In sala il film in cui la novantatreenne guru argentina della danzaterapia racconta la sua straordinaria storia di vita

Nella prima sequenza del documentario “Dancing with Maria” (regia di Ivan Gergolet, visto alla Settimana della Critica dell’ultima Mostra di Venezia e nelle sale il 26 febbraio) Maria Fux compare vestita di viola, infiocchettata, con una vocina graziosa. Non si coglie subito la serena forza interiore, la capacità comunicativa. Ma si è presto travolti dal medesimo entusiasmo che anima gli allievi di questa “guru” argentina della danzaterapia di 93 anni.

[[ge:rep-locali:espresso:285514672]]Diana,che avanza con le stampelle per una via di Buenos Aires, una gamba offesa dalla poliomielite, e riflette : «Il mio corpo ha recuperato la memoria di quando avevo otto mesi e camminavo». Marcos, che aspetta ansioso Macarena, la sua fidanzatina quando lei finalmente compare, i due giovani down non si parlano, ma si sorridono e si mettono a ballare. Maria Garrido che, in un filmato degli anni 70, si muove a malapena: aveva quattro anni quando la polizia la trovò in una grotta, una piccola sordomuta ridotta a uno stato selvaggio. Non ha mai potuto ascoltare la musica, ma ha imparato a sentire il proprio ritmo interiore. Così è riuscita a entrare in relazione col mondo.

[[ge:rep-locali:espresso:285146507]]Sono passati in molti nello studio di Buenos Aires di Marìa Fux che da decenni si dedica al recupero psicofisico attraverso il movimento creativo. Ragazzi down, persone cieche, gente semplicemente in cerca di un nuovo equilibrio. Come l’italiana Martina, una delle voci narranti di un film che racconta la appassionante storia di una figlia di ebrei russi scampati ai Pogrom antisemiti all’inizio del 900 e che, come testimoniano spezzoni di filmati d’epoca, ha alle spalle una lunga carriera di danzatrice prima di diventare una delle personalità più marcanti della danzaterapia.

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