-tech americana è infatti potenzialmente enorme e si cercherà con ogni probabilità una soluzione per via diplomatica con la Commissione Ue.

Che c'entrano Google, Apple, Amazon e Microsoft?
La decisione della Corte parte da una causa contro Facebook ma riguarda ogni tipo di trasferimento di dati personali di cittadini europei verso gli Stati Uniti, quindi mette in mezzo tutti i colossi digitali americani. Si tratta, è bene ricordare, di multinazionali che già oggi dispongono di numerosi data-center (i complessi in cui i dati vengono processati e raccolti) anche in territorio europeo. Una possibile soluzione “tecnica” potrebbe quindi prevedere di processare e conservare i dati europei sul territorio continentale. Ma i costi e le complicazioni economiche di questo processo, insieme ai dubbi sulla sua fattibilità e sulla sostenibilità di un business che vede “spezzettata” l'utenza porteranno a non poche resistenze. In ogni caso i principali osservatori internazionali vedono come praticamente impossibile una soluzione “drastica” come l'interruzione di questi servizi.

Cosa succederà quindi ai miei account?
“Nell'immediato non accadrà nulla e, probabilmente, anche in caso di pronunciamenti politici, ci saranno pochi effetti sull'utente finale”, spiega Guido Scorza, avvocato esperto di internet e digitale. “La decisione della Corte ha un impatto molto forte, ma parliamo di livelli politici, diplomatici ed economici. Per chi usa questi servizi potrebbe cambiare qualche parola nell'informativa per la privacy o poco più”.

Cosa ha a che fare questa storia con il Datagate?
La denuncia di Max Schrems è partita proprio in seguito alle rivelazioni di Edward Snowden sulle violazioni della privacy dei cittadini europei fatte dall'agenzia americana Nsa, il cosiddetto Datagate. Nella sua sentenza la Corte europea chiarisce infatti che “le esigenze afferenti alla sicurezza nazionale, al pubblico interesse e all’osservanza delle leggi statunitensi prevalgono sul regime dell’approdo sicuro, cosicché le imprese americane sono tenute a disapplicare, senza limiti, le norme di tutela previste da tale regime laddove queste ultime entrino in conflitto con tali esigenze. Il regime americano dell’approdo sicuro rende così possibili ingerenze da parte delle autorità pubbliche americane nei diritti fondamentali delle persone”.

Cosa c'entra questa sentenza con il caso Volkswagen?
Nulla. Il caso giudiziario sulla privacy e Facebook è iniziato molto prima delle rivelazioni sulle emissioni truccate delle auto tedesche. Si sta però diffondendo un'interpretazione tra la pubblica opinione e i media che vorrebbe leggere in questo “sgambetto” delle autorità europee alle aziende hi-tech americane una vendetta per i danni che il “dieselgate” provocherà all'industria automobilistica europea leader dei motori diesel. Si tratta, tuttavia, di un'interpretazione che al momento non è dimostrabile.

E' utile postare sul proprio profilo un messaggio sul trattamento dei dati personali?
No. Il messaggio che circola da mesi sul social network e inizia con “A causa del fatto che Facebook ha scelto di includere un software...” è una delle tante catene di Sant'Antonio che gira senza alcun valore legale e piena di riferimenti inesatti alla normativa italiana. Non aveva senso pubblicarla prima, continua a non avere senso ora.

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