Con cinque milioni di presenze in 10 giorni è il più grande evento culturale del Paese. Oltre che un gigantesco mercato: in uno Stato in cui le spese in cinema, teatro e lettura restano inferiori al 2 per cento del reddito familiare (di soli 6.800 euro l’anno in media, in città), l’anno scorso i visitatori hanno speso in questa occasione ben 40 milioni di dollari. È la Fiera del Libro di Teheran, fondata nel 1988, che vedrà quest’anno come ospite d’onore, dopo l’Oman nel 2015 e la Russia lo scorso anno, l’Italia: il primo Paese europeo a prendersi questo spazio, in occasione dell’anniversario per i 30 anni della kermesse.
Un’occasione per provare a incontrare nuovi lettori in un Paese dove i libri di preghiera come il Corano e i manuali raccolgono da soli il 35 delle pubblicazioni (il 75 del valore), circa 450 milioni di euro. La letteratura straniera è comunque molto diffusa in Iran, molto più che in Europa, anche se il tricolore resta indietro rispetto a Gran Bretagna, Francia e Russia. «La maggior parte delle persone legge romanzi: d’amore o gialli. I gialli inglesi si vendono molto, perché sono semplici da leggere e abbiamo tanti traduttori», spiega Ali Ardalani, scrittore e venditore esperto a Book Land, una delle più grandi librerie di Teheran: «I titoli italiani, invece, arrivano tradotti dal francese o dall’inglese, raramente dalla lingua originale. Il cinema che proviene dall’Italia, ad esempio, è molto più conosciuto della sua letteratura».
Tra gli scrittori, racconta Ardalani, «Calvino è il più famoso, quasi tutti i suoi libri sono tradotti e stampati in Iran. Ma sono apprezzati anche Umberto Eco, Oriana Fallaci e Natalia Ginzburg».
Una squadra sorprendente. «Tutto sommato, i lettori non conoscono però più di cinque scrittori italiani, mentre ne conoscono dieci o quindici francesi», continua. A guardar gli scaffali, in effetti, i titoli francesi sono almeno quattro volte più numerosi. Tra loro, si trova oggi anche “Madame Bovary”, uno dei libri sotto censura ricordati in “Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi. Ali spiega che ormai questi classici non sono più proibiti: «Dall’elezione di Rohani, nel 2013, la sorveglianza del ministero della Cultura e Guida Islamica si è ammorbidita in modo significativo». In Iran ogni pubblicazione deve essere approvata dal ministero della Cultura; così era anche al tempo dello Scià, anche se i criteri di concessione sono cambiati: prima della Rivoluzione Islamica del 1979, erano a rischio i temi politici e religiosi; dopo, il secolarismo. Ora la speranza è tutta nelle mani dei lettori giovani: e più del 60 per cento dei visitatori alla fiera sono studenti sotto i 30 anni. Tanti ricevono un buono dall’università per acquistare i libri. Forse, quest’anno, sarà anche l’occasione per conoscere il Mediterraneo. Tra Calvino e Umberto Eco.