Spuntano come funghi i santoni che descrivono i social come il grande male. Proprio loro, che su Internet hanno fatto la loro fortuna

Di tanto in tanto, anche se la frequenza sta prendendo vigore, spunta il santone di turno e ci spalanca gli occhi, ci rivela che ?i social (brutti, sporchi, cattivi) hanno devastato i rapporti umani, la politica, l’economia, la barriera corallina, le mezze stagioni, ?la flora e la fauna.

Il santone di turno è quasi sempre uno che col web, a vario titolo, ci ha fatto fortuna, poi si è pentito e ha gentilmente deciso di rendersi utile. Beneficenza? No: catechismo prêt-à-porter. Spiegare agli altri che Facebook, Twitter, Instagram e Snapchat sono l’Anticristo, che bisogna spegnere tutto, che bisogna scaraventarsi fuori di casa e riagguantare la “vita vera”.

Quella unplugged. Quella dei nostri nonni. E così, mentre “noi” veniamo spinti a perseguire un’espiazione un po’ bucolica e ?un po’ luddista, “loro” continuano beatamente a pascolare online. Mica per incoerenza, eh?
Solo per insegnare il Bene e il Male ai peccatori che non si lasciano redimere (tre miliardi e rotti di utenti). Solo per amore dell’etica, solo per pura fratellanza (suvvia, non siate maliziosi, la necessità di promuovere contestualmente un film, un disco, un libro, un festival non c’entra nulla).

I social sono diventati una fogna a cielo aperto, impossibile negarlo, ma il piacere di disobbedire ai santoni è sicuramente più intenso di qualunque miasma internettiano.

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